Il dramma di Roccasecca ed il rischio del cortocircuito

La tragedia di Roccasecca. L'agente accusato di abusi sulla figlia si è tolto la vita. Schiacciato dal peso ma non della colpa: del solo sospetto. La rabbia ed il dolore della moglie. La scuola che ha funzionato. I ragazzi che ora aspettano una risposta dagli adulti

Rita Cacciami

In punta di stiletto. Il veleno è previsto nella ricetta.

Un’altra storia che ci impone di riflettere. A lungo e con attenzione. Purtroppo tardi, potremmo dire.

E invece no, bisogna pensare, anzi sperare che ci sia sempre modo di agire, di prevenire altro dolore. Anche quando tutto sembra dimostrare il contrario.

Per ogni adulto che oggi si interroga se non sia stato detto o scritto qualcosa di inidoneo, ci sono altrettanti adolescenti che aspettano una risposta univoca. Un abbraccio, una mano sulla spalla, una offerta di aiuto anche silenzioso. Un’azione coordinata, che vada coerentemente nella stessa direzione: dare a questa ragazzina e ai suoi coetanei, che non saranno meno disorientati di lei, una certezza.

Una su tutte: gli adulti autorevoli ci sono, le figure di riferimento anche.

Il senso di vuoto, quell’incredibile senso di vertigini che ora sembra prendere il sopravvento, pian piano lascerà il passo ad una ricostruzione graduale, sofferta. Dolorosa, tanto. Ma ci sarà.

La violenza non è mai egoista nelle sue manifestazioni e abbraccia al tempo stesso familiari, amici, conoscenti, estranei.

Il web ha reso ancora più virale questo dramma colmo di dolore, stupore, sconcerto, repulsione. Ma c’è una madre che resta, unita alle sue figlie e che deve crescere con loro. Come tutte le mamme, sperimentando e sbagliando.

C’è una scuola, che per quante attività possa mettere in campo, a volte viene sopraffatta da una responsabilità ben più grande di quella educativa e didattica. E deve barcamenarsi tra prevenzione, mediazione, repressione.

Ci sono le notizie di reato, certo. Tutte da verificare. Ma la cronaca non è solo quello.

Ci sono emozioni in campo, ci sono piccole donne e fragili uomini che devono costruirsi ancora spalle ampie e forti. E il tempo non è infinito.

Il rischio di un corto circuito c’è e vale per tutti noi. Chiamati ad agire in fretta, come ci impongono i ritmi della quotidianità, spesso non ci soffermiamo a guardare negli occhi i nostri ragazzi.

Chiediamo loro come stanno. E chiediamo a noi stessi se stiamo andando nell’unica direzione giusta.

 

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