Non cresciamo perché la nostra classe politica è schiava di Roma (di G. Trento)

Lo sviluppo economico delle province di Frosinone e Latina attende di essere sfruttato come si deve, ma c'è qualcuno che non lo vede. Senza troppi giri di parole, D'Amico di Confimprese lo dice in questa intervista

di Gianluca TRENTO

Una classe politica schiava di Roma. Che porge la chioma. Subalterna alle decisioni dei capi-corrente. Che poco fa per lo sviluppo di due territori. Guido D’Amico, presidente nazionale di ConfimpreseItalia, ne ha per tutti. Invita a superare gli steccati della sterile contrapposizione. Per far sì che Frosinone e Latina diventino la locomotiva del Lazio.

 

Si parla molto di un patto di sviluppo comune tra la provincia di Frosinone e quella di Latina. Cosa ne pensa? E’ un’utopia?
«La sinergia tra le due province è fondamentale. Importantissima. Il polo manifatturiero rappresentato da Frosinone e Latina rischia di essere il primo della regione Lazio. Infatti, nonostante la crisi dell’industria, la Ciociaria e il Pontino sono più forti di Roma. Non solo per la presenza della Fca nel Cassinate ma anche per il comparto chimico-farmaceutico che insiste in entrambi i territori. Senza dimenticare la cantieristica navale di Formia e Gaeta.

Quindi, se si fa un confronto con la capitale, ci si rende conto che i numeri premiano il Sud Lazio. E se è vero che ci sono situazioni come l’ex Vdc e la Marangoni di Anagni, o alcuni mancati interventi lungo il litorale, di contro sono stati messi a disposizione anche gli strumenti per le cosiddette aree di crisi, complesse e semplici. La ricetta è, dunque, quella di utilizzare meglio i bandi regionali».

 

Presidente, ma oltre all’Industria, non crede che bisognerebbe puntare sul Turismo?
«Il mare di Formia e Gaeta non è quello di Anzio. Alcune aree paesaggistiche della Ciociaria è difficile trovarle in provincia di Roma. Perfino le eccellenze enogastronomiche di entrambi i territori non sono seconde a nessuno.

Anche la ricettività alberghiera c’è: basti pensare a Fiuggi ma anche ad Aprilia, Cisterna, Latina e Terracina, fino a scendere verso il sud pontino. I livelli delle strutture sono ottimi, sia dal punto di vista qualitativo sia quantitativo.

Sulla base di tutto questo mi chiedo, e chiedo, se anche questo settore non possa rappresentare una forza economica a livello nazionale».

 

Cosa manca per attuare tutto ciò? La politica sta facendo le mosse giuste, oppure no?
«Il problema è che la classe politica di entrambe le province, anche se è attiva e vivace, non fa tutto quello che potrebbe fare. Potenzialmente può esprimere molto di più. I parlamentari e i consiglieri regionali di Latina e Frosinone soffrono di una sudditanza nei confronti della capitale.

Nel nostro sistema, quello dell’associazionismo, non è così: Maurizio Stirpe è il vicepresidente nazionale degli industriali, io sono il presidente nazionale di Confimprese, Enrico Coppotelli è un importante dirigente della Cisl molto ascoltato al di fuori dei nostri scenari locali, Pietro Maceroni è vice segretario regionale della Cisl. Senza dimenticare che Marcello Pigliacelli è stato il numero due di Anita, l’associazione dei trasportatori. Noi occupiamo posizioni di vertice.

Tra i politici chi ha ruoli apicali? Nessuno. Sono sempre lì a fare i servi dell’Impero.
La dimostrazione sta nel fatto che se non arriva un capo-corrente a dare la benedizione urbi et orbi non fanno nulla».

 

Giovanni Turriziani, presidente territoriale di Unindustria, ha rappresentato una difficoltà nei rapporti tra Frosinone e Latina per via dell’esiguità delle dimensioni del capoluogo della Ciociaria. Sostiene che questo ci rende subalterni. Pertanto ha ipotizzato una città intercomunale di 150.000 abitanti, aggregando anche i Comuni del circondario, in modo da farla diventare il secondo centro del Lazio. Che ne pensa?
«E’ una proposta di buon senso e intelligente, perché in realtà Frosinone può rappresentare davvero la seconda Roma. Devono, però, essere messe in campo una serie di iniziative che il presidente di Unindustria ha elencato. Il capoluogo Ciociaro, inoltre, è a metà tra Roma e Napoli ed è il vero centro della nazione, grazie anche a un’autostrada che attraversa l’intera provincia. Certo, paghiamo lo scotto di una tratta ferroviaria obsoleta.

Ed è qui che la politica dovrebbe fare la sua parte. Siamo sempre lì: anche tale proposta, così come quella che feci io sugli stati generali, viene da chi è a capo di un’associazione datoriale.

 

Noi le idee le lanciamo ma troppo spesso siamo voci nel deserto».

 

Come mai la vostra super produzione di proposte non riesce a permeare la classe politica?
«Questa è una domanda che andrebbe rivolta a loro. Rispondo in maniera provocatoria: forse noi siamo troppo avanti».

 

Al contrario si potrebbe dire che la classe politica è rimasta troppo indietro?
«Questo lo dice Lei. L’unica cosa sensata che ho sentito negli ultimi tempi, da una certa classe politica, è il progetto dell’asse tirrenico che parte da Formia-Gaeta e finisce a Teramo. Si tratta di un’ottima idea perché in grado di aprire il corridoio verso la Mittel Europa e i Balcani, ponendo così le due province al centro dell’Italia.

Mi spiego meglio: un conto è esserlo geograficamente un conto è esserlo economicamente. Il Lazio è la seconda regione per Pil, dietro di noi c’è il Veneto. Ma la nostra posizione ci favorisce perché abbiamo anche gli sbocchi sul mediterraneo. Se solo riuscissimo a comprendere tutto ciò, Latina e Frosinone, da carro merci, potrebbero diventare una locomotiva».

 

Cosa dovrà fare il prossimo presidente della Regione?
«Nicola Zingaretti non ha fatto male. Purtroppo, si è dovuto caricare una situazione pregressa pesante. Tanto pesante. Il problema è che, a seguito di tutto ciò, ha camminato. Ora si tratta di correre. A cominciare dall’uso dei bandi europei. Facendo un parallelismo con il Golf, c’è da dire che troppe palline lanciate non sono andate in buca. Ora bisogna fare in modo che tutte quelle che sono rimaste sul green finiscano nel posto giusto».

 

Un’ultima domanda. Cosa ne pensa della camera di commercio unica?
«La fusione è un falso problema. La prossima Camera di Commercio, che avrà sede a Latina, potrà produrre realmente il cambiamento di entrambe le province. Sarà l’ottava in Italia, la cui attività sarà fortissima, perché comprenderà, a differenza di altre, l’industria, il commercio, l’agricoltura, il turismo e l’artigianato.

Trovare questi cinque punti di riferimento altrove è pressoché impossibile. Il suo varo, però, dovrà basarsi su una grandissima condivisione. Anche per mandare un messaggio a una classe politica spesso litigiosa».