Stirpe «Non possiamo più permetterci i derby fuori dal campo» (di L. Collinoli)

Il campanilismo sta impedendo al territorio di crescere: c'è bisogno di superarlo, al più presto. Ne è convinto Maurizio Stirpe, vice presidente nazionale di Confindustria.

Laura Collinoli

Giornalista Il Regionale

Maurizio Stirpe ne ha tanti di progetti. È l’uomo del sogno Frosinone Calcio, ma anche l’imprenditore che sa leggere nelle pieghe della crisi economica.

Tutti sanno chi sia. Le presentazioni ufficiali quasi non servirebbero. A Frosinone è l’uomo che ha regalato il sogno della serie A. I tifosi, ma non solo loro, hanno nei suoi confronti una sorta di ammirazione mista a devozione. Pure se poi l’inchino alla curva, nel giorno della prima partita nello stadio intitolato a suo padre, l’ha fatto lui. Perché come disse in quelle settimane in cui il Frosinone pareva il Leicester in salsa italiana, “i veri proprietari della squadra sono i tifosi”.

Per il resto del Paese guida un gruppo industriale da duemila e cinquecento dipendenti ed è attualmente il vicepresidente di Confindustria con delega al lavoro e alle relazioni industriali.

Maurizio Stirpe si lascia intervistare in un sabato pomeriggio stranamente libero da impegni calcistici.
La sua è una voce lenta, educata, profonda. Di una gentilezza naturale, disinvolta. Anche quando chiede alla politica più coraggio, determinazione e forza di volontà, in una visione del futuro senza inutili campanilismi che nessuno può più permettersi.

E’ risoluto quando dice che si è classe dirigente non quando si prende, ma quando si dà, per un fatto di dovere sociale ma anche morale. E con un sogno di benessere per tutti.
Scriveva Giorgio La Pira: “Se c’è uno che soffre io ho un dovere preciso, intervenire in tutti i modi e con tutti gli accorgimenti…”. Mutatis mutandis, con uno che fa l’imprenditore e l’altro che è stato definito il ‘sindaco santo’, esiste di fondo un tratto comune sull’idea di classe dirigente.

 

 

Presidente Stirpe, negli ultimi due anni si sono registrati in Italia dei segnali di crescita, ma secondo lei questa ripresa è stata veramente agganciata, oppure no?
La ripresa c’è stata, solo che le difficoltà strutturali del nostro Paese fanno sì che qui da noi si avverta molto di meno rispetto al resto d’Europa. E mi riferisco in particolare al debito pubblico, alla crisi delle banche e al deficit.

A mio avviso bisognerebbe abbassare i livelli del debito e adottare al più presto una politica che favorisca l’occupazione giovanile. Sarebbe inoltre necessario rivedere la spesa pubblica e privilegiare una politica di investimenti, piuttosto che focalizzarsi sulla spesa corrente.
In definitiva occorre una spinta importante che ci porti quanto prima ad una crescita del due per cento. Perché sono queste le cifre che occorrono per avere una ripresa reale. Solo che queste si ottengono solo con una politica della crescita.

 

 

Lei ha parlato di occupazione giovanile. Ecco. Oggi se un ragazzo volesse partire da zero e fare impresa, potrebbe riuscirci?
Oggi esistono tante opportunità e diverse leggi che consentono di avviare delle startup, se si hanno delle buone idee. Ci sono canali di finanziamento che possono essere sfruttati al di là delle classiche modalità del credito bancario, anche se attualmente ci sono dei sistemi non convenzionali anche rispetto a quest’ultimo. Il problema vero è avere una buona idea e che sia innovativa. Perché se c’è non credo che ci siano grandi difficoltà a vedersela finanziata.

 

Confindustria ha più volte sollevato la questione della città intercomunale, ora ripresa anche dal presidente di Unindustria Frosinone Giovanni Turriziani. Lei pensa che sia questa la strada da percorrere?
Questo è un tema che, come ha detto, Confindustria propone da tempo. E ringrazio Giovanni Turriziani per averlo ripreso.

In un momento come quello attuale, in cui la nostra regione viene in qualche modo schiacciata da Roma Capitale e con le Province ridotte ad enti di secondo livello, è evidente che se si vuole avere sui territori un Dea di II livello, un’Università competitiva, Tribunali ed Uffici istituzionali, non si può essere concorrenziali con un territorio da quarantasettemila abitanti.

E nell’ottica di città intercomunale Frosinone è di sicuro agevolata, poiché se allarghiamo il nostro orizzonte a quindici chilometri superiamo immediatamente i centomila residenti, con tutte quelle caratteristiche che ne conseguono per attrarre attenzione e investimenti. I Comuni non perderebbero la loro dignità e potrebbero organizzarsi in Municipi, come accade a Roma. 

Dobbiamo renderci conto che il campanilismo costa. Prima potevamo permettercelo, oggi non è più possibile. Che poi la questione non riguarda solo Frosinone e il suo hinterland, ma anche la zona di Anagni-Colleferro-Fiuggi, o di Cassino-Pontecorvo-Sora-Isola del Liri.
Una diffusione di questi fenomeni certamente non sarebbe la panacea di tutti i mali, ma darebbe una risposta organizzativa a tante tematiche.

 

 

E in questo rientrerebbe anche il discorso di una ‘unione’ con la provincia di Latina, per parlare finalmente di Lazio sud?
Consentitemi l’espressione, ma a mio avviso noi dovremmo essere strabici in modo biunivoco. Bisogna guardare a Roma come una sorta di città-regione, ovvero un’area vasta in cui le province debbano specializzarsi in una visione di complementarietà. Nello stesso tempo si deve guardare Latina per le caratteristiche di complementarietà rispetto al nostro territorio. Uno ha il mare e l’altro la montagna, uno sviluppa il manufatturiero e l’altro l’agroalimentare, c’è un polo farmaceutico che potrebbe essere collegato con una filiera, il porto di Gaeta che potrebbe servire i due territori.

Parliamo inoltre di un bacino di un milione di persone che impedirebbe a quest’area di rimanere schiacciata tra Roma e Napoli. Proprio rispetto a questo, da tempo parlo di un collegamento veloce necessario tra Frosinone e Latina. Come pure appare indispensabile quello ferroviario rapido tra Frosinone e Roma che non può essere quello dell’utilizzo della linea dell’alta velocità, che è inattuabile.

Basterebbe un ammodernamento della linea tradizionale per poter percorrere il tratto in trentacinque o quaranta minuti. Allora sì che il territorio diventerebbe più attrattivo, oltre ai vantaggi per i pendolari che da Frosinone si spostano a Roma.

 

Qual è la prima cosa che chiederebbe al prossimo governatore della Regione Lazio?
Intanto che tolga le addizionali Irap e Irpef alle imprese e ai cittadini, almeno per ripartire.
E poi un nuovo assetto istituzionale in cui sia finalmente chiaro il ruolo di Roma città metropolitana e quello delle province. Un progetto unico in cui questi territori diventino bracci operativi di Roma. Per esempio il manufatturiero a Frosinone, l’economia del mare a Latina e altre peculiarità nelle altre province. Ci vuole un profilo di massima su chi fa che cosa e cosa si deve fare.

Non si operi a compartimenti stagni e non ci sia un rapporto utilitaristico. Occorre una visione di insieme e occorre realizzare quei collegamenti che sono prodromici alla realizzazione di tutto ciò. Mi riferisco in particolare alla Cisterna-Valmontone, alla Roma-Latina, alla Frosinone-Latina e alla Cassino-Formia.

Certo è che anche la politica di Frosinone e Latina si deve battere per questo. A breve ci saranno le elezioni politiche, oltre che quelle regionali. Il ceto dirigente deve essere portatore di un progetto di rilancio vero dei territori. Una visione che ha bisogno di determinazione, di forza di volontà e di coraggio nel guardare al futuro.

 

Quella della realizzazione dello stadio di Frosinone è stata una scelta identitaria importante. Al di là dell’aspetto sportivo, che pure è fondamentale, cosa può portare alla città e al territorio il ‘Benito Stirpe’?
Quando ho immaginato questo stadio ho pensato all’evento sportivo come condizione necessaria ma non sufficiente. Lo stadio deve diventare un luogo di aggregazione per uno svago diverso. Deve essere capace di ospitare le famiglie e per questo avere dei servizi adeguati. Per questo abbiamo pensato ad un Village che avrà al suo interno anche dei piccoli parco giochi. La sala stampa diventerà anche sala conferenze per convegni e l’area ospitalità a servizio di chi vorrà utilizzarla.

Ci sarà anche un piccolo centro medico ambulatoriale per fornire ai tifosi questo servizio.
Certamente esiste il legame con l’evento sportivo e che cementa l’identità tra squadra e tifosi. Ma il rapporto non può esaurirsi con la fruizione dello stadio per la partita. Il tifoso deve sentirsi proprietario del club.

 

Quanto la emoziona il fatto che lo stadio sia intitolato a suo padre?
Ne sono molto contento e credo che per quello che ha fatto lo abbia meritato. Sono sicuro che sarebbe stato felice di questo e mi fa piacere che questa intitolazione sia stata proposta da altre persone rispetto a noi. Papà era una persona con una grande gioia di vivere e tanta determinazione. Sarebbe stato un ottimo esempio per i giovani di oggi.

 

Secondo lei perché l’Italia non si è qualificata per i prossimi campionati del mondo di calcio?
Credo che sia la conseguenza di un male che viviamo da anni. Non c’è una distribuzione equa delle risorse che consenta di sviluppare i vivai.

Non è possibile che la serie A pesi il dodici per cento nel consiglio federale quando genera il cento per cento. Non può contare così poco. E, soprattutto, non è possibile che la legge 91 tuteli così tanto i calciatori. Più di un lavoratore che perde il suo posto.

 

Il Frosinone tornerà in serie A?
Se saremo bravi e anche un po’ fortunati penso di sì. Non dobbiamo avere troppi inciampi. In ogni caso abbiamo alzato il livello dell’asticella e questo è importante. Oggi siamo insoddisfatti se il Frosinone è nella parte destra della classifica, mentre una volta ci saremmo accontentati della salvezza. Certo è che non dobbiamo interrompere questo processo di crescita, perché se sapremo dare continuità a questo penso che la serie A non sia un miraggio.

 

Sovvenzionare la mensa della Caritas è solo una delle attività benefiche che lei porta avanti sul territorio. Perché lo fa?
Non dobbiamo mai dimenticare che quando si ha la possibilità di alleviare le sofferenze di qualcuno o aiutare chi è in difficoltà bisogna farlo. E’ un fatto di dovere sociale e civile. Si è classe dirigente non quando si prende, ma quando si dà.

All’interno del progetto ‘Frosinone Experience’ abbiamo costituito un comitato etico a cui sarà dato l’incarico di decidere dove destinare alcune risorse generate dalle multe ai calciatori o altri fondi recepiti. Questo per dare un criterio nella distribuzione di questi proventi.

 

Presidente, lei cosa fa nel tempo libero?
Cerco di leggere, perché è una cosa che mi rigenera e mi fa anche riposare. Anche se poi finisco sempre per leggere cose attinenti il lavoro. L’altra mia passione è la musica e mi piace moltissimo ascoltarla. Quando il tempo me lo permette, inoltre, cerco di fare un po’ di attività fisica, come correre, andare in bici o fare semplicemente cyclette in casa.

 

Ha un sogno che ancora deve realizzare?
Spero semplicemente di avere la possibilità di realizzare tutti quei progetti che ho in piedi, compreso il calcio, avendo una visione che porti benessere alla collettività. Solo attraverso il benessere degli altri si può raggiungere il proprio. Altrimenti non si sta bene. E per fare questo è necessario dare di più e moltiplicare gli sforzi. Essere un punto di riferimento. Se ognuno fa il suo, e lo fa bene, la nostra collettività ne trarrà vantaggio e benessere.