Carlo Maria balla il sirtaki, fulminato dai conti (di Conte della Selvotta)

Domenico Malatesta

Conte della Selvotta

Gli impassibili giudici romani della Corte dei Conti (o magistratura contabile) hanno fatto arrabbiare Carlo Maria D’Alessandro, sindaco pro-tempore di Cassino. E’ accaduto martedi pomeriggio, 12 settembre, il giorno in cui la chiesa venera il nome Santissimo di Maria e di altri santi. (leggi qui ‘La Corte dice no: i conti di Cassino finiscono nel baratro))

Il nostro lettore, affezionato, nonché primo cittadino, era impegnato con il fido assessore ma vice sindaco in pectore Benedetto Leone a rileggere la lista degli assessori in carica. Quali da sottolineare con la matita rossa e quali con la matita blu (come facevano una volta i professori a scuola). E si dibatteva sulla sostituzione delle tre donne assessore e sulla spogliazione della fascia tricolore al medico Carmelo Palombo, restio ad ascoltare il commander in chief. Quando nella stanza del sindaco, dove troneggia un dipinto di scuola napoletana raffigurante un pensieroso san Benedetto, è arrivato il segretario comunale con la delibera della Corte dei Conti che bocciava l’estensione trentennale di una parte della rimodulazione del piano di risanamento finanziario dell’ente.

Un fulmine a ciel sereno. Come riparare alla figuraccia e parare le invettive dell’opposizione interna ed esterna. Consulto con l’oracolo. L’ordine è preciso: convocazione della maggioranza e conferenza stampa immediata. Ed ancora: gettate la croce sulla passata amministrazione.

Ma chi ha sbagliato a fare la delibera e i conti? Convocati Assessore alle Finanze, Segretario Comunale e dirigente degli Uffici Finanziari. Risposta unica: abbiamo applicato le norme della legge. Il magistrato relatore Angela Pria, invece, ha scritto: “erronea interpretazione della norma”.

Gli astanti davanti al sindaco: “Salera ci ha fregato, ancora una volta. Ha fatto bene i conti, ha pagato e il resto ai posteri, che siamo noi. Adesso ci dobbiamo arrangiare”.

Alle 21.56 Mirko Tong, impegnato a vedere la partita della Juve che stava perdendo in Champions, telegrafa alla stampa: domani conferenza stampa urgente, ore 10,30.

CARLO MARIA BALLA IL SIRTAKI
Il cronista a vita Domenico Tortolano (che continua a minacciarci di azioni giudiziarie se continuiamo ad usare impunemente il Suo nome) in quel momento era assente dalla città.

Era comodamente seduto su una poltrona di velluto rosso del prestigioso Teatro San Carlo di Napoli ad assistere alla prima del balletto Zorba il Greco, con la coreografia originale di Lorca Massine (uno dei suoi capolavori), sulle popolarissime musiche di Mikīs Theodōrakīs. Sul palco danzavano le ballerine e i ballerini del Corpo di ballo del San Carlo ammirati nelle loro evoluzioni da un pubblico attento, della bella e nobile Napoli. Tante le belle signore ingioiellate e abbronzate.

Il cronista a vita era seduto nelle prime file. E ricordava agli astanti (da studente frequentava il vicino e famoso Istituto Universitario Orientale, facoltà di Lingue e Letterature Straniere) che su uno dei balconi sedeva all’epoca il noto medico napoletano Mario Alonzo, frequentatore assiduo del San Carlo, zio per parte di madre di Carlo Maria D’Alessandro. Il cronista nota l’appuntamento convocato via telefonino solamente all’intervallo. E annota: e’ la prima volta che un sindaco convoca una conferenza stampa alle 10 di sera. Intanto lo spettacolo, tra gli applausi, si conclude con il famoso ballo del sirtaki.

Ispirato al celebre romanzo di Nikos Kazantzakis, da cui fu tratto anche l’omonimo film con Anthony Quinn e Irene Papas, Zorba è una storia di libertà e di fratellanza ambientata in un villaggio della Grecia. Entusiasmo, libertà e amore per la vita emergono dall’intreccio tra la coreografia di Lorca Massine (figlio del grande Leonid Massine inventore un secolo fa della danza moderna e frequentatore di Positano, una targa lo ricorda) e la musica di Mikīs Theodōrakīs, che richiama la tradizione popolare in un continuo crescendo emotivo fino al celebre momento del sirtaki finale.

E l’indomani Carlo Maria, assistito dai sette silenti assessori (7), ha ballato, senza musica, il sirtaki in sala Restagno in un crescendo di numeri e di milioni dove gli astanti hanno capito ben poco di questa matematica. (Qualcuno dei consiglieri ha detto: ma che è questa corte dei conti, si gioca alle scommesse). Hanno capito, però, che bisognava addossare tutte le colpe, nessuna esclusa (l’ordine dall’alto), a Giuseppe Golini Petrarcone e al suo ministro delle Finanze Enzo Salera.

All’epoca i giudici romani, però, si complimentarono con il ministro-assessore per l’architettura dei bilanci tanto da non poter eccepire nulla. Pollice verso, invece, per gli uomini di CMD’A. Tanto da far arrabbiare M.A. alla vigilia della convention di Fiuggi.

Riferiscono che abbia esclamato: non sapete fare nemmeno i conti. Adesso rimediate.

Facendo seguire la frase dalla minaccia: dopo le elezioni questa giunta salterà.

Riferiscono pure l’invocazione del saggio Leone: fammi comandare. Bastava portare un canestro di castagne di Terelle e i numeri si aggiustavano!

Ipse dixit o ipse putavit.

LE CHIAVI DEL PARADISO
E dopo la conferenza e le reazioni rabbiose dell’opposizione e in particolare di Salera si sono susseguite riunioni su riunioni. Tema: fare dissesto o no.

Alcuni consiglieri (ignoranti in materia): facciamo il dissesto e diamo la colpa a Salera.

Altri (più saggi): no, sarà un boomerang terribile in vista delle elezioni. Tra questi Benedetto Leone il quale ha invocato ancora una volta la mancanza della politica. Come l’approfondimento e l’applicazione delle norme e i rapporti con gli enti superiori.

Deluso si è rivolto a san Benedetto. Ripensando al motto celebre Ora et labora. Ed è salito sul sacro monte. Ha tirato le chiavi dalla tasca ed ha aperto il massiccio portone del monastero e si è diretto verso la Loggia del Paradiso mentre il sole calava sul cielo di Montecassino.

E lì l’osb Benedetto ha pregato a lungo ripensando anche alla politica come luogo di mediazione e non di scontro. Benedetto, amico di abati, vescovi, monaci e preti, dopo la lunga meditazione è tornato all’osteria del santo bevitore.

IEMMA IL TESSITORE
Alcuni assessori alla notizia della bocciatura della Corte romana hanno fatto un salto, forse di gioia. Perché il rimpasto è saltato, o meglio rinviato forse a dopo le elezioni.

Sono sicuri che mangeranno il panettone a Natale. Forse. M.A. permettendo. Perché Cmd’a li ha chiamati tutti e sette raccolta. State compatti intorno a me e la poltrona sarà salva. Hanno esultato le tre donne assessore (Noury, Verde e Tawinkelova), ed ha esultato Palombo al quale volevano togliere la fascia di vice sindaco. Se mi tolgono la delega di vice sindaco mi dimetto da assessore!. Ipse dixit o ipse putavit.

Nel frattempo l’ex dirigente comunale ed ex consigliere comunale Enrico Iemma aveva intessuto una fitta tela per formare un gruppo consiliare a nome di Fdi per salvare la poltrona all’assessore Nora Noury. Tanto da riuscire a mettere in insieme l’ostico consigliere Antonio Valente (avvocato difensore di camorristi di spessore) e l’esordiente Rosario Franchitto, indeciso se passare nella folla di Forza Italia o nel litigioso Pd.

Alla fine tutti e due in Fratelli d’Italia con l’assessore consolidato. Le manovre dello scaltro Iemma non sono passate inosservate al commander in chief.

Ma la Corte dei Conti ha fatto passare in secondo ordine la questione rimpasto e il relativo riposizionamento di alcuni consiglieri in vista delle prossime elezioni regionali e politiche.

ED ENZO CHIEDE UDIENZA

Intanto l’ex assessore alle Finanze Enzo Salera, oltre al sirtaki, vorrebbe far ballare anche la tarantella a CMd’A. Chiederà audizione alla Corte dei Conti per domandare informazioni su una comunicazione che era stata diffusa il 12 giugno scorso dall’Ufficio Stampa del Comune di Cassino. In quel Comunicato, l’amministrazione in carica sosteneva che il piano di rimodulazione del debito fosse stato approvato dalla Corte dei Conti.

Salera vuole vederci chiaro. O la Corte dei Conti si è rimangiata l’approvazione oppure l’Ufficio Stampa ha scritto una solenne fesseria. Perché mai si pensi che CMD’A possa avere detto una innocente bugia.