Mio marito continua a picchiare… (Lo stiletto di Rita)

L'immagine quotidiana di una donna 'normale' che vive invece l'incubo della violenza domestica. Perché le vittime sono donne normali. Se non vogliamo vederle

Rita Cacciami

In punta di stiletto. Il veleno è previsto nella ricetta.

Mio marito è un ottimo chef. Senza dubbio. Eppure nella vita fa l’ingegnere. Cucinare lo rilassa, dice.

Sarà pur vero, ma è evidente che non accade quando in casa ci sono anche io. Sebbene dica che lavoro troppo e che dovrei essere più presente nella vita di nostro figlio, non passa giorno che non si assicuri che mi sia stancata abbastanza, dandomi ulteriori compiti in aggiunta a quelli che già affollano la mia lista di doveri.

Quel “puoi passare in farmacia” che suona subito come un devi. E poi c’è la commissione in banca e la lavanderia, il ritiro del pacco all’ ufficio postale e le spezie indispensabili per quella ricetta appena vista in TV. Non c’è più tempo per la mia palestra e andare dall’estetista una volta al mese è ormai un lusso.

Dei (sempre pochi) soldi che guadagno e che nulla aggiungono al benessere familiare, tutto improntato al maschile, non posso disporre. Ho già troppe scarpe nell’armadio. E sembra che compri solo quelle.

A volte penso che sarebbe facile mettere nello zaino e non tornare dopo la scuola. Sì, perché io insegno. O meglio, da tempo imparo molto e trasferisco poco. Colpa dello stress. E dei lividi che mi porto dentro. Ben nascosti.

Temo che qualche alunno se ne sia accorto. Le colleghe no, sono troppo prese da sé e dalle funzioni obiettivo da raggiungere. Se zoppico non se ne accorgono. Se ho un labbro gonfio sarà sicuramente un herpes.

Ho detto tante volte che non sarei tornata. Eppure sono ancora qui.

Stasera, spaghetti con le vongole. Lo guardo mentre il coltello va su e giù velocemente. Per triturare il prezzemolo. E vorrei dirgli che adesso basta. Non voglio più subire, voglio tornare ad essere una donna libera. Di pensare, di agire. Di piacersi.

Poi guardo la lama e guardo lui. E sento una fitta allo stomaco. Lavo il coltello e lo nascondo nel cassetto.

Per questa sera è andata, mio figlio viene a tavola, sorride. Ha fame. E io ho voglia di vivere. Nonostante tutto.