A gonfie vele (di G.M.Sacco)

Grazia Maria Sacco

Vivo i tramonti come le albe. Con il sorriso. Ad occhi aperti e a piedi nudi.

di Grazia Maria SACCO
Avvocato e blogger
Nel Salotto di Grazia

 

 

Ci sono viaggi che si attaccano alle ossa in modo caparbio , e che divengono voce ininterrotta di un racconto inedito, che si fa strada dentro di te e ti punge all’improvviso, come fanno i ricordi, quasi fossero zanzare moleste e dispettose che in piena estate ti destreggi e incaponisci a catturare al buio con le mani.

 

Così una partenza last minute, e molto abbandonata alla sorpresa di un itinerario per nulla studiato o anche soltanto esplorato , fosse soltanto attraverso i diversi click offerti dalla rete, diviene scenario di bellezza inaspettata, e soprattutto fa riaffiorare distese di tempo sereno, appartenenti ad età un poco lontane nel tempo , e soprattutto legate a persone care, il cui affetto galleggia dentro la tua anima , a formare un substrato di amore così radicato da diventare pavimento morbido e accogliente di tutto ciò che la vita ti riserva.

 

A Pag, in questa isola di pescatori e di ricamatrici di merletto, tanto da costituire quest’ultimo un vanto esportato in Europa e da valere un Museo dedicato allo stesso, ho respirato la semplicità di un popolo che si affaccia da poco al turismo, fra un’indolenza ancora non sufficientemente svezzata dalla massa di stranieri che vi accorrono e la pelle segnata dalla sofferenza di una guerra civile che ha fatto conoscere miseria e isolamento.

 

Sembrerebbe, detta così, un’isola triste, ed invece nella sua nudità, fuori dai locali di divertimento al massimo, imposti dalla imperante cultura del rumore, quello sparato dentro le orecchie a prova di sordità immediata, si apre la vita, nella sua manifestazione più pulsante e vibrante, nella vegetazione selvaggia che si radica sotto i fondali, che si arrampica fra gli scogli, ignara di regole e ribelle ad ogni previsione morfologica.

 

Qui, in una paesaggio a volte perfino lunare, ove dune bianche , che farebbero pensare al candore di un assolato deserto, precipitano all’improvviso in distese d’acqua cristalline e turchesi, ti viene voglia di vivere così come ti viene; scalza, senza memoria dei più banali formalismi, affidata alla brezza che conduce le vele della barca fra le diverse e nascoste calette, pensando che ogni cosa che conta, forse, sta nascosta dietro qualcosa di più evidente , ma meno importante.

 

Ti si allarga il cuore, dunque, e mentre il wi-fi non prende, l’isola si arrotola in fretta su stessa, non puoi visitare negozi griffati, e il silenzio anticipa , anzitempo, il calare del sole, senti un groviglio al centro del cuore, hai come la sensazione che di colpo sai abitare anche il nulla, e che questo nulla, anzi, ti appaga e ti fa felice come se fosse quel tutto indefinito per cui arranchiamo, soffriamo, agogniamo e ci struggiamo.

 

D’un tratto si rievocano ai miei occhi le estati di infanzia: erano dai miei nonni, in una casa in piena campagna, immersa in un’atmosfera rurale, quella delle coltivazioni di tabacco ove noi bambini correvamo e ci pungevamo le gambette secche e lunghe , ove mietere il grano era una festa folkoristica e i tramonti drappi rossi che incastonavano racconti di anziani ritornati dal lavoro nei campi.

 

Non avevo videogiochi, non c’era il mare a pochi passi e attrattive di giochi di diverso genere: ma c’era un’aria fine, di sottile e impercettibile serenità, quell’aria sospesa, come al tramonto sono sospesi i giorni fra il sole che cala e la notte che avanza; in quel tempo , in quella sospensione magica, dove non si è ancora nel passato, ma nemmeno nel futuro, ho cucito i ricordi più belli e soprattutto ho capito come la bellezza nasca sempre da un limite, da una malinconia, che non è tristezza o pessimistico gesto di sudditanza agli eventi, ma capacità di fare di ogni momento, di ogni circostanza della vita, soprattutto quelle non desiderate e negative, occasione di creazione, destinazione di un desiderio, casa per un nuovo sogno, culla di una giovane speranza, erba fresca in cui ripararsi dal cocente ardere di una delusione.

 

Abitare un dolore , valicare la finitezza di un limite, sostare davanti ad un sogno negato, attenendo che la chiave giusta indovini la combinazione, è il segreto per sentirsi vivi sempre, per restare protagonisti del proprio destino e lasciare una traccia di sé sopra questa enorme tela che è la vita, disegnata dalle leggi della scienza e della natura, e misteriosamente sottratta alla comprensione umana.

 

È nella fragilità di quando non abbiamo ciò che desideriamo o paghiamo il dolore di un’assenza che ci apriamo come fisarmoniche all’infinito di ciò che siamo, e soprattutto scopriamo altre ed avvincenti parti di noi stessi.

 

E forse il viaggio è più che ogni altra cosa questo: solleticare , ogni volta, un tasto diverso di tutti quelli che abbiamo dentro e far sgorgare melodie differenti, adattate alle terre che si percorrono, ai volti che si incontrano ed ai momenti interiori che accompagnano le partenze.

 

Sollevare , ogni volta, uno strato diverso e scoprirsi: questo il percorso, che vale più della meta.

 

E nelle spiagge isolate e di una bellezza eterea di Pag comprendi come tutto sia infinito, e come proprio tale infinto, così per natura ed inesorabilmente sfuggente, sia la molla, l’arco che ci proietta sul percorso della vita.

 

Possiamo decidere di sovraccaricarlo di domande senza risposta, di maledirlo quando non ci corrisponde, di temerlo nel suo avanzare, o di farci bagnare dallo stesso, attraversarlo con consapevolezza, farne un rapimento e una vocazione: sentircene parte e quindi farci voce narrante , tesserlo alle nostre vite, scoprirne l’essenza ed amarlo, perché, come mi ha sempre mostrato mia nonna, nessun amore è invano.

 

L’amore permea , inzuppa la vita come una pioggia incessante fa con i vestiti leggeri d’estate: anche quando è negato, interrotto, non corrisposto, maltrattato ed usato, chi vive con amore porta e attrae luce.

 

Sempre e ovunque.

 

Ps: per chi fosse stuzzicato dall’idea di visitare Pag, non perdetevi le spiage di Lun, Rucica, Beritnica, Metajna e Simuni.

Immagazziniamo bellezza per esportarla!!!

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Foto: copyright Domagoj Sever, all rights reserved to the author

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