D’Alessandro: «Penso alle dimissioni: per ricandidarmi e mandare a casa gli irresponsabili»

Il sindaco di Cassino pensa alle dimissioni. Ma non per ritirarsi dalla politica. «Io mi ricandido. Voglio mandare a casa questi irresponsabili». Lo scontro è con i 5 che gli hanno stoppato la pratica Urbanistica. Clima rovente. Verso il ribaltamento di Chiusaroli.

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

La parola dimissioni, Carlo Maria D’Alessandro l’ha tirata fuori mercoledì pomeriggio davanti agli esponenti della sua maggioranza, riuniti prima del consiglio comunale di ieri sera. Quello che doveva approvare la questione Urbanistica: l’individuazione delle aree da sviluppare attraverso la nuova legge sulla Rigenerazione Urbana. In pratica recupero edilizio, ampliamenti, cambi di destinazione d’uso, premi in metri cubi a chi recupera edifici dismessi o inutilizzati, riqualifica le zone abbandonate, effettua un miglioramento sismico, assicura un efficientamento energetico.

 

L’antefatto: «Carlo, noi ti sfiduciamo»

Ha minacciato le dimissioni quando in cinque gli hanno detto no: non avrebbero votato le Linee Guida lui gli aveva passato. Perché giurano di non avere visto le carte e quindi non conoscere quali sono le zone premiate e quali no. Dove sarà possibile riqualificare e dove no.

Cinque no che rappresentano una chiara sfiducia politica. A pronunciarli sono stati la capogruppo di Forza Italia Rossella Chiusaroli, il capogruppo di Noi con l’Italia Antonio Valente, il capogruppo della Lega Robertino Marsella, il presidente della Commissione competente Claudio Monticchio, l’ex capogruppo di Fratelli d’Italia Rosario Franchitto.

«Voi non votate? E io mi dimetto» gli ha detto il sindaco. Scatenando una violentissima reazione della capogruppo di Forza Italia: Rossella Chiusaroli ha gridato, completamente fuori controllo. Ha detto al sindaco tutto quello che pensava di lui e dalla sua autonomia: «Basta con le ingerenze esterne!!» Il riferimento era all’onnipresente ex consigliere regionale Mario Abbruzzese. E di fronte alla minaccia di dimissioni avanzata dal sindaco è esplosa: «Carlo, non hai capito niente: non spaventi nessuno con queste minacce. Siamo noi che ti sfiduciamo!!!».

Hanno tenuto la barra ferma. In Consiglio hanno costretto al ritiro del punto ed al suo rinvio (leggi qui Chi può costruire e chi no? I consiglieri si scannano nella stanza del sindaco ed in aula)

 

 

La scomparsa di Carlo

Una volta incassata la sconfitta politica, il sindaco ha lasciato l’aula. Chi gli era vicino giura di averlo sentito sibilare «Vado a scrivere la lettera di dimissioni».

Poi è scomparso. Non ha risposto al telefono. Non ha aperto la porta della sua stanza. Lo hanno cercato dappertutto nel palazzo comunale. Senza trovarne traccia.

Dopo circa quaranta minuti di ricerche inutili qualcuno ha pensato al peggio: ad un malore mentre Carlo Maria D’Alessandro stava scrivendo davvero la sua lettera di addio.

Così è stato preso il mazzo di chiavi d’emergenza ed aperta la stanza del sindaco. Ma era vuota.

Alla fine, quando ha risposto al cellulare, con molto candore ha detto: «Sono a casa di mia madre…»

«Ndò ca… è passato?» si sono domandati tutti nel municipio.

 

 

Le dimissioni del sindaco

La lettera di dimissioni nessuno sa se esista. A chi è riuscito a raggiungerlo, Carlo Maria D’Alessandro ha confermato: «Sto pensando alle dimissioni».

 

In politica ci sta, ogni tanto, a non avere i numeri e finire sotto.

«Non in questo modo, non con questa gente. Non con persone alle quali 20 giorni prima avevo spiegato le linee guida sulla Rigenerazione urbana; alle quali due settimane prima del Consiglio avevo mandato la relazione tecnica. Con loro avevo concordato che quella delibera doveva essere il momento della ripartenza per dire alla città: è vero che abbiamo votato il dissesto ma adesso si riparte. Fino a 3 ore prima erano d’accordo. Poi all’improvviso mi hanno voltato le spalle».

 

Si sente sfiduciato?

«Mi hanno sfiduciato, non ho i numeri, allora faccio le mie opportune valutazioni».

 

Chiude con la politica?

«Allora non hai capito niente. Io sto pensando alle dimissioni, non per andarmene via. Non ci penso proprio a tornarmene al mio lavoro. Io penso alle dimissioni per mandare a casa questi irresponsabili. Io mi ricandido a sindaco. Però mi sceglierò la squadra in maniera diversa. Perché mi piacciono tanto, ed amo profondamente, le persone responsabili: gli irresponsabili non devono fare politica».

 

Cosa è la responsabilità?

«La responsabilità è quella che mi insegnò mio nonno che fu consigliere comunale della Democrazia Cristiana negli anni della Ricostruzione. Responsabilità è metterci la faccia e far votare un dissesto che era inevitabile, in quesi 120 milioni di debito non c’è un solo euro che abbia fatto io. Sono stato costretto a dichiararlo, il dissesto. All’irrespinsabilità di questa gente non ci sto».

 

 

La cena dal Santo

Mercoledì sera, dopo il Consiglio Comunale c’è stata una cena all’Osteria del Santo Bevitore. Presenti l’avvocato Francesco Malafronte e Riccardo Chiusaroli (fratello della capogruppo di Forza Italia) con il conduttore radiofonico Egidio Franco. Stavano definendo i dettagli dello spettacolo di Biagio Izzo che porteranno a Cassino (gratis grazie a Malafronte) il 25 luglio all’anfiteatro romano.

Con due ore di ritardo sull’appuntamento, poco dopo le 23, arriva l’assessore Benedetto Leone. Con il quale si accende una discussione: Riccardo Chiusaroli gli contesta in modo sempre più acceso una serie di operazioni politiche. Utilizzando aggettivi non sempre edificanti.

Nemmeno dieci minuti dopo l’esplosione dell’incendio, arriva Mario Abbruzzese e preleva letteralmente l’assessore. Se lo mette sotto braccio ed escono.

Mentre alcuni (tra cui Chiusaroli) gli dicono «Ecco…Ora vagli a raccontare tutto quello che è successo…vai vai….»

Eppure, fino a sabato sera, il clima era del tutto diverso.

 

 

La testa di Rossella

A pagare il conto, alla fine potrebbe essere la capogruppo di Forza Italia, Rossella Chiusaroli. La minaccia di dimissioni fatta dal sindaco pare che in realtà punti solo ad avere su un piatto d’argento la testa della consigliera comunale e provinciale.

Non è gestibile, non risponde alle indicazioni, frequenta in maniera autonoma anche esponenti romani del Partito, parla direttamente con il potentissimo coordinatore regionale Claudio Fazzone. È andata ad autenticare le firme alle liste di Daniele Natalia poi diventato sindaco ad Anagni: invece l’ordine era di andare a Ferentino. Troppo autonoma.

In un ristrettissimo conclave (tre i presenti) pare sia stato deciso che deve saltare. Ma in maniera pulita. Senza che ci siano le impronte digitali del sindaco o altri.

Ad occuparsi del delitto politico potrebbe essere direttamente il Gruppo.

La resa dei conti potrebbe essere dietro l’angolo.