Le colpe ed i doveri della società dopo Alatri (di A.Gnesi)

di Arturo GNESI
Scrittore – Medico
Sindaco di Pastena

 

 

Qualche domanda, seppur difficile e complicata, ce la dobbiamo fare. Dobbiamo farlo adesso che i riflettori si sono appena spenti sui tragici eventi di Alatri e la vasta luce che ha proiettato sull’efferata aggressione ad un giovane innocente.

Dopo l’abbracio tenero e commosso con il quale un’intera comunità ha espresso il suo amore e chiesto perdono per quel sorriso barbaramente strappato alla vita, occorre trovare risposte alla violenza cieca e brutale e assassina con la quale un gruppo di giovani ha massacrato di botte un loro coetaneo.

Si parte da due concetti fissati dalla logica e dalla necessità di uno Stato che deve coniugare l’ordine pubblico con l’etica privata. Ovvero dall’obbligo di avere un percorso processuale nel quale la giustizia possa far prevalere le ragioni della condanna certa e della pena sicura.

Altro limite invalicabile è il rispetto per il dolore umano, lacerante immenso di una famiglia che a causa di una pura follia omicida potrà piangere per la crudeltà di un destino tiranno.

In mezzo ci siamo noi, spettatori e attoniti testimoni di un evento che ci ha lasciato senza parole. Ci hanno sconcertato quegli attimi di alienazione collettiva durante i quali le grida di dolore non sono bastate a fermare i calci, i pugni di un branco accecato dall’odio, dall’idiozia o dalla semplice stupidità .

Cos’è che all’improvviso ha trasformato un gruppo di giovani in una ciurmaglia senza regole e senza remore che ha massacrato di botte un loro coetaneo? Chi sono costoro che si spostano dall’interno del locale e giunti in piazza si trasformano in belve inferocite? È possibile che nessuno degli aggressori si sia fermato a domandarsi ma che cosa sto facendo? È possibile che il pestaggio si sia trasformato in un banale spettacolo al quale in tanti hanno assistito impassibilmente quasi fosse una scena da video game?

Gli investigatori hanno proceduto all’arresto dei sospettati, hanno ascoltato centinaia di testimoni ma oltre la possibile verità processuale emerge un dubbio agghiacciante che mette a nudo la nostra società e il nostro modo di vivere.

I nostri figli, i figli di questo tempo potrebbero essere solo la vittima o anche i carnefici di Alatri ?

Cosa possiamo e cosa si deve fare per dare una risposta a quanto accaduto ?

Ci sono stati in questi giorni commenti di sapienti e saggi, le dichiarazioni di uomini delle istituzioni e della chiesa, di psichiatri e di sociologi, di gente della strada e di docenti scolastici, trasmissioni televisive e radiofoniche che hanno analizzato approfonditamente l’argomento. Non sono bastate tuttavia ad eliminare il timore che quanto accaduto potrebbe ripetersi qui o altrove e che occorre ritrovare la rotta giusta perché la vita dell’uomo non sia solo l’emozione di un attimo. E che si ritrovi il senso di un lavoro quotidiano che deve essere sempre improntato al rispetto e al servizio della comunità.

Lech Walesa, l’elettricista che divenne protagonista della primavera polacca e leader di Solidarnsoc , dichiarò durante la protesta dei cantieri di Danzica “ il nostro impegno è perché l’uomo sia felice” . Oggi a noi manca una prospettiva del futuro, l’utopia di una nuova frontiera, viviamo di presente e senza coltivare la speranza di una società che possa “essere felice”.

Sarà questa la ragione di quanto accaduto ad Alatri ? Non lo so ma senza speranza si diventa disperatamente un branco che non ha più rispetto per la vita dell’altro.

 

 

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