Le elezioni e la nuova legge: Rosatellum, cosa cambia (di C.Trento)

Corrado Trento

Ciociaria Editoriale Oggi

 

CORRADO TRENTO
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Ad un primo sguardo sono simili, soprattutto nel punto in cui si stabilisce che la metà dei seggi sono assegnati in collegi uninominali. Cioè gruppi di Comuni nei quali ci si candida in tanti ma viene eletto uno solo a rappresentare quel territorio, fosse pure per un solo voto in più.

Ma nel sistema tedesco (a differenza di quanto stabilito nel Rosatellum) gli eletti con il maggioritario vengono detratti dal proporzionale. In altre parole: i 598 parlamentari tedeschi sono ripartiti sulla base di un sistema proporzionale, ma i primi 299 vengono presi dai collegi uninominali. E non dai listini bloccati. In Germania c’è una sorta di “dialogo” tra proporzionale e maggioritario, nel Rosatellum molto meno. Al di là dei tecnicismi, però, la sostanza che sta emergendo è che potrebbero esserci elezioni anticipate. Addirittura il 24 settembre.

 

Il modello tedesco

Ogni elettore deve esprimere due voti. Il primo è maggioritario e uninominale: nei 299 collegi in cui è diviso il territorio nazionale viene eletto il candidato più votato, anche soltanto con la maggioranza relativa. Gli altri 299 seggi, invece, vengono attribuiti con un sistema proporzionale su base nazionale.

Con il secondo consenso l’elettore sceglie il partito: poi la percentuale di voti determina il numero di seggi ai quali il partito ha diritto. La soglia di sbarramento è del 5%.

Nel riparto della quota proporzionale, al numero totale dei seggi ai quali un partito ha diritto vanno sottratti gli eletti nei collegi uninominali.

 

Il Rosatellum

Questo sistema (che prende il nome dal capogruppo del Pd Ettore Rosato) prevede che il 50% dei parlamentari sarebbe eletto in collegi uninominali, l’altro 50% con il proporzionale. Soglia di sbarramento al 5%.

Per quanto riguarda la parte proporzionale, al Senato la ripartizione avverrebbe su base regionale, alla Camera invece su scala nazionale.

Sempre per la parte proporzionale, il territorio nazionale sarebbe diviso in collegi plurinominali, in cui sarebbero eletti da un minimo di 2 a un massimo di 4 candidati. E in questi collegi ci sarebbero listini bloccati.

La novità più rilevante sarebbe però il divieto di voto disgiunto: all’elettore sarebbe consegnata un’unica scheda (parte maggioritaria e parte proporzionale). Con il divieto di votare un candidato nel collegio uninominale e una lista a lui non collegata nel proporzionale. Ci sarebbe cioè l’abbinamento candidato-partito.

 

Gli effetti sul territorio

Cosa succederebbe a livello locale, nelle province? La premessa è fondamentale: la mappatura dei collegi viene delegata al Governo, che dovrebbe adottarla entro 45 giorni dall’approvazione del disegno di legge. In ogni caso lo schema è già stato ipotizzato: 315 collegi uninominali alla Camera, 156 collegi uninominali al Senato.

Poi ci sarebbero i collegi plurinominali per la parte proporzionale. Sia per Montecitorio che per PalazzoMadama: i numeri saranno inferiori rispetto al maggioritario, ma si tratta di un punto da definire.

Per quanto riguarda la provincia di Frosinone è facile ipotizzare che per il Senato ci sarebbe un collegio unico, coincidente con i confini territoriali. Mentre per la Camera potrebbero essercene due, uno al nord e l’altro al sud.

Nella competizione maggioritaria verrebbe eletto chi prende più voti, ma è chiaro fin da adesso che i seggi sicuri scatterebbero per chi riuscisse ad ottenere una candidatura al primo posto nei listini della parte proporzionale.

Fra le altre cose è evidente che lo sbarramento al 5% favorisce i partiti più grandi: Movimento Cinque Stelle, Pd, Forza Italia, Lega. Gli altri sarebbero “costretti” ad alleanze.

Ma per quanto concerne i possibili candidati, i nomi sono sempre gli stessi.

Per il Pd Maria Spilabotte, Francesco Scalia, Nazzareno Pilozzi e Francesco De Angelis. Per Forza Italia in pole position c’è Mario Abbruzzese. Mentre per il Movimento Cinque Stelle c’è Luca Frusone.

Naturalmente con il sistema delle alleanze potrebbero esserci delle sorprese.

In realtà però alla fine cambia poco: stare nel listino fa la differenza. E nei collegi uninominali non si può “pescare” al di fuori della coalizione di appartenenza. Insomma: prima il partito, poi il candidato

 

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