Tutta un’altra storia, intitolata “Crossfit 529” (di G.M. Sacco)

È il dilemma di settembre. Di solito si presenta in ottima compagnia. Insieme al dubbio se resistere ancora con la maglietta sottile a maniche corte o cedere un primo timido passo ai golfini sulle spalle o alle camicie che coprono le braccia.

Grazia Maria Sacco

Vivo i tramonti come le albe. Con il sorriso. Ad occhi aperti e a piedi nudi.

Te lo vedi affacciarsi mentre allo specchio ti controlli la gradazione dell’abbronzatura per verificare che l’ultimo acquisto fatto in profumeria, quel bagno doccia che la commessa ti ha spacciato come l’elisir della tintarella assicurata fino a Natale, sia l’ennesima “sola” che hai rifilato.

Si insinua pesantemente sotto i primi rotolini che le vacanze ti hanno lasciato come souvenir, a ricordarti gli aperitivi lunghi e quotidiani vissuti in riva al mare, davanti al tramonto, giurando a te stessa che tanto: da settembre dieta, e sport, tanto sport soprattutto.

In altri periodi, in questo preciso momento che segna l’inizio di tutti gli appuntamenti dati a noi stessi, molti dei quali destinati asd essere mancati, avrei tergiversato fra molteplici corsi, interrogando le amiche su un istruttore piuttosto che un altro, inseguendo la novità del momento, senza un luogo o una disciplina che mi richiamasse a sé con convinzione e attenzione.

Tutto questo prima di scoprire che il mondo dello sport può diventare il microcosmo di una famiglia che insieme allena spirito e corpo, in una assonanza equilibrata di movimenti che sono capaci di sprigionare quella magica adrenalina che la vita di tutti i giorni ci tiene congelata in gesti e sorrisi, più di qualche volta, suggeriti da un protocollo di circostanza , la cui obbedienza ci ingrigisce il viso al pari del cuore.

Mi basta entrare nel box del mio “Crossfit 529”, per non imbiancare più esposta alla routine quotidiana, accolta e accompagnata, dai primi istanti dell’ingresso, dalla passione energetica e contagiosa di tre giovanissimi coach, che in una danza continua e cortese di pazienza e attenzione, sanno isolarti dal mondo esterno e ti conducono per mano a stretto contatto con il tuo corpo, i suoi limiti e soprattutto il potenziale nascosto dentro di te.

La parola chiave che ho subito percepito come la cifra costante di questa disciplina è la resistenza.

Una filosofia che, se applicata con credenza e fede quasi religiosa ,restituisce il senso a quella che è l’intera parabola della vita: in un cerchio, quello che spesso come inizio Veronica, Luca e Riccardo ci “costringono” a fare, capisco come uno sport, pensato e sicuramente nato come individuale, diventi momento collettivo di incoraggiamento, di sollecitazione reciproca , come se la fatica di ognuno si sommasse naturalmente a quella di tutti per conseguire l’obiettivo comune: sfidare i colpi della vita, sorprenderla quando sembra che non ci si faccia più, che il sudore abbia consumato anche la più piccola particella di vitalità di cui è in possesso il tuo corpo.

Con le maglie zuppe, le braccia che cadono lunghi i fianchi a fine lezione, ed il cuore che pompa all’impazzata, ho, credo, conosciuto la parte più autentica e vera dei miei compagni di allenamento: via il trucco dal volto delle donne più o meno giovani, via i nodi della cravatta, le isterie di una giornata di lavoro partita male dall’inizio, i saluti convenevoli all’ingresso di un ufficio o per strada davanti ad un bar.

Non abbiamo storie dentro al box: siamo tutti uguali, tutti pronti ai nastri di partenza, ognuno si con i suoi tempi diversi, la sua fatica tutta unica ed originale, ma tutti con una strana, almeno per me, consapevolezza di riuscire anche laddove qualche stonata e imperterrita vocina interna ci ha sempre detto che non saremmo mai arrivati.

E di solito la stessa vocina, nel rumore fragoroso della vita di tutti i giorni, a stretto contatto con competizioni ossessive o superficiali relazioni, si intestardisce, malamente, a pensare di essere nel giusto.

Ma poi Veronica ti fa alzare 35 kg, Luca ti insegna a maneggiare un bilanciere quasi come fossi una giocoliera con in mano tre semplici e leggeri birilli di plastica e Riccardo ti incita a stare in movimento su una bici assassina a consumare calorie su calorie che manco in tutta una vita intera di palestra hai mai bruciato.

Ogni sport si equivale, quando è soltanto ritmica del corpo, mimesi del suo cambiamento, termometro del suo benessere.

Diventa differenza quando porta con sé un messaggio e lo veicola, nel suo significato più profondo, all’interno di un gruppo, che nel suo essere multicolor, per professione, background, vissuti e caratteri, trova un’omogeneità naturale, quasi fosse un’orchestra di elementi scelti, pezzi di un puzzle che si incastrano senza forzature.

E così non sei più la bambina che restava seduta sulla panca di scuola, in palestra, dopo aver finto di aver fatto pace con i suoi limiti, resi di acciaio dalla pigrizia.

Non sei più l’adolescente che ha paura di fallire prima ancora di iniziare a mettere un piede fuori dal mondo.

E non sei l’adulta che ancora fatica a scacciare da sé il fantasma della ragazza che è stata, così poco atletica.

Sei diventata quella oltre gli ostacoli.

Perchè nulla sarà mai abbastanza difficile per te, se non quello che tu hai deciso di non tentare.

Parola di coach.

Che sa molto di famiglia e tanto di “fortuna di avervi incontrati”.

Ci vediamo fra pochissimo!

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