Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati (di P.Alviti)

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

 

di Pietro ALVITI

 

 

Come stai?
Bene, tutto bene!

E’ la risposta che diamo comunemente anche se qualcosa ci tormenta, qualcosa ci fa sentire strani, insoddisfatti. Non ci piace che ci considerino malati, non vogliamo quegli sguardi pieni di compassione la cui natura non ti è chiara.

E invece sappiamo benissimo di non star bene, che ci manca qualcosa, che avremmo voluto far meglio quel lavoro, o trattare meglio la persona che amiamo, o non aver litigato sul lavoro, aver avuto più cura dei figli, non aver maltrattato i genitori…

Sono le nostre “malattie” che non vogliamo ammettere, le nostre alienazioni, il nostro non essere più umani, il farci travolgere dagli interessi, dalle piccolezze, il non saper guardare in alto per migliorarci. Sono costoro, tutti quanti noi dunque, cui la Parola promette un guaritore, un paraclito, un avvocato, uno che possiamo chiamare in ogni momento della nostra vita ed averlo al nostro fianco, qualunque cosa abbiamo combinato.

Nei Promessi Sposi, dopo aver descritto il tragico declinare di Gertrude, la monaca di Monza, dalla sua libertà alla schiavitù della vita claustrale forzata, Manzoni cita una grande virtù della spiritualità cristiana:

E’ una delle facoltà singolari e incomunicabili della religione cristiana il poter indirizzare e consolare chiunque, in qualsivoglia congiuntura, a qualsivoglia termine, ricorra ad essa. Se al passato c’è rimedio, essa lo prescrive, lo somministra, dà lume e vigore per metterlo in opera, a qualunque costo; se non c’è, essa dà il modo di far realmente e in effetto, ciò che si dice in proverbio, di necessità virtù. Insegna a continuare con sapienza ciò ch’è stato intrapreso per leggerezza; piega l’animo ad abbracciar con propensione ciò che è stato imposto dalla prepotenza, e dà a una scelta che fu temeraria, ma che è irrevocabile, tutta la santità, tutta la saviezza, diciamolo pur francamente, tutte le gioie della vocazione.

È una strada così fatta che, da qualunque labirinto, da qualunque precipizio, l’uomo capiti ad essa, e vi faccia un passo, può d’allora in poi camminare con sicurezza e di buona voglia, e arrivar lietamente a un lieto fine.

Sta a noi decidere se restare seduti al banco dell’imposte a curare i nostri affari, a contare le nostre monete cui affidiamo la nostra salvezza o invece alzarci e cambiare, e tornare ad essere noi stessi, comunque sia stata la nostra vita sino ad ora.

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