L’agenda vuota di chi governa la nostra Sanità

di Giovanni CEPPANI ALATI
Dirigente Sanitario A.R.

 

 

Se fossimo cronisti dovremmo occuparci di: Quale presente?
Come storici del territorio di: Quale passato?
Come programmatori di : Quale futuro?

A noi servono tutti e tre. O meglio senza i primi due punti interrogativi non si scioglie il terzo.

Il passato: da oltre dieci USL e altrettanti Comitati di Gestione, comprensive di Ospedali, si è passati ad una. Andava fatto. Ma tenere sei ospedali deve dipendere dal tipo di assistenza che si vuol fare e non dall’accontentare sei territori.

Prima questione, questo territorio non ha mai beneficiato di una seria, scientifica e lungimirante programmazione sanitaria.

Niente di straordinario, soltanto simile a quella di un’azienda privata da 4000 dipendenti. Non parliamo di Atti di Autonomia Aziendale, che rappresentano solo pezzi di carta autoreferenziale per accontentare qualche Dirigente e chi lo appoggia.

I pazienti? Di questo elemento secondario ne parliamo dopo.

 

Il presente: nessuna programmazione, nessuna riorganizzazione a breve, medio e lungo termine, nessun vero investimento, un Commissario onorario retribuito, unica figura professionale del suo genere al mondo.

Il caos organizzativo, la demotivazione dei dipendenti, la mancanza della stragrande maggioranza dei primari, intesi non solo come figura giuridica ma anche come maestri di professione, tecnica e metodologia. Una mobilità passiva, gente che va curarsi altrove, che supera abbondantemente i 100 milioni di euro l’anno. Qualche piccola , a macchia, area di buona sanità. Liste di attesa interminabili di cui beneficiano solo le attività private e le ASL romane, abruzzesi e campane.

Un dibattito politico sulla sanità sterile, strumentale, episodico e di parte.

Le falsità sono a iosa, dalle Macroaree che erano solo un artifizio contabile alle Case della Salute che sono in realtà dei poliambulatori reimbiancati, alla percentuale di posti letto x abitanti ormai morta e sepolta, fino alla dequalificazione dei DRG (sono il codice con cui identificare la tipologia e la complessità di un intervento sanitario) che sono a livello di un ospedale da campo non in tempo di guerra (in tempo di guerra negli ospedali da campo si fanno anche operazioni complesse).

 

Quale futuro: le premesse sono il coraggio politico delle scelte, l’educazione sanitaria sulla prevenzione e sui bisogni, la programmazione scientifica dell’organizzazione, il riconoscimento del merito, la qualificazione professionale con Primari veri, vincitori di concorsi veri, che sappiano conquistare con il loro operato la stima dei pazienti e dei dipendenti.

L’individuazione di aree di eccellenza che drenino i pazienti in fuga, attraendoli verso le offerte di sanità provinciale.

Il territorio di Frosinone deve assicurare i Livelli Essenziali di Assistenza e offrire alcuni ambiti di eccellenza da proporre in ambito regionale e nazionale.

 

I costi? Meno di quelli attuali.

Il personale qualificato costa meno di quello dequalificato, i DRG qualificati portano risorse, l’organizzazione scientifica porta risorse, il recupero della mobilità passiva porta risorse, la riorganizzazione della rete ospedaliera porta risorse, la prevenzione porta risorse, lo sviluppo dell’assistenza territoriale porta risorse.

Quale futuro? Non c’è futuro sanitario per la nostra provincia che sarà inghiottita sempre di più dalla forza centripeta di Roma, salvo quella di un’assistenza scadente e routinaria.

Così per forza? No se la Regione Lazio programmasse seriamente (i piani di rientro non c’entrano nulla), la ASL programmasse seriamente (la mancanza di risorse non c’entra nulla), la gente smettesse di abbassare la testa e con la dignità del diritto pretendesse ciò che gli spetta.

 

Serietà ed onestà non vanno chieste, devono essere un obbligo, quello che va chiesto è professionalità ad alti livelli.

Quale futuro per Frosinone? Il futuro che si meriterà cacciando (o almeno mettendo da parte) incapaci, bugiardi, nani e ballerine, giocolieri, acrobati e domatori di un Circo che non serve per passare qualche ora di divertimento. Ma che deve occuparsi del prendersi cura della gente, della salute e del benessere. E che è stato trasformato in uno squalificato Circo di provincia.

Perché oggi questo è. Il biglietto alla Asl si chiama Ticket.

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