5 Stelle nel caos, scaricati anche da Grillo. E alla fine arriva Zingaretti

Movimento sull’orlo di una irreversibile crisi di nervi. E di identità. Il fondatore “distrugge” il quesito con il quale gli iscritti votano oggi sull’autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini. Il presidente del Lazio capisce che si apre uno spazio che il Pd non può non “aggredire”. Con o senza Matteo Renzi.

C’ è una rottura tra il Movimento Cinque Stelle e la sua leadership”. La frase di Nicola Zingaretti evidenzia la strategia del presidente della Regione Lazio nel caso diventasse segretario del Partito Democratico. Insieme ad altri “pilastri” del suo convincimento politico: 1) richiesta di elezioni anticipate nel caso di crisi di governo; 2) Paolo Gentiloni presidente del Partito. 

Dunque Zingaretti esce allo scoperto: lo fa nel giorno del confronto con Maurizio Martina e Roberto Giachetti. C’è un unico punto che non può chiarire perché non dipende da lui: le scelte di Matteo Renzi, l’eterno convitato di pietra di una stagione congressuale lunga un anno. Da quando cioè c’è stata la sconfitta, anzi la disfatta del 4 marzo 2018. Giorno nel quale però Zingaretti ha vinto le regionali del Lazio in controtendenza nazionale.

Certamente una scissione nel Pd sarebbe difficile da gestire. Ma anche da spiegare. Soprattutto da parte di chi non ha fatto altro che ripetere che Massimo D’Alema e Pierluigi  Bersani hanno contributo a distruggere il partito con la loro uscita. In realtà non ci sono spazi diversi da quelli che appaiono nella fase politica attuale. E non ce ne saranno per diverso tempo. Da una parte un centrodestra a trazione leghista largamente maggioritario. Con Forza Italia che non ha possibilità di incidere sulla linea politica.

Dall’altra un centrosinistra che può recuperare terreno proprio guardando all’elettorato deluso e smarrito dei Cinque Stelle. Il quesito sull’autorizzazione a procedere per il ministro Salvini è la sintesi della crisi del Movimento. Si vota oggi sulla piattaforma Rousseau.

Ecco il quesito:

“Il ritardo dello sbarco della nave Diciotti, per redistribuire i migranti nei vari Paesi europei, è avvenuto per la tutela di un interesse dello Stato? – Sì, quindi si nega l’autorizzazione a procedere – No, quindi si concede l’autorizzazione a procedere”.

Il fondatore dei Cinque Stelle Beppe Grillo lo ha distrutto così in un tweet: “Se voti Si vuol dire No. Se voti No vuol dire Si. Siamo tra il comma 22 e la sindrome di Procuste!“.

Citando cioè il celebre paradosso del romanzo Comma 22, dove la facoltà di scegliere è solo apparente e la sindrome che indica, in una persona, il disprezzo per chi è considerato avere un maggior successo. Nel suo piccolo alessioporcu.it aveva parlato di sindrome di Stoccolma… (leggi qui La “sindrome di Stoccolma” che rischia di azzerare i Cinque Stelle)

Avevamo anche lanciato un guanto di sfida agli eletti a 5 Stelle sul territorio: dire pubblicamente cosa avrebbero votato. A favore o contro l’autorizzazione a procedere? L’unico a rompere il muro di silenzio è stato il consigliere comunale di Anagni Fernando Fioramonti. Che dice “la faccia per esprimere la mia opinione sul caso Salvini ce l’ho messa. E ce l’ho messa in pubblico sul mio profilo social. Questo ha attirato tanti strali ma votare per il non luogo a procedere significa buttare al cesso 7 anni di attivismo sul territorio per portare al governo un sogno, un sogno che si sta trasformando in un incubo”.

Comunque i Cinque Stelle sono nel caos, con i vertici lontani anni luce dalla base ma anche da Beppe Grillo.

Nicola Zingaretti ha capito che si sta aprendo uno spazio enorme. Che il Pd non può non “aggredire”. Con o senza Matteo Renzi.