di Arturo GNESI
Scrittore – Medico
Sindaco di Pastena
La notizia della convocazione degli Stati generali per la promozione dello sviluppo economico ed occupazionale della provincia di Frosinone è una iniziativa che va seguita con interesse ed attenzione perché tanti, radicati e strutturali sono i problemi della nostra gente.
Le istituzioni del territorio con le forze politiche, sindacali, imprenditoriali e finanziarie , gli ordini professionali ,le associazioni di categoria, le autorità scolastiche, le associazioni di volontariato, devono confrontarsi ed esprimere pareri, analisi, proposte e progetti per far uscire dalla crisi economica e sociale la nostra provincia.
Un gran consulto al capezzale di un malato cronico che rischia la sindrome da immobilizzazione.
Nella situazione attuale servono a poco i proclami o le astrattezze analitiche come pure la ricerca delle cause dell’arretramento economico in presunti danni creati dalla globalizzazione o dalla crisi finanziaria mondiale.
I danni li abbiamo dentro casa e c’è lì siamo procurati con le nostre mani e con atteggiamenti e comportamenti sbagliati.
Ora dobbiamo trovare i rimedi efficaci, cure valide, provvedimenti sicuri.
Il pericolo di cronicizzazione e di esasperazione della situazione è costituito dalla nostra lentezza , dalla mancanza di spirito di organizzazione e di sacrificio.
Il malato è grave e lo lasciamo ai suoi bagordi, mangia beve e fuma mentre noi aspettiamo, ingenuamente che guarisca.
Ma oltre le battute c’è l’amara constatazione che cresce la corruzione nella pubblica amministrazione, e l’illegalità appare una tendenza interclassista che coinvolge soprattutto le fasce sociali ad alto reddito.
La provincia ha un elevato tasso di disoccupazione e con un allarmante livello di disuguaglianza sociale.
La cultura della legalità perde terreno perché prevale l’idea che non sia possibile coniugarla con l’idea dello sviluppo economico e del benessere individuale.
La povertà sociale si associa ad una disuguaglianza che abbina il reddito e la distribuzione del lavoro non al merito ma alla raccomandazione e all’accettazione di regole illegittime . Le retribuzioni che non sono dissimili da quelle di unosfruttamento d’altri tempi, rimangono una piaga del mercato dell’ lavoro e diventa eroica la denuncia perché si viene ostracizzati ed emarginati.
Le istituzioni devono assicurare la giustizia sociale e forme minime di sopravvivenza altrimenti è inesorabile la progressiva perdita di fiducia della gente nello Stato.
Il credito bancario, inaccessibile in alcuni casi costringe gli operatori commerciali a far ricorso agli usurai che vengono considerati quasi gli uomini della provvidenza, così come molti lavoratori accettano di operare in nero subendo i ricatti dei datori di lavoro che se da una parte aumentano il profitto, dall’altro non versano i contributi e non stipulato assicurazioni per gli infortuni.
Accanto a queste situazioni di fondo esiste una sorta di accettazione passiva della realtà, un fatalismo storico che associa alla stessa collocazione geografica la radice di tutti i mali.
Il sud diventa sinonimo di lentezza, svogliatezza e incapacità di governare il presente e programmare il futuro.
Se facessimo un sondaggio quanti capirebbero la finalità di questo evento ? Quanta credibilità abbiamo da spendere? Quante partenze di giovani riusciremmo ad impedire con l’annuncio messianico di un cambio di marcia della nostra provincia? E per concludere quanta innovazione può garantire una vecchia nomenclatura ?
La provincia è stanca e immobile perché ancora prigioniera delle vecchie logiche della prima Repubblica e per cambiare mentalità e cultura di governo ha bisogno di rinnovare la sua classe dirigente, sottoscritto compreso.
Al primo posto legalità e giustizia sociale e tutto il resto a seguire.
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