«A Cassino vi siete suicidati e state continuando a farlo»

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

«La tattica che avete usato a Cassino è stata un suicidio politico e le conseguenze sono quelle che avete sotto gli occhi»: se qualcuno pensava di trovarsi di fronte ad un Francesco Scalia con una conca di cenere in mano e pronto a spargersela sulla testa per la sconfitta alla Comunali, sabato sera è rimasto deluso.

L’incontro avviene negli uffici dell’immobiliarista cassinate Salvatore Fontana. A promuoverlo sono il consigliere regionale Marino Fardelli (area Scalia) e l’ex Dg della Provincia Luigi Russo. Lavorano per un chiarimento. Se poi porterà ad un riavvicinamento, meglio ancora. Un tempo si chiamava Realpolitik.

Cosa c’è da chiarire? Il nodo della sconfitta elettorale alle scorse Comunali non è sciolto nonostante sia passato un anno. L’area sostenuta da Fontana, animata da Russo ed espressa dall’avvocato Alessandro D’Ambrosio ritiene che il ko di Giuseppe Golini Petrarcone e la vittoria di Carlo Maria D’Alessandro siano colpa degli errori commessi dal Pd Provinciale. Che ha sbagliato forse scientificamente giocando a perdere.

Il ragionamento politico sviluppato da Russo e Fardelli fa capire che un confronto potrebbe essere utile. Marino allora si attiva. Spaghettata a casa sua, con le famiglie. E prima però si fa una tappa negli uffici di Fontana.

L’invito viene allargato. La delegazione che  parte da Frosinone con le insegne della Croce Rossa e del Partito Democratico vede il senatore Francesco Scalia, il deputato Nazzareno Pilozzi, il presidente provinciale del Pd Domenico Alfieri.

Destinazione: casa Fardelli per la spaghettata. E tappa per un tentativo di dialogo. Che magari potrebbe sanare la rottura nella rottura nella rottura. Non è un refuso. Ma a Cassino il Pd ora è diviso al cubo: alle scorse Comunali il Partito si è diviso tra quelli che stavano con il sindaco uscente Peppino Petrarcone e quelli che sostenevano Francesco Mosillo. Poi quelli di Petrarcone si sono divisi tra quelli che stanno con Marino Fardelli e quelli che si riconoscono nelle posizioni di Alessandro D’Ambrosio. E volendo si potrebbe continuare quasi all’infinito.

Negli uffici di Fontana, con l’immobiliarista, Russo e D’Ambrosio c’è pure l’ex segretario del Circolo Ernesto Polselli. Rompe il ghiaccio Fardelli che dice «E’ un’occasione per capire e magari mettere da parte il passato, guardare al futuro». Russo fa l’analisi politica di quanto accaduto alle Comunali e che ha portato al malcontento della componente. Un malcontento manifestato con il passaggio di D’Ambrosio all’opposizione sul finire della scorsa consiliatura provinciale, il voto disperso alle ultime provinciali, alle quali ognuno è andato per i fatti suoi. Come le bande àscare in Africa durante la guerra coloniale italiana.

Scalia ha ascoltato. E poi ha rotto gli argini. Mettendo in fila tre concetti chiave. Il primo: il Pd provinciale ha una maggioranza ed una minoranza, l’area Scalia è minoranza. Il secondo, basta con la storia che Frosinone ha tramato contro Cassino: il vice di Matteo Renzi, Luca Lotti non è venuto a caso in città per sostenere Petrarcone ma perché sollecitato da Scalia. E se Marino Fardelli ha ritirato la sua candidatura per convergere su Petrarcone lo si deve al lavoro di Scalia, Alfieri, Pilozzi. Il terzo punto chiave: Cassino ha le sue responsabilità. Gravi responsabilità.

Il senatore le ha messe in fila, con tono concitato forse perché l’acqua per gli spaghetti cominciava a bollire. Ha parlato con chiarezza di «Suicidio politico, la vostra tattica è stata un suicidio sia prima che dopo le elezioni».

Dove si è suicidato il gruppo, secondo l’analisi di Scalia? Quando la Direzione Provinciale Pd ha deciso all’unanimità che venissero convocati gli iscritti e votassero loro a chi intendevano assegnare il simbolo tra i due candidati sindaco, Giuseppe Golini Petrarcone e Francesco Mosillo . Nessuno andò a votare. «Avevate la possibilità di dimostrare che eravate maggioranza e vi sarebbe stato assegnato il simbolo: perché non lo avete fatto?»

E poi il suicidio elettorale.  E’ stato domandato se tutti sono sicuri, in coscienza, di avere fatto il possibile per giungere ad un’intesa con Mosillo durante il ballottaggio.

E poi il suicidio amministrativo: «Sarebbe bastato che Petrarcone avesse dato l’assessorato a Tommaso Marrocco ed Ernesto Polselli, nel corso dell’ultima parte di consiliatura, così come era stato concordato. Non mantenendo quel patto, Petrarcone ha fatto scattare in una parte importante del Pd provinciale la convinzione che fosse inaffidabile politicamente. Legittimamente c’è stato chi ha pensato: ma se non rispetta gli accordi politici ora che siamo a ridosso delle elezioni, è impossibile che mantenga la parola una volta rieletto e non avrà più bisogno di noi».

Infine il suicidio alle Provinciali. La decisione di ritirarsi sull’Aventino, disperdere il voto ha favorito l’altra parte di Pd. «La candidatura di Massimiliano Mignanelli nella lista Pd per piazza Gramsci è dipesa dal fatto che voi non avete espresso il candidato».

E’ stato a quel punto che le voci si sono alzate. I toni si sono fatti forti, le voci alte, le parole concitate.

Poi tutti a cena. Ma ognuno per fatti suoi. La delegazione di Frosinone a casa di Marino, l’area di Fontana da un’altra parte. Qualcuno giura sia stato necessario un po’ di bicarbonato per digerire: non la cena.

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