L’ultimo volo di Gabriele verso l’eternità del suo sogno

L'ultimo volo del capitano Gabriele Orlandi sui cieli di Terracina. I pochi secondi del loop che finisce nell'abbraccio con le stelle. Perché i piloti da combattimento non muoiono mai.

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Dicono che se lo sentisse. E che sia decollato ancora più sereno. Antoine de Saint-Exupery la notte del 31 luglio 1944 salì a bordo del suo Lockheed P-38 Lightning : dalla base militare di Borgo in Corsica raggiunse le nuvole per mettersi in rotta verso Lione. Nulla si seppe più di lui. Fino al marzo del 2008, quando l’ufficiale pilota della Luftwaffe Horst Rippert, 28 combattimenti aerei vinti, una specie di barone rosso, dichiarò che nella notte del 31 luglio 1944 incrociò con il suo Messerschmitt Bf 109 un F5 che volava più in basso. E decise di abbatterlo.

Non lo sapeva: ma abbattendo quel piccolo aereo da ricognizione, spediva tra le stelle il papà del Piccolo Principe, capolavoro della letteratura scritto da uno spirito inquieto che amava il volo. In un attimo Antoine de Saint-Exupery si trovò accanto ai suoi personaggi di fantasia.

La morte in volo, per i piloti, è una faccenda diversa da quella dei comuni mortali. I piloti non muoiono. Per loro è un abbraccio: con i loro sogni, con la loro sfida costante a tutti i limiti, al muro del suono, alla paura che ti porta a fischiettare quando sei in aria ai comandi di un velivolo per la prima volta da solo perché l’istruttore ti ha detto ‘vai oggi è il giorno in cui ti spuntano le ali’.

La porta verso la morte è una manciata di secondi. Ne bastano quattro e anche meno quando sei ai comandi di un Eurofighter 2000 Typhoon come quello del capitano Gabriele Orlandi ieri pomeriggio sui cieli di Terracina poco prima del passaggio delle Frecce Tricolori.

Quando fai il loop il tuo Typhoon può raggiungere i 400 nodi, sono quasi 800 chilometri all’ora. Basta uno sbalzo di pressione, un battito più forte o più lento, un pensiero che passa nel momento sbagliato: una manciata di secondi e sei fuori traiettoria, senza rete per poter cadere al sicuro.

Chissà cosa è successo mentre Gabriele Orlandi pilotava tra il cielo ed il mare. Se è stato un respiro fuori ritmo, se è stato un banalissimo dato sballato restituito da uno dei tanti computer a bordo. E che ha fatto tardare la manovra dell’ufficiale di uno o due secondi. Abbastanza per passare dalle stelle ai sogni.

Avrà sentito vibrare, avrà visto un indicatore fuori scala, il pulsare continuo dell’allarme collisione saettare nella cabina… Avrà tirato la cloche e tentato di raddrizzare quel loop imperfetto per la prima volta nella sua vita…?

Qualunque cosa sia accaduta sui cieli di Terracina, al capitano pilota Gabriele Orlandi ora non interessa: è atterrato su un’altra pista, ha allineato il suo Typhoon al Lightning di Saint_Exupery. Insieme voleranno per l’eternità, riflettendo, come il Piccolo Principe, che Non si deve confondere l’amore col delirio del possesso, che causa le sofferenze più atroci. Perché contrariamente a quanto comunemente si pensa, l’amore non fa soffrire.

Cieli azzurri, Capitano.

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