I miei primi 50 anni. Di donna con monnezza (da buttare) (di R.Cacciami)

Rita Cacciami

In punta di stiletto. Il veleno è previsto nella ricetta.

di RITA CACCIAMI
Vice Direttore
L’Inchiesta Quotidiano

 

 

“Sarà capitato anche a voi…” ma non di avere la musica in testa. Chi ricorda la canzone di Sylvie Vartan ha i miei anni e quindi ha buttato tanta di quella monnezza da riempire una discarica intera. Al punto da meritare una laurea honoris causa in svuotamento secchi e riempimento cassonetti. Oggi mastelli, che fa tanto snob.

Il risultato, fattore per fattore, non cambia mai e va sempre in quel posto oscuro dell’ortolano.

Infatti, è nei ricordi. Quando ero piccola e andavo a scuola, visto che ero di passaggio nel portone (come se gli altri volassero fuori dal balcone) mi si affibbiava volentieri la busta del giorno. Crescendo, ho sperato che questo odioso rituale diventasse appannaggio di altri. Ed infatti per un po’ è andata così. Ma poi c’è stata l’università fuori sede. E quindi, monnezza e buoi dei paesi tuoi, me la sono dovuta cavare da sola.

Quando a Roma è arrivata la differenziata, io ero già tornata in provincia e con la fede al dito. Complici le numerose trasferte, i rifiuti dovevo però smaltirli da sola. Mentre i figli strepitavano. Uno nel passeggino, con una incontrollabile allergia alle scarpe di primo mattino. L’altra decisa a non frequentare il terzo anno di asilo perché “troppo grande” per stare con quei mocciosi.

Scorrevano gli anni. Puntualmente e con fiducia posizionando il sacchetto quotidiano sul ballatoio. Per ritrovarlo sempre lì dopo il passaggio di tre quarti della famiglia.

A seguire è andata anche peggio. Con l’avvento della differenziata e l’ingresso dei mastelli colorati, a casa mia hanno pensato che mi sarei divertita un mondo a suddividere i rifiuti. Sì, hanno usato proprio quel termine. E quindi mi hanno lasciato fare. Perché potessi godere appieno di questa gioia infinita. E ancora oggi, strepitando e inseguendoli fino alla macchina per lanciargli dietro qualcosa da gettare, stimolo ancor di più la loro fantasia.

Ormai è guerra aperta. Sono arrivati anche ad infilare la carta dentro le bottiglie di plastica vuote. Pur di farmi dispetto. Perché non bisogna obbligare, ma attendere che arrivi la voglia di fare qualcosa.

Quando, di grazia, avverrà il miracolo? Ah, già. Deve essere quello stesso momento in cui anche in ufficio capiranno che nel cestino sotto la scrivania si lanciano pallette di carta. Non bucce di banana. E nemmeno noccioli di ciliegie. Tanto meno le cicche.

Vi terrò aggiornati. Se vorrete.

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