«Caro Scalia, a Cassino non ci siamo suicidati: ci avete ucciso»

«Caro Francesco Scalia, il nostro non è stato un suicidio politico. Quello che è accaduto a Cassino nelle scorse elezioni comunali è stato un omicidio. Premeditato a tavolino. E del quale si conoscono i nomi di mandanti ed esecutori»: Giuseppe Golini Petrarcone ha letto le indiscrezioni su Alessioporcu.it. E’ la trascrizione, più o meno letterale, dello scambio di battute al vetriolo avvenuto sabato sera nello studio dell’immobiliarista Salvatore Fontana. (Leggi qui le anticipazioni fatte sabato sera “A Cassino vi siete suicidati e state continuando a farlo”).

Quella sera, a confrontarsi c’erano il senatore Francesco Scalia, il presidente del Pd Domenico Alfieri, il deputato Nazzareno Pilozzi, il consigliere Marino Fardelli. E poi l’immobiliarista Salvatore Fontana, l’ex consigliere provinciale Alessandro D’Ambrosio, l’ex vice segretario del circolo Pd Ernesto Polselli, l’ex direttore generale della Provincia Luigi Russo.

Senza peli sulla lingua, Scalia ha elencato quelli che secondo lui sono stati gli errori politici che hanno portato alla sconfitta elettorale a Cassino. A partire dal mancato coinvolgimento del Pd nella giunta, per passare all’accordo non trovato con Mosillo durante il ballottaggio. Per proseguire poi con un’altra serie di errori fatti in occasione delle Provinciali. (Qui tutti i dettagli). Arrivando a dire che a Cassino è andato in scena un suicidio politico un anno fa ed un altro lo si sta commettendo adesso.

Giuseppe Golini Petrarcone non ci sta. E rispedisce al mittente quelle accuse. Sul quotidiano La Provincia, rispondendo a Tommaso Villa ha detto che fu la Direzione Provinciale Pd a commettere l’omicidio. Sostiene che lo commise negando il simbolo a lui ed a quell’ala del Pd che si era riunita sul suo nome. E negò il simbolo per non scontentare Francesco De Angelis che invece sosteneva l’altro candidato Pd Francesco Mosillo.

Sulla mancata conta tra le due due fazioni, deliberata all’unanimità dalla Direzione Provinciale proprio per assegnare il simbolo: nessuna risposta.

Risposte chiare invece Petrarcone le fornisce all’accusa di non essere stato capace. Non avere saputo intessere un’alleanza politica con il Pd, assegnando un assessorato ad Ernesto Polselli ed a Tommaso Marrocco nonostante fosse nei patti. Ribalta il fronte, l’ex sindaco. E dice che anche se l’avesse fatto non ci sarebbe mai stato l’avvallo del circolo Pd. Perché? A quel tempo la segreteria era affidata a Stefano Mosillo, padre di Francesco.

Resta senza risposte invece il tema fondamentale aperto da Scalia: l’assenza di una vera volontà di riaggregazione. E di una strategia per il futuro.

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