Stefano Rodotà se ne va senza lasciarci un erede (di A.Gnesi)

di Arturo GNESI
Medico – Blogger
Sindaco di Pastena

 

 

L’università La Sapienza ricorda Stefano Rodotà con una cerimonia che si terrà lunedì 26 giugno alle ore 11 nell’aula 101 della Facoltà di Giurisprudenza. Lì il feretro sarà portato dalla camera ardente allestita a Montecitorio. Ultimo passaggio di un rito del distacco umano da un uomo che tanto di sé ci ha lasciato.

Ma una cosa, Stefano Rodotà, non ce l’ha lasciata: un erede.

Chi, tra i personaggi politici che conosciamo, può essere il suo erede e chi potrà essere legittimato a proseguire le sue battaglie civili.

È stato un uomo sobrio, incapace di cedere agli umori popolari per apparire simpatico ed alzare in tal modo l’indice di gradimento. Un uomo impegnato in politica con il peso della sua cultura giuridica rafforzata dall’esperienza di rinomato docente universitario.

«L’intransigenza morale può non piacere, ma la sua ripulsa non può divenire la via che conduce a girare la testa di fronte a fatti di corruzione anche gravi. Altrimenti la caduta dell’etica pubblica diviene un potente incentivo al diffondersi dell’illegalità e a una sua legittimazione sociale».

La questione morale di cui nessuno parla è stata sempre un punto di riferimento delle sue battaglie per strappare la vocazione politica dalle mani degli affaristi e dei corrotti e soprattutto per generare all’interno dei partiti un livello di attenzione e di sorveglianza che in questi anni è andato via via scemando.

La politica che si lascia travolgere dagli scandali e i suoi uomini che sono incapaci di arginare con le leggi opportune e con atteggiamento coerenti una deriva che porta sempre più lontano lo Stato dalla gente e i cittadini dalle istituzioni.

La sua analisi sempre lucida e puntuale, mai esagerata nei toni ma tagliente come una lama di bisturi.

«In questi anni il degrado politico e civile è aumentato. È cresciuto il livello della corruzione, in troppi casi la reazione ai comportamenti devianti non è stata adeguata alla loro gravità. perché non tutti i comportamenti censurabili politicamente o moralmente costituiscono reato»

Ha provato ad abbattere i muri di gomma di un establishment che trovava sempre le scuse e gli appigli per non uscire dal palazzo, per rimanere attaccato alla poltrona, per restare sempre dentro il guscio del potere che decide le sorti della gente e il futuro del territorio.

Stefano Rodotà è stato l’interprete di una politica che sembra essersi eclissata, quella che ha sempre un obiettivo da raggiungere, un progetto da svelare e una missione da compiere, quella che è fedele alla costituzione italiana e che non abbandona i principi della solidarietà e della giustizia sociale.

Dispiacerà a qualcuno che questa visione nobile della politica sia venuta meno ?

Chi si strapperà le vesti perché è venuta a mancare una voce senza padroni e pensiero autenticamente libero?

Negli stralci dell’intervista concessa a “la Repubblica il 17 dicembre 2016 alla fine si poneva una domanda «come restituire alla politica l’etica perduta?§

 

 

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