Galli: «Quei muri simbolo di un mondo che non sa dialogare»

Marco Galli

Sindaco di Ceprano

Marco Galli

 

di MARCO GALLI
Sindaco di Ceprano

 

Caro Direttore,
pensavamo di aver cancellato definitivamente i “muri” dalla storia dei paesi democratici e, invece, ecco che queste costruzioni riappaiono come incubi in un mondo che non sa più dialogare.

La storia, che dovrebbe guidarci verso il futuro, aiutandoci a non ripetere gli errori, sembra sconosciuta a questa pletora di novelli “adriani”.

Il Vallo non riuscì a proteggere l’impero dai barbari provenienti dalla Scozia, così come l’immensa muraglia cinese nulla poté contro la straordinaria intelligenza di Gengis Khan.

A proposito del Temüjin, va ricordato che fu a capo del più grande impero di tutti i tempi, i cui confini non erano protetti da muri o muraglie di alcun genere, ma qui il discorso, seppure affascinante, si farebbe complicato.

Tornando ai nostri politici, io ritengo che innalzare mura per difendersi dall’immigrazione provocata, per la maggior parte, da scelte sbagliate dei governi occidentali, è oggettivamente un atto vigliacco e una resa incondizionata dell’intellighenzia.

Viviamo indubbiamente un momento storico difficile, aggravato da una crisi senza fine, ma abdicare al populismo, significa non risolvere i problemi, ma soltanto spostarli più avanti, aggravandoli con conseguenze difficilmente immaginabili.

Adesso poi, con le politiche protezionistiche e iperconservatrici del neopresidente americano, quel Trump tanto rispettoso delle donne, la questione dell’isolamento diventa ancora più stringente. Servirebbero intelligenza e grandi capacità politiche per affrontare questo mondo in fibrillazione, dove la vita sembra valere sempre meno.

Ma la paura, spesso sollecitata ad arte dai professionisti del terrore, pare aver obnubilato la capacità di scelta delle persone, che sempre più, si orientano verso strani e pittoreschi personaggi, che fanno degli slogan e dell’arroganza le armi per rassicurare un’opinione pubblica spaventata e disorientata.

Una gara a dividere, per affermare la superiorità dei singoli, accompagnata dalla costruzione di inutili e costosissimi muri segnano la politica di questi giorni un po’ in tutto il mondo. Comprendo la rabbia di chi deve affrontare questa maledetta crisi che sembra non finire mai, ma è proprio in momenti come questi che bisogna rimanere lucidi ed evitare di cadere nella trappola dell’egoismo, della paura indotta.

Bisogna rassegnarci: i problemi complessi, non possono essere risolti con slogan sguaiati studiati per colpire l’immaginario delle persone; in altre parole, per arrivare alla pancia della gente. I problemi, storici, tra Messico e Stati Uniti, così come tra Israele e Palestina non troveranno una soluzione tra il cemento di un muro, per quanto alto sia, ma solo nella volontà e nel dialogo che dovrebbero caratterizzare ogni scelta politica. Neppure l’Europa sarà al sicuro erigendo valli per bloccare la fuga di milioni di persone terrorizzate da guerra e fame.

Cominciamo a rimuovere il filo spinato che ingabbia le idee; iniziamo ad abbattere i muri che, stringendo i cervelli, impediscono la comparsa di idee che possano davvero costruire un mondo diverso e senza conflitti.

Impariamo dalla storia, non bisogna andare molto indietro, che non servono i leader pittoreschi, urlatori di slogan populisti intrisi di odio e nulla più, ma uomini e donne portatrici di idee, che hanno voglia e capacità di risolvere i problemi dialogando, abbattendo pregiudizi e antistoriche, sinistre mura.

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