Iole la bidella e la scuola che ormai non esiste più (di F. Dumano)

Foto: copyright Archivio Piero Albery

Iole la bidella: il ricordo di una scuola e di un mondo che ormai non esistono più. Fatto di rispetto ma anche di comprensione. Iole era la figura che incarnava quella sintesi.

Fausta Dumano

Scrittrice e insegnante detta "Insognata"

Quel salotto di piazza Municipio era anche teatro di incredibili partite a carte, di sfide storiche: assistere era un vero spettacolo.

Tra gli spettatori, fissa la tua attenzione su una donna: seduta un po’ ai margini, che della piazza ne aveva fatto casa sua. Ricordi in bianco e nero… nell’immaginario collettivo quella donna è la bidella della scuola elementare, Iole, una seconda mamma per molti, poiché accoglieva i bambini,prima del suono della campanella, che aspettava l’arrivo dei genitori.

Iole l’urlatrice, quando nella scalinata della chiesa di San Carlo facevi ”la scivucarella” e in dialetto, quella poesia, che non ho imparato mai, minacciava ”lo dico a mammeta”.

 

Iole la bidella aveva dei problemi di deambulazione, viveva da sola nel quartiere il Ponte. Di solitudine ne aveva tanta, ecco perché aveva eletto la piazza come domicilio: era la prima ad arrivare e forse l’ultima ad andarsene.

Ogni tanto, soprattutto l’estate, le scappava una pennichella: si addormentava, mentre attorno a lei continuava la vita.

 

È stata per antonomasia ”la bidella” e per un periodo è stata ospite quasi fissa a casa della mia nonna. Era amica di mia zia ,”la maestra”. Arpino, nonostante il fascino che emana (ed io ne sono catturata) ha nel suo Dna, un po’ di classismo. La mia nonna materna, di quel classismo era l’emblema, in fondo è stata la moglie del podestà Gustavo D’Emilia ed era una Magliari, un’altra famiglia importante di Arpino.

La mia nonna, proprietaria terriera con i ”coloni”, ereditiera dell’intero palazzo in via Giuseppe Cesari, storceva il naso di fronte a quest’amicizia. Eppure io ricordo questa donna che, nonostante i suoi problemi di deambulazione, si prodigava tanto dentro casa di nonna…

Ricordi in bianco e nero… ed anche sbiaditi essendo bambina all’epoca. Ricordo però che del padre non parlava mai, la madre doveva vivere in una casa di cura, ma nel mio immaginario lei era la proprietaria della scuola elementare: aveva le chiavi.

 

Il termine ”bidella” nel passato indicava affetto, nel settore della scuola l’universo è donna, faceva eccezione la categoria dei direttori, dei presidi, degli ispettori. Più si saliva di grado, più uomini trovavi.

In quell’universo, Iole aveva un doppio ruolo: quello di Cerbero e quello di San Pietro. ”Lei chi è? Dove va? Chi cerca?” Chiunque per la prima volta varcasse quell’atrio conosceva Cerbero, dal genitore all’ elettricista alla nuova maestra. Era lei ”la bidella” l’anagrafe della scuola. Conosceva tutti i nostri nomi: ‘‘a chi sie figl?”.

Ma anche il SanPietro: Iole aveva tutte le chiavi, non solo di tutte le stanze. Ma di tutti i posti chiave che possono esistere in una scuola. Ad esempio, dal suo posto di comando sapeva tutto: chi arrivava in ritardo, con quale maestra si faceva chiasso, chi urlava, chi sapesse mantenere la ”disciplina”.

Era la figura di supporto degli insegnanti. Perché era pronta con uno strillo a richiamare all’ordine chiunque provasse ad essere troppo esuberante. Ma in fondo ci consolava per un brutto voto, o anche per le disfatte amorose anche quelle ci sono tra i banchi alla scuola elementare.

 

Un urlo ma anche una caramella: come la scuola di un tempo.

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