Frosinone Metropoli: conviene a tutti. Ma non alla politica (di D.Facci)

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La proposta degli industriali di trasformare Frosinone in una città da 150mila abitanti: conviene a tutti. Perché sarebbe impossibile negarle il Dea di II livello o toglierle le sedi degli uffici. Ma non conviene alla politica.

Dario Facci

Direttore Responsabile La Provincia Quotidiano

Frosinone è la quindicesima città del Lazio per numero di abitanti. A parte Roma, è sopravanzata da Latina, Guidonia, Fiumicino, Aprilia, Viterbo, Pomezia, Tivoli, Anzio, Velletri, Civitavecchia, Ardea, Nettuno e Rieti.

Frosinone ha solo 300 abitanti più di Terracina e circa 3000 più di Marino.

Se guardiamo la classifica delle città laziali per estensione il capoluogo ciociaro, con i suoi 47 chilometri quadrati, è talmente indietro che nella maggior parte dei casi non compare. Al confronto con gli altri capoluoghi del Lazio impallidisce.

Sempre eccettuando Roma che è la città più grande d’Europa e una delle più grandi del mondo, il territorio di Frosinone è quasi un decimo di quello di Viterbo, un quinto di quello di Latina e meno di un quarto di quello di Rieti. Gli altri capoluoghi di provincia del Lazio sono tutti nelle prime sette posizioni della classifica per estensione, Viterbo è la seconda dopo Roma, Latina la quarta e Rieti la settima.

Nel tempo in cui i territori sono in competizione tra loro questa situazione non è più procrastinabile. Bisogna fare qualcosa.

Il progetto messo a punto da Unindustria Frosinone mira proprio a risolvere questo gap. Il presidente Turriziani propone di realizzare la seconda città del Lazio per abitanti, circa 150.000, perché solo così si può affrontare la competizione che, altrimenti, ci vedrà sempre perdenti.

Non fa una piega.

In pratica Turriziani si è messo una grande idea in testa e ha fatto in modo di darle sostanza per poterla proporre a tutti gli interlocutori che, solo convincendosi di questa necessità, possono rendere il progetto davvero realizzabile. Il “grande capoluogo” è davvero un’idea molto ambiziosa, alla quale la politica tenterà di opporsi perché teme di perdere degli spazi di rappresentanza. Ma le splendide città che si trovano intorno a Frosinone devono pensare che non perderebbero alcuna delle loro caratteristiche, non il blasone, non la loro rappresentanza, poiché resterebbero le loro municipalità. Continuerebbero a firmare le carte d’identità, per dirla in soldoni.

Inoltre diverrebbero anche loro capoluogo. Si tratterebbe della città più grande del Lazio dopo Roma e anche una delle più belle, se non la più bella. Mai nessuna amministrazione regionale penserebbe di non dotarla di un Dea di II livello, nessuna legge di riforma penserebbe di toglierle titolarità a favore di altri e se, per assurdo, dovesse passare una riforma delle Regioni, tipo quella di Rossi-Morassut che ci volevano in Campania, anche da quelle parti potremmo dire la nostra.

Una città così conferirebbe a tutto il territorio l’attrattiva che oggi non ha, vedrebbe il rilancio di molti settori, invertirebbe la rotta, diverrebbe esempio di strategia territoriale per tutti, cambierebbe la storia.

Il “grande capoluogo”, in sostanza, avrebbe solo vantaggi: quelli dell’economia di scala, per il risparmio sui servizi (cosa propugnata anche da Ottaviani nella sua campagna elettorale, una sorta di unione di Comuni), ma anche tutti quelli che proverrebbero da una vera unica municipalità. Pensare, per esempio, ad un piano regolatore di questa ipotetica città rende già la dimensione delle possibilità che si possono aprire per tutti.

Ovviamente questa splendida idea sarà percorribile solo se la politica avrà la stessa visione. Cosa assai difficile.

L’idea di Giovanni Turriziani, infine, sarà realizzabile solo passando per un referendum. Cioè, solo le città in questione potranno decidere a maggioranza se far parte o meno del “grande capoluogo”. Anche questa è un’ipotesi molto suggestiva, che mette in moto dinamiche politiche assai avanzate.

Ecco perché il percorso che il progetto di Unindustria sta per aprire è di per sé una svolta, una scudisciata sulle terga del piattume progettuale degli ultimi trent’anni.

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