La voglia di parlare di Anna ‘la muta’ (di F.Dumano)

Fausta Dumano

Scrittrice e insegnante detta "Insognata"

di FAUSTA DUMANO
Scrittrice e insegnante
detta ‘Insognata’

 

 

​Ricordi in bianco e nero… Sul viale Belvedere, chiamato comunemente Fuoriporta arriva lei, la signorina Anna, crudelmente chiamata ”La Muta”.

A volte i sopranomi sono spietati, irrispettosi. La Muta in realtà aveva una gran voglia di comunicare, si sforzava fino all’estremo per farsi comprendere, a volte si arrabbiava quando non riuscivi a comprenderla. Si arrabbiava anche quando comprendeva che qualcuno la stesse prendendo in giro. Sono sempre stata convinta che la signorina Anna (chiedo venia se ricordassi male il suo nome, ma i ricordi con il tempo si sbiadiscono) non fosse sordomuta,ma solo muta. Di certo la cagnolina si chiamava Sofia e la portava spesso con se.

Sulla panchina è poggiata una borsa, credo fosse tra le sue preferite, ricordo di averla vista spesso. Era una lavoratrice instancabile, faceva la colf, la baby sitter di una famiglia nota di Arpino, i Loyola, che abitavano a pochi metri da casa mia. Mia madre frequentava la signora Loyola, perché insegnavano nella stessa Scuola Media… Ricordi in bianco e nero… lei insegnava Francese, mia madre Matematica e Scienze. Il Loyola invece era il notaio. In quella palazzina abitavano pure altre due sorelle, la mitica professoressa di Filosofia, la Lorenzina, e la professoressa di greco, Adelaide. Quest’ ultima frequentava casa di mia nonna, dove di pomeriggio d’estate c’era una specie di circolo femminile, dove mia madre con le sue amiche giocavano a scala quaranta, in quegli anni gli uomini giocavano al circolo Tulliano, a pochi metri da casa di nonna, ma questa è un’ altra storia, che racconteremo.

Loyola erano pure Donatella, Giovanni, Benedetto e Natalia, che fanno parte di tanti ricordi in bianco e nero…

Ricordi in bianco e nero… La signorina Anna attirò la mia curiosità da subito. La mia nonna, che da sempre ha contribuito ad alimentare la mia fantasia (correvo sempre da lei per trovare una risposta ai mille perché) mi raccontò il mito di Eco, costretta a ripetere sempre quello che udiva. Come punizione, non poteva elaborare un suo discorso.

Ricordi in bianco e nero… Nel ’77 divenne involontariamente il simbolo dello sciopero della parole delle donne, lo sciopero femminista della parola. Al Governo Vecchio, la casa occupata dai movimenti delle donne, sentii parlare di questo strano sciopero. Strano per me. L’inutilità del parlare, mentre attorno nei collettivi della sinistra si ”vomitavamo fiumi di parole”. Io avevo da poco conquistato la parola nelle assemblee studentesche, avevo da poco vinto la mia timidezza che mi impediva di parlare. Ricordi in bianco e nero, dissi: «Ad Arpino c’è una donna, che lo sciopero della parola lo fa da anni».

In realtà credo che la ”Muta” sia stata più desiderosa di comunicare, lo faceva con quegli occhioni, con i suoi sguardi. Comunicava con il linguaggio del corpo. Quando era più giovane si truccava con molta cura. Ricordi in bianco e nero, quel soprannome crudele ”La Muta”era proprio inopportuno per una donna così desiderosa di comunicare.

Ricordi in bianco e nero. A quei tempi le famiglie dell’ alta borghesia avevano ”una donna tuttofare”che viveva in famiglia. Erano le ”badanti”. Oggi ai ragazzi delle nuove generazioni sembra strano, le badanti sono in maggioranza straniere. Ricordi in bianco e nero che si fanno a colori: va riconosciuto alle badanti migranti di aver dato un tocco di vitalità agli anziani. Spingono sedie a rotelle di anziani e anziane, che altrimenti sarebbero rimasti a casa.

Ricordi in bianco e nero la prima baby sitter straniera che affiora nei miei ricordi ad Arpino era australiana, Pola: era la baby sitter dei marchesi Rappini, a cui abbiamo già dedicato la nostra attenzione (leggi qui “L’elegante Marchesa Rappini Velani ed i suoi artisti”). Ricordi in bianco e nero… La giovane australiana spesso camminava scalza anche in piazza Municipio, attirando su di lei il chiacchiericcio. Era molto bella, ricordi in bianco e nero, rapì il cuore di un mio cugino Antonio Cossa, fu la sua prima moglie. Ma questa adesso è un’ altra storia.
Foto: copyright Archivio Piero Albery, tutti i diritti riservati all’autore

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