Con i mariti ci vuole… molta pazienza

Maria Rita Scappaticci

Psicologa e blogger

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di MARIA RITA SCAPPATICCI
Psicologa e blogger

 

 

Erano arrivati puntuali al primo appuntamento.

In realtà più che marito e moglie sembravano la proprietaria col suo cane. Lei di corsa, testa alta e sguardo fiero di chi sa già di avere ragione. Lui testa bassa, braccia a penzoloni e aria di rassegnazione.

La signora aveva chiamato perché aveva necessità di ritrovare un giusto modo per comunicare col suo consorte: sosteneva che lui ormai non la ascoltava e non riusciva più a condividere nulla. Lui aveva semplicemente taciuto anche a questa ennesima esigenza della moglie pur di evitare “ripercussioni”.

L’esposizione della loro storia non lasciava molto margine di immaginazione su come andavano avanti le loro conversazioni di routine. Lei aveva rimbrottato per 45 minuti di fila una serie di colpe al suo coniuge con una voce alta, frettolosa che tutti gli ascoltatori della stanza avevano fatto fatica a seguirla. Lui l’aveva persa di vista al primo acuto lanciato mentre stava parlando della tenda da decidere per sistemare il nuovo appartamento.

Tutto sommato, ad ascoltarla bene, con molto attenzione, la signora non diceva cose sbagliate: voleva che il marito si assumesse la sua parte di responsabilità e condividesse idee, opinioni e operatività casalinga. Cosa che è assolutamente auspicabile in un rapporto a due.
Ciò che le sfuggiva era il suo moto perpetuo e costante di rinfacciare le cose in quel modo così brutale e animalesco che non si poteva proprio tollerare.

Lui aveva solo risposto che alcune volte, di primo mattino, sua moglie invece di dargli il buongiorno iniziava, già pimpante, la lista delle cose da sistemare. Rincarando la dose sottolineando di quanto lui fosse lascivo e poco presente.

Chiesi alla signora di fare un esperimento: la prossima volta in cui si fosse trovata a rimproverare il marito per qualcosa di storto avrebbe dovuto ascoltarsi. Ma non tanto il contenuto del suo discorso ma il tono della sua voce.

Qualche settimana dopo la signora tornò da me e mi disse che aveva provato a fare quella cosa e che aveva ascoltato attentamente il tono della sua voce e dopo cinque minuti di discussione si era dovuta fermare perché il suo tono era stato talmente fastidioso da definirsi a se stessa insopportabile.

Il marito non credeva alle sue orecchie.

Finalmente era riuscito a spiegarle come mai, di tutte le cose che la moglie gli aveva fatto notare, nel suo cervello non vi era alcuna traccia.

Ebbene come vi sentireste se appena svegli qualcuno al posto di un sacrosanto caffè vi servisse un sermone di urla e lamentele per colazione? Pensate che sareste in grado di ricordare ciò che avete udito? Sicuramente no.

A volte per parlare col coniuge scegliamo il momento peggiore. La situazione in cui siamo più arrabbiati perché abbiano notato la cosa che non va ed esplodiamo di rabbia.

Di fondo in quel momento non vogliamo inviare un messaggio funzionale ma solo lamentarci e sfogarci.

Ed è proprio quello che arriva: uno lungo noioso e borioso sfogo che non ottiene nessun risultato se non quello di passare per le rompiscatole del momento.

Ebbene se proprio volete ottenere un risultato il momento giusto per chiedere una cosa è quando si è tranquilli e si è in grado di usare un tono di voce normale e soprattutto capire quando c’è la massima attenzione e se non c’è richiederla prima di iniziare qualsiasi argomentazione.

Si sa con i mariti ci vuole pazienza!

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