Tante denunce, nessuna soluzione

I leader dei partiti denunciano la situazione di crisi e di difficoltà della provincia di Frosinone. Gli amministratori fanno lo stesso, esattamente come parlamentari e assessori e consiglieri regionali.

Forze sociali e associazioni di categoria non sono da meno e snocciolano dati sulla contrazione dell’economia, sull’aumento della povertà, sullo “sterminio” dell’edilizia, sulla chiusura delle fabbriche.

Tra convegni, manifestazioni e convention, non soltanto di partito, è tutto un fiorire di numeri, percentuali, comparazioni. Mai una soluzione, perlomeno indicata. Mai una condivisione basata su progetti e risorse, mai una collaborazione istituzionale e operativa fra enti.

Ormai è chiaro a tutti che in provincia di Frosinone si vive male, che le famiglie non ce la fanno, che i servizi non ci sono, che i giovani vanno altrove per lavorare e studiare, che l’inquinamento ambientale è una realtà, che gli investimenti non ci sono, che abbiamo perso le occasioni di una fermata dell’Alta Velocità, dell’interporto e di uno scalo aeroportuale. Gli enti locali non danno valore aggiunto e non hanno neppure i fondi di un tempo. E’ così in molte zone d’Italia, specialmente quello del sud.

Ci sarebbe bisogno di una scossa vera, di un punto di rottura definitivo di un sistema che sopravvive a sé stesso “a tempo determinato”.

Non vale neppure la pena di scandalizzarsi: ognuno di noi prova a mantenere il proprio status, a non essere messo in discussione.

Periodicamente viene fuori la storia dei vitalizi dei politici e delle pensioni d’oro di chi negli anni passati ha potuto permettersele. Tante chiacchiere ed indignazione, ma nessun fatto. Tranne uno: spesso parlamentari e consiglieri regionali fanno ricorso quando vengono messe in discussione le loro indennità. Vincendo in sede giudiziaria perché i diritti acquisiti non si toccano.

Negli Stati Uniti Trump, in Gran Bretagna, in Francia Macron e Le Pen. Comunque la si veda, si tratta in ogni caso di novità. In Italia siamo al quarto governo non legittimato dal voto popolare: Mario Monti, Enrico Letta, Matteo Renzi, Paolo Gentiloni. Andare al voto anticipato equivale ad una rivoluzione e quindi non ci resta che attendere la scadenza naturale.

Si proporranno Matteo Renzi, Silvio Berlusconi, Massimo D’Alema, Matteo Salvini, Giorgia Meloni e tanti altri che sulla scena ci sono da anni, se non da decenni. L’unico che apparirà come nuovo è Beppe Grillo. Anche lui fortissimo nella fase della critica e della denuncia. Governare è un’altra cosa però, come dimostra Roma.

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