Caro seggio quanto mi costi: torna la preferenza, via alla norma anti spese

La più costosa è stata quella del 2010. A dirlo non sono le fatture. Ma i fatti.

In una campagna elettorale, mai si erano viste prima e mai si sono più viste dopo, così tante gigantografie con i faccioni dei candidati accompagnati dai loro slogan lunghi 6 metri ed alti 3. Stavano dovunque, in quella tornata elettorale, le immagini di Mario Abbruzzese e Franco Fiorito.

 

L’ULTIMO GRANDE DELIRIO
Lo schema era diverso. La potenza andava esibita: più ti vedi e più sei forte, più folla si raduna ai tuoi incontri e più sei il possibile vincitore. E gli indecisi – si sa, lo dimostrano tutti gli studi, vanno con il vincitore –

Il risultato fu un delirio di manifesti: vennero affissi ovunque fosse possibile. Ed anche dove non lo era. Se aspettavi il bus e tardava un attimo, rischiavi di vederti passare la colla sulla schiena ed affiggere un manifesto pure lì.

Le cene elettorali erano oceaniche. Tante. E piene di tanta gente. Perché la gente ci andava e molti sono proprio quelli che oggi se la prendono con i politici perché organizzavano le cene.

Fu l’ultima campagna elettorale condotta così. La crisi economica non aveva ancora cominciato a mordere sul serio, il sistema basato sui piaceri non aveva ancora iniziato a collassare. Lasciando in provincia di Frosinone soltanto le macerie di un nulla che ci ha fatto perdere buona parte delle sfide importanti. Perché un motivo deve esserci se Amazon non sta qui ma a pochi passi da qui; se il big data di Fastweb non sta qui ma a qualche chilometro da qui; se Frosinone e Latina sono distanti quanto un viaggio da Roma a Firenze e non fanno sistema mettendo insieme le due metà delle loro potenzialità.

 

I CONTROLLI DELLA FINANZA
I maligni dissero che quella campagna elettorale, a Fiorito come ad Abbruzzese, a Scalia come a Buschini, costò un botto. Si favoleggiava di almeno un milione di euro per il francone nazionale, seguito o preceduto a ruota dal Mario cassinate.

La Guardia di Finanza ci ha messo il naso ed ha stabilito che le cose non stanno così. Tutti i candidati alla Regionali 2010 hanno speso solo quanto era consentito dalla Legge.

Forse qualcosina dimenticarono di metterla nel conto. O almeno è quanto si deduce leggendo i verbali di Franco Fiorito: pare che alcuni consiglieri gli reclamassero continuamente soldi per ripianare i conti rimasti aperti dalla campagna elettorale. Pagherò: senza traccia e senza ricevuta.

 

TORNA LA PREFERENZA
Ora la giostra sta per ripartire, con regole diverse. Con strumenti più efficaci per chi deve accertare. Per un motivo molto semplice: se nessuno cambierà l’attuale testo della legge elettorale tornano le preferenze e la sfida a chi prende più voti. Entusiasmante, democratica, dispendiosa.

Il ‘Porcellum‘ legge elettorale così chiamata perché in un sussulto di onestà il ministro Calderoli ebbe a definirla «Una porcata», spianava la strada verso Montecitorio e Palazzo Madama agli amici ed a quelli che non davano fastidio. Era sufficiente essere inseriti in lista non troppo sotto un certo numero e poi via verso il Parlamento. Senza nemmeno dover spendere un soldo: niente cene, niente manifesti, niente buoni benzina.

A scorrere i dati della campagna elettorale per le Politiche 2013, i nostri deputati e senatori hanno speso per la campagna elettorale la miseria di 3,8 milioni di euro. Non a testa: tutti insieme. Fa 4mila euro a parlamentare: una cena elettorale con cento persone a venti euro ed un bigliettino con un fac simile a testa, costa di più. O ha sbagliato il sito di monitoraggio Openpolis a fare l’addizione delle spese dichiarate dai parlamentari o qualcuno non ha dichiarato tutto. Più di 1 su 3 ha attestato di non avere scucito nemmeno il becco d’un quattrino.

 

LA PACCHIA E’ FINITA
Ora però le correzioni apportate dalla Corte costituzionale nel cosiddetto “Consultellum” hanno limitato ad appena 100 i “nominati” a Montecitorio: sono i cosiddetti “capolista bloccati”. Per gli altri 530 seggi disponibili, i candidati dovranno scannarsi a suon di preferenze se vogliono giocarsi la speranza di entrare.

Al Senato tutti i 315 scranni saranno assegnati con il metodo della preferenza unica: se nessuno ci mette mano, il collegio è su base regionale e per vincere bisognerà girare su tutto il Lazio. O sei famoso o devi fare la campagna elettorale.

Una stima fatta in questi giorni e riportata sul quotidiano La Stampa parla di un budget tra i 700mila e gli 800mila euro da spendere se si vuole avere a certezza dell’elezione.

Sono le somme che nell’ambiente circolavano prima del Porcellum. Anche qualcosa di meno.

 

LE NUOVE REGOLE DEL GIOCO
Pochi lo sanno ma le prossime elezioni però saranno le prime nelle quali entreranno in gioco alcune norme nuove.

C’è, ad esempio, una nuova tipologia di reato. È il «traffico di influenze illecite». Di cosa si tratta: lo ha introdotto la legge Severino con l’articolo 346 bis del codice penale.

Colpirà chi promette e illude. Lo scambio di piaceri, le ‘risposte’ che la politica deve essere capace di dare ai cittadini, avranno un confine.

Non solo. Dovranno essere trasparenti i rapporti con i grandi ed i piccoli gruppi di pressione economica. Un terreno ancora molto scivoloso perché poco battuto, la Cassazione si è espressa praticamente mai. E questo significa che in questa fase ci sono ampi maggi di interpretazione della norma.

C’è poi la nuova formulazione del 416 ter del Codice Penale. È il reato di «scambio elettorale politico-mafioso». In pratica: i pacchetti di voti promessi da gruppi organizzati (bastano tre o più persone, con ruoli precisi, il metodo della minaccia e della paura) in cambio di soldi o «beni, servizi ed altre utilità», potranno essere segnalati alla Procura della Repubblica. I magistrati avranno l’obbligo di prendere in esame le segnalazioni senza nemmeno aspettare il giorno delle elezioni.

Il terzo e più insidioso aspetto. In caso di sospetti sulla provenienza dei finanziamenti, la normativa ora prevede la possibilità di intervenire in tempo reale.

Cambierà nulla. Scommettiamo?

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