Il gusto sadico della gente per il potente nel fango (di Franco Fiorito)

L'esordio di Franco Fiorito nel giornalismo. Le fake news, la shadenfreude, la macchina del fango. Il gusto sadico della gente per il potente finito nel mirino.

Franco Fiorito

Ulisse della Politica

Quanto godiamo quando un uomo potente o ricco cade in disgrazia. Quanto livore profondiamo nell’individuare, nella figura di turno, qualcuno che in fondo ci ha tolto qualcosa. Qualcosa che forse avremmo potuto ottenere noi, ma non siamo stati capaci di farlo.

 

Branchi di haters popolano i moderni mezzi di comunicazione sociale. Odiatori per professione o solo per diletto.

 

L’avversione per chi riteniamo stia meglio di noi non è ovviamente un fenomeno moderno. Affonda le proprie radici nella contemporaneità del concetto di rappresentanza. È coeva alla nascita della democrazia. Ne è il proprio contraltare. È il lato oscuro del concetto di rappresentanza.

 

Nel momento stesso in cui si delega qualcuno nasce anche la diffidenza verso costui, il timore per l’uso che farà della fiducia ricevuta. E quando fallisce o viene fatto fallire, nulla lo esime da invettive e contumelie. È talmente comune come sentimento, è così catartico e liberatorio che lo rende quasi un piacere.

 

I greci la chiamavano aticofilia, letteralmente l’amore, il piacere per le sfortune altrui. In italiano non esiste un termine corrispondente. Solo i tedeschi hanno fissato lessicalmente un concetto dall’irresistibile fascino malefico. La shadenfreude il piacere provocato dalla sfortuna, ovviamente altrui. Secoli di studi, teorie psicologiche, morali, addirittura medico scientifiche.

 

Dunque questo sentimento, così mirabilmente fissato in un rude lemma teutonico, è connaturato all’uomo da quando costui è sociatus, ha organizzato la propria vita in comunità. Ma mai come al giorno d’oggi è stato così protagonista, vivo e pulsante negli umori della nostra società.

 

Non passa giorno che non vi sia uno scandalo, un’inchiesta, una rivelazione che non mandi in collera chi legga, alimentando il sentimento di rabbia come le fiere nei circhi romani. È talmente spasmodica la ricerca di nuovi scoop rivelatori, che si è ricorsi ormai all’invenzione pura delle notizie. Non si parla altro che di fake news, tra chi sostenga che abbiano forse determinato l’elezione dei presidenti più potenti del mondo, a coloro che vorrebbero regolare le false notizie per legge. Il paradosso dei paradossi.

 

Nel tempo della comunicazione totale il sentimento di shadenfreude viene alimentato, creato, diffuso, veicolato ad arte. Ma mentre nel passato il cittadino formava autonomamente il proprio giudizio e sentimento in base ai fatti proposti,  oggi questo viene fornito già bello pronto ed impacchettato all’ignaro utente. Già utente, non persona, non individualità.

 

In questo mondo regolato dallo scandalo, dalla velocità, dalla condanna mediatica preventiva ed inappellabile che bene ho conosciuto nella mia vita si sente il bisogno di verità e di profondità.

 

La verità nessuno la detiene. Ma in un impegno di comunicazione pubblica, almeno la ricerca di questa, dovrebbe essere un lume, un obiettivo ineliminabile. La profondità, il tempo e la voglia di indagare argomenti, di sviscerarli, di renderli intellegibili alle persone, di darne anche una propria lettura ma con analitica intelligenza è una necessità vitale per chi voglia fare comunicazione di qualità.

 

La profondità dell’analisi e la ricerca attraverso la verità da sempre riconosco al nostro Direttore. Unite ad una genialità comunicativa senza pari che sorprende, non solo nella nostra provincia, ma nell’Italia intera. È solo questo che mi ha spinto ad accettare la sua amichevole richiesta di portare un contributo a questo cammino, a questa ricerca, a questa piccola rivoluzione comunicativa alternativa a fake news e banale superficialità che è AlessioPorcu.it. Non c’è altro, nessuno si allarmi.

 

In fondo come diceva profeticamente Orwell più di settant’anni or sono “nel tempo dell’inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario”. E a me, sinceramente, le rivoluzioni fanno impazzire.

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