Stupefacente Grieco: «E’ ora di cambiare la legge sulla droga»

di Sarah GRIECO
Consigliere Comunale Cassino
Partito Democratico

 

 

Da operatore del diritto mi occupo di politiche sulle droghe da oramai 15 anni. Sono arrivata alla conclusione che in uno stato laico, che vuole emanciparsi da vecchi retaggi e antiche paure, non si può continuare a punire i consumatori e a proibire il commercio di droghe leggere.

Lascio da parte valutazioni politiche e convinzioni personali. Dati alla mano, quelli ufficiali forniti nel 2016 dall’Amministrazione penitenziaria, analizziamo i perché.

Perchè la cannabis e i suoi derivati sono le sostanze prese più di mira dal nostro sistema, nonostante siano le meno dannose per i consumatori. E il loro mercato sia quello in cui le associazioni criminali sono meno coinvolte. Nel 2016, infatti, quasi il 50% delle segnalazioni e delle operazioni antidroga hanno avuto come oggetto i cannabinoidi. La cocaina la troviamo al secondo posto, seguita da eroina e droghe sintetiche.
I processi per l’art. 73 (detenzione e spaccio) sono stati ben 158mila ma quelli che coinvolgono organizzazioni criminali dedite al traffico illecito di sostanze stupefacenti (l’art 74) si arrestano a soli 44mila. Stesso trend si registra per le segnalazioni all’autorità giudiziaria.

Questi dati testimoniano l’orientamento repressivo della legge rivolto verso i “pesci piccoli”, spesso dediti allo spaccio di droghe leggere, piuttosto che verso le associazioni criminali. Anzi, ripulendo il mercato da tutti i possibili competitor “meno esperti”, si può dire che in un certo senso le grandi organizzazioni criminali ne sono favorite perché mantengono una situazione di oligopolio che tiene alti i prezzi.

Poi ci sono le sanzioni amministrative per il mero consumo. Anche qui, a farla da padrone sono sempre i cannabinoidi, le sostanze più diffuse e più colpite dalle forme di controllo istituzionale e sanzionatorio.

Le persone segnalate ai prefetti per detenzione a uso personale di cannabinoidi sfiorano la soglia dell’80% rispetto a cocaina, crack o altri anfetaminici le cui segnalazioni sono appena il 13%

Perché ancora oggi, nonostante la Corte Costituzione abbia messo definitivamente nel cassetto (sopperendo per l’ennesima volta al vuoto della politica) una delle leggi più proibizionistiche e “irrazionali” che l’Italia abbia mai vissuto in materia di droga, la Fini-Giovanardi, un detenuto su quattro nelle nostre carceri è tossicodipendente.
E questo dato dovrebbe far riflettere non poco: perché se viene punito penalmente chi dovrebbe essere curato evidentemente il nostro sistema sta sbagliando “qualcosina”.

Senza parlare di quanto ha inciso la legge sulla droga sulle carcerari italiane; problema enorme di cui si discute da tempo senza però soffermarsi mai realmente sulle cause. I dati finora ricordati in termini di processi, ingressi e punizione dimostrano che la normativa antidroga è stata la principale causa del sovraffollamento carcerario nel nostro Paese.

Insomma. Tra carceri, polizia e tribunali nel solo 2016 abbiamo speso oltre 1 miliardo di euro per un solo articolo di legge: quello sulla detenzione ai fini di spaccio (e tralascio i costi in termini di mancate entrate per la mancata tassazione).
Queste le ragioni alla base anche dell’appello dei magistrati illustri e dello stesso procuratore nazionale Antimafia Roberti che chiede di concentrarsi sugli imperi criminali dei narcos e delle droghe pesanti e sintetiche.

Detto questo, ci sono studi accreditati che, sempre dati alla mano, mistificano la falsa credenza che la legge penale incide sui consumi, soprattutto fra i minori. L’inasprimento delle sanzioni degli ultimi anni con la Fini-Giovanardi non ha scoraggiato il consumo di cannabis che, al contrario, ha registrato un boom. A influenzarli infatti sono i fattori sociali, culturali, economici.

Se persino un Paese come gli Stati Uniti dopo quarant’anni di guerra combattuta nelle strade, nei tribunali con politiche repressive e incarcerazioni di massa ha deciso di dichiarare tregua; in Stati, non come Bolivia e Uruguay, ma come il Colorado, Washinton, Alaska, Oregon, dopo i referdum popolari è consentito vendere cannabis in mercati legali liberi, regolarmente tassati; se in Canada e in California si sta per andare nella stessa direzione; allora è il momento di ammettere che un mondo senza droghe è una grande menzogna e che spesso i “danni penali” (come un arresto o una condanna al carcere) possono essere di gran lunga maggiori del consumo di qualche canna.

E’ il momento di mettere fine a dibattiti ideologici. Di smettere di incarcerare consumatori e di pensare a spingere sulla prevenzione e sulle politiche di riduzione del danno. Di concentrare le risorse sulla punizione dello spaccio di droghe “pesanti” e sintetiche e sulle grandi organizzazioni criminali.
Ed è anche arrivato il momento di assumerci, tutti – famiglie e amministratori – delle responsabilità e di dare ai nostri ragazzi non solo strumenti di prevenzione, l’ascolto, attenzione, stimoli nuovi, spazi di incontro, invece che ordinanze proibitive sulla movida e punizioni penali o amministrative.

E’ tempo di spingere i nostri parlamentari ad andare avanti con coraggio nell’approvazione della proposta di legge dell’Intergruppo a prima firma Giachetti per la cannabis legale e a rivedere anche l’intero Testo Unico sugli stupefacenti, la cui proposta di legge è anch’essa depositata.

E sarebbe un gran bel segnale se anche la Regione Lazio, dopo la recente apertura sulla cannabis terapeutica del governatore Zingaretti (leggi qui su Alessioporcu.it), votasse in seno al suo consiglio chiedendo al parlamento una riforma sulle droghe, come ha fatto il Friuli Venezia Giulia, dando un calcio alle ipocrisie del passato.

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