Quel Capodanno in caserma: io, il Giargianese e il Siciliano

Fausta Dumano

Scrittrice e insegnante detta "Insognata"

Fausta Insognata Dumano

 

di FAUSTA DUMANO
Scrittrice e insegnante
detta ‘Insognata’

 

Ricordi in bianco e nero con sfumature di chi ha vissuto tra due culture. Due mondi vicini ma lontani, l’isola e il continente. Anche la notte più lunga dell’anno si sfuma con tradizioni diverse, la notte dove si caccia il passato e si brinda all’anno nuovo.

Ah credici. Sono sempre stata circondata da riti e formule: le lenticchie devi mangiarle, altrimenti niente soldi; dovrei essere milionaria. No le lenticchie devi portarle in un sacchetto nella borsa; ah quest’anno girerò con una confezione di lenticchie. Slip rossi: una carrellata; solo ora scopro che vanno gettati la mattina dopo. Devi incontrare un gobbo, uno di sesso opposto. Devi mangiare il melograno, l’uva, i semi del mandarino.

Ad Arpino si getta il passato dalla finestra con oggetti inutili, diventati ingombranti. In sicilia si spara con la lupetta. Ad Arpino con i botti.

Ricordi in bianco e nero di una notte di San Silvestro incrociando i due mondi ad Arpino. Correvano gli anni 70, notte di fine anno al Cavalier d’Arpino. In quell’epoca anche l’ultimo dell’anno si doveva celebrare con la famiglia. E’ il ’77 che ha cambiato la tradizione.

Il cenone era un must. Ah potevi anche ballare. Al Cavalier d’Arpino incontravi lui, il commendatore Iannuncelli: un intellettuale, uno che ha pubblicato tanti opuscoli legati ad Arpino. Lui viveva tutto l’anno nella pensione del Cavalier d’Arpino. La notte di San Silvestro si univa al nostro tavolo.

Anni ’75, ’76… Ricordi sfumati… C’era un amico siciliano, di quelli che sparavano con la lupetta. Non sarebbe stato opportuno sparare nel locale, così ottenni il permesso di andare con lui in piazza all’aperto. Attraversare il paese a piedi: un delirio, bisognava stare attenti al lancio degli oggetti, sembrava una guerra con un nemico sconosciuto. Nel cammino incontrammo il Giargianese un uomo che nei miei ricordi arpinati ha avuto un ruolo.

Non saprei ricordarmi se l’abbia mai visto lucido. Credo che abbia fatto più comizi lui alla luna e al sole di qualsiasi politico. Con il tempo ho imparato che lo chiamavano ‘giargianese’ perché i suoi comizi erano incomprensibili, non perché fosse imbroglione. Ricordi in bianco e nero. Il Giargianese aveva un figlio, diciamolo era un bel ragazzo. Non aveva molta voglia di studiare, ma la mia mamma, insegnante di matematica l’aveva adottato, come aveva in fondo adottato tanti giovani. Ricordi in bianco e nero… io mai ‘na gioia a questa mamma, considerata una delle più brave insegnanti di matematica, smettendo il detto tale madre, tale figlia. Ma questa è un’altra storia.

Cinque lire veniva chiamato questo ragazzo, perché chiedeva a tutti cinque lire… Ricordi in bianco e nero… Con cinque lire compravi cinque mentine, sembrano ricordi di archeologia ma sono di quella generazione che con diecimila lire era ricca, con ventimila lire eri una ‘sporca capitalista’. Cinque lire non comprava solo mentine, mise da parte un bel gruzzoletto e un giorno partì per la Germania. Sembra una fiaba, sposato con una bella ragazza bionda:li ho visti felici insieme. Poi Cinque lire è tornato da solo. E quella notte di Capodanno, stava lì, sul nostro percorso, mentre noi andavamo a sparare con la ‘lupetta’.

Il Giargianese nel vedere un uomo con la lupetta cominciò a urlare. Nella frazione di un attimo arrivò una Volante, a quei tempi non ero ancora conosciuta dal maresciallo. Un Capodanno in caserma ad attendere l’arrivo di mio padre, nel tentativo di spiegare che in Sicilia, la notte di San Silvestro si spara con la lupetta, caricata con colpi giocattolo .

Ogni volta che nell’archivio di Piero Albery vedo una foto del Giargianese mi ricordo che una volta ho cominciato l’anno nuovo in una caserma: io, il siciliano e il giargianese.

Ricordi in bianco e nero che ogni tanto affiorano… Poi sono arrivati tanti Capodanni… Ma quel Capodanno ha lasciato un segno… in bianco e nero.

 

Foto: copyright Archivio Piero Albery, per gentile concessione dell’autore

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