Quella notte che Buddy Guy e Junior Wells fecero grande Liri Blues (di L.Duro)

Luciano Duro

Narratore e Sognatore

 

di Luciano DURO
Narratore e Sognatore

 

 

Ho avuto la fortuna nel 1989 di presentare il cast artistico più importante in 30 anni di “Liri Blues”. Un’opportunità irripetibile oggi, forse perché allora il blues non aveva la grande popolarità di oggi. Le grandi agenzie privilegiavano artisti rock e pop ed ancora non si erano rese conto del suo potenziale. I costi erano molto più accessibili ed i musicisti stessi a quei tempi, accettavano contratti senza dubbio più vantaggiosi in Europa che in America.

Così come negli anni ‘60 un manipolo di musicisti bianchi inglesi aveva dato celebrità a bluesmen dimenticati o sconosciuti al grande pubblico, interpretando in chiave rock-blues i loro brani, nel 1980 una coppia di bianchi John Belushi e Dan Aykroydun nel film “The Blues Brothers”, aveva riportato in auge vecchi bluesmen che vivevano un periodo di magra dopo il boom di quei favolosi anni ‘60. Fu così che con un budget molto contenuto allestii un festival con Albert King, Buddy Guy, Jimmy Walker, Louis Myers, Hubert Sumlim, Pinetop Perkins e Junior Wells, nomi che hanno segnato la storia del blues.

Inserii nel cast Buddy Guy nel suo momento più creativo. Aveva un sodalizio artistico, durato anni, con un altro grande, Junior Wells, probabilmente il più innovativo armonicista blues.

L’agenzia italiana aveva messo in guardia l’organizzazione sul carattere difficile di Buddy Guy, forse perché essendo un festival alla seconda edizione dubitavano dell’accoglienza e del rispetto di tutte le norme contrattuali. Non fu così, la band arrivò in un caldo pomeriggio di luglio, l’unico giorno che non piovve, con un pullman gran turismo e Buddy Guy si mostrò subito socievole e disponibile, si intrattenne con i ragazzi a bere qualcosa da Jelly Pop, fece il soundcheck e poi andò a riposare in albergo.

Junior Wells era taciturno. La sua era l’aria di chi non aveva tempo da perdere, non parlò quasi mai e sembrò essere un corpo estraneo alla band, probabilmente si rendeva conto che l’unione con Buddy Guy era quasi al termine ed infatti i due che insieme avevano inciso storici album si sarebbero separati da li a poco. Non andò a riposare, girò da solo per i vicoli di Isola del Liri e sostò a lungo ad ammirare la cascata.

La sera, tutto era pronto e la piazza non riusciva a contenere i tanti appassionati giunti da ogni parte d’Italia, c’era un’aria di festa popolare che subito incantò i musicisti perché in fondo il blues è musica del popolo, il nostro non è mai stato festival a pagamento, ha sempre avuto una ineccepibile organizzazione ma nessuna rigidità o inopportuni schieramenti di forze dell’ordine, in piazza c’erano donne, bambini, giovani e meno giovani tutti ad attendere con curiosità e rispetto l’inizio del concerto.

Sul palco la freddezza di Junior Wells subito si sciolse in un susseguirsi di duetti con Buddy Guy, l’armonica e la chitarra incominciarono a parlare tra di loro e sembrava raccontassero una storia che entrambi sapevano arrivata ormai a conclusione. Il soffio di Junior Wells era spesso incalzante e gioioso, a volte lancinante e triste, Buddy Guy rispondeva con lunghi e sapienti assoli e spesso i due si sovrapponevano come in un improvviso alterarsi quasi a volersi rimproverare un qualcosa a noi sconosciuto, la band li supportava in maniera egregia ma nonostante l’impegno il discorso era tra i due e gli altri ne erano esclusi.

Era un concerto di grande musica ma anche di toccante poesia… Poi improvvisamente andò via la corrente ma parve che ai due non importasse gran che e continuarono a suonare anche se a sentirsi era solo l’armonica, corremmo per ovviare al guasto e subito tutto fu ristabilito. Il concerto continuò per quasi due ore, Junior Wells e Buddy Guy avevano molto da dirsi e si parlavano nella maniera a loro più congeniale.

A tarda notte ci vedemmo tutti da Scala per la prevista cena, e fu allegria e un gran bere birra e vino Buddy Guy allegro e Junior Wells taciturno, neanche il vino riuscì a sciogliere la sua tristezza anche se fu molto gentile ed apprezzò il buon cibo italiano come fanno del resto gli americani. Ci lasciammo che era quasi mattino, ci salutammo con un abbraccio e Buddy mi disse – «Senti amico, sono stato bene qui ma la prossima volta che vengo non mandare via la corrente».

Non ho più rivisto Buddy Guy, adesso è molto famoso anche tra il pubblico del rock, sarebbe impossibile riportarlo al “Liri Blues”, ha ormai più di 80 anni e si muove poco, ha un suo club a Chicago ed Eric Clapton ha più volte detto che è il più grande chitarrista vivente e che da lui ha molto imparato.

«Buddy Guy è stato per me ciò che probabilmente Elvis è stato per altri. La mia rotta era ormai decisa, e lui fu il mio pilota». (Eric Clapton)

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