I soldi del buco Unicas? Erano nella Partita di Giro

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Tutti i documenti sul buco da 40 milioni di euro che è stato scoperto nei conti dell’università di Cassino verranno trasmessi alla Procura della Repubblica. (leggi qui) Lo ha deciso il Consiglio d’Amministrazione che si è concluso in serata dell’Università di Cassino.

I magistrati di piazza Labriola si erano già mossi nei giorni scorsi. La Guardia di Finanza aveva ascoltato il direttore dell’Inps e accertato che il buco esisteva (leggi qui)

Dove erano i soldi. Lo ha scoperto la terza inchiesta aperta. E’ quella che si affianca all’indagine della procura presso la Corte dei Conti ed a quella della magistratura ordinaria. Si tratta dell’indagine interna avviata nella massima discrezione dal magnifico rettore Giovanni Betta.

Il debito era parcheggiato tutto in una sola riga tra oltre 200 pagine di voci. Quale riga?

Per capirlo bisogna seguire i vari passaggi. Il buco è stato scavato negli anni dal 2012 a febbraio 2015: in quel periodo i contributi Inps sono stati pagati a singhiozzo perché non sempre c’era la disponibilità dei soldi. La quota non pagata veniva parcheggiata nella voce di bilancio Residui Passivi, cioè i debiti da pagare. Ma non erano dove tutti sarebbero andati ad osservare. Non stavano dove i Revisori dei Conti vanno a guardare quando ‘aprono’ l’elenco dei Residui e controllano cosa compone il debito.

I soldi stavano parcheggiati nella voce Partita di Giro: si tratta dei pagamenti che trovano contropartita in un correlativo diritto di riscossione. Cioè sono debiti ‘tranquilli‘: stanno lì solo in attesa che entrino soldi certi destinati a coprirli. Il problema è che ci sono stati per troppo tempo. Ed hanno generato una cartella con 9 milioni per interessi e sanzioni.

Tecnicamente ineccepibile. Nulla di anomalo o di scorretto. Nessuno sarebbe mai andato a controllare lì.

Resta un aspetto da verificare e sul quale non è stata ancora trovata risposta. Il livello decisionale lo sapeva o non lo sapeva? L’ex rettore Ciro Attaianese ha già detto che non ne era stato informato e che era convito fosse tutto in regola. Nessuno – giura – gli aveva mai parlato di contributi Inps versati solo in parte. Stessa posizione per il pro rettore al Bilancio Raffaele Trequattrini. Secondo il quale sarebbe bastato informare il livello decisionale per individuare una soluzione. Insomma, l’ipotesi più probabile resta quella dello scollamento tra chi gestiva materialmente la cassa e chi doveva prendere le decisioni strategiche.

Il Consiglio d’amministrazione intanto ha preso atto che è stata spedita la lettera di addebito all’ex rettore Attaianese ed ai due direttori generali in carica nel triennio 2012-2015. Ed ha approvato anche il piano di rientro concordato dal rettore Betta con l’Inps: rate annuali da 2 milioni di euro per coprire i 31 milioni di arretrati. Invece i 9 milioni di sanzioni ed interessi sono stati impugnati. Perché si ritiene che l’Inps abbia una parte di responsabilità nella storia: non ha sollecitato i pagamenti, ha rilasciato certificazioni di regolare posizione contributiva fino alla scorsa primavera. Saranno le indagini a stabilire se è davvero così.

Resta però un tema di fondo. Lo ha evidenziato il magnifico rettore Giovanni Betta: «Anche se venisse un magnate e regalasse 40 milioni con cui azzerare il debito, rimane il problema alla radice. Bisogna risparmiare per evitare di ritrovarsi nella stessa situazione».

Dove tagliare è il tema che affronterà il CdA già convocato per marzo.

§