L’abate dal giudice: «Da Montecassino non mancano soldi». Processo il 10 ottobre

Gli elementi per discutere ci sono. Ad esaminarli deve essere un tribunale. E’ la conclusione alla quale è arrivato in serata il giudice delle udienze preliminari di Roma: ha disposto l’apertura di un processo a carico di dom Pietro Vittorelli, 191° padre abate di Montecassino. E’ accusato d’essersi appropriato di mezzo milione di euro dai conti dell’abazia e della diocesi. La prima udienza è fissata al 10 ottobre.

 

OGLIARI IN UDIENZA PRELIMINARE
La decisione è arrivata in serata. A sorpresa. Il giudice, infatti, aveva chiesto un supplemento d’indagine.

Proprio per questo motivo, il 192° padre abate di Montecassino, dom Donato Ogliari, successore di Pietro Vittorelli , in mattinata ha dovuto varcare le mura del Palazzo di Giustizia a Piazzale Clodio a Roma. Il monaco che guida oggi la comunità del sacro monte si è presentato con l’assistenza dell’avvocato Sandro Salera.

A dom Ogliari, il magistrato ha chiesto se sia mancato qualcosa dai conti di Montecassino, nel periodo della gestione di dom Vittorelli. La risposta è stata: «Dai conti di Montecassino è uscita nessuna somma che non fosse stata regolarmente e legittimamente contabilizzata». Traduzione: non manca niente.

Il magistrato allora, con garbo ha sollecitato. «Padre, mi scusi, ma dal conto IOR numero ……. non manca proprio nulla?».

«Non è un conto nella nostra disponibilità, appartiene ad altri».

Di chi è quel conto della Banca Vaticana dal quale ha preso i soldi dom Vittorelli? «Ma qui c’è scritto Diocesi di Cassino» fa notare il magistrato.

Chiarisce monsignore: «Noi siamo l’abazia di Montecassino. La diocesi territoriale è competenza di un vescovo, non possiamo sapere cosa ci sia nei loro conti».

A questo punto si è resa necessaria la convocazione del vescovo di Sora – Cassino – Aquino – Pontecorvo, don Gerardo Antonazzo.


VIA LIBERA AL PROCESSO

Il giudice si è riservato di decidere. In serata, verso le 18.30 ha sciolto la riserva.

Monsignor Antonazzo non verrà convocato. O almeno non da lui.

Perché? Il Giudice delle Udienze Preliminari non è competente ad entrare nel merito delle cause. Il suo compito è solo quello di valutare se gli elementi prodotti dalla Pubblica Accusa siano abbastanza solidi da sostenere il vaglio di un processo.

«E’ chiaro a questo punto – ha detto nella sostanza il giudice – che elementi per un dibattimento ce ne sono».

Il paradosso? Se non fosse stato necessario sentire altre persone, il magistrato avrebbe potuto valutare subito se le accuse fossero solide o meno. Ma di fronte alla necessità di entrare nel merito della causa, sentendo altre persone, ha ritenuto opportuno inviare il caso all’esame dei suoi colleghi del Tribunale.

Che gli hanno dato la prima data utile: il 10 ottobre prossimo.

 

L’INCHIESTA VATICANA
Se anche dovesse essere chiamato a deporre, monsignor Antonazzo riferirà le stesse cose dette da dom Ogliari.

Infatti, il Vaticano, appena venuto a conoscenza dell’inchiesta romana, catapultò due Amministratori Apostolici a Cassino: due commissari con pieni poteri su qualsiasi cosa della Chiesa locale. Ne mandò uno nel palazzo della Diocesi ed uno in Abazia. Furono loro a scandagliare i conti, voce per voce e cifra per cifra. Riferendo poi al Presidente della Conferenza Episcopale in Italia e mettendo tutto per iscritto in una relazione depositata adesso oltre le mura Vaticane.

Cosa c’è scritto in quelle relazioni? Che nulla manca dai conti. Né a Montecassino né in diocesi.

 

L’ACCUSA
Il magistrato ipotizza che l’ex abate abbia preso circa 500mila euro dai conti della diocesi e dell’abazia nei 5 anni tra il 2008 ed il 2013. E li abbia utilizzati per spese personali. Soprattutto vizi. L’elenco messo a punto dal magistrato è lungo: ci sono i fine settimana nei centri benessere, soggiorni a Londra in hotel a 5 stelle, cene da quasi 700 euro, un viaggio a San Paolo del Brasile costato oltre 23mila euro.

Per questo ha ipotizzato il reato di ‘appropriazione indebita‘.

 

LA DIFESA
Il 5 maggio scorso gli avvocati Bartolo e Mattia La Marra, legali di dom Pietro Vittorelli avevano eccepito che non c’è stata appropriazione indebita perché il denaro è stato utilizzato da chi era legittimato a farlo.

In pratica: i soldi erano nella disponibilità del padre abate Pietro Vittorelli e li ha utilizzati. Se anche li avesse spesi male, l’unico che può lamentarsi è il proprietario di quei soldi: diocesi e abazia. Che non hanno fatto denunce.

Li ha sperperati? Faccende loro, se nessuno degli eventuali ‘derubati‘presenta denuncia.

Un elemento che aveva indotto il giudice a chiedere la convocazione di dom Ogliari. Ma non è bastato a definire subito il caso. Si riparte il 10 ottobre.

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Foto: Giacomo Cestra