L’affondo del sindaco: «Peppì perché non ti candidi con me?»

L’affondo del sindaco arriva nel bel mezzo del pranzo. Tra un risotto al gorgonzola di Picinisco con salsiccia di casa al quale sta per seguire un saporito piatto con costatelle di maiale cotte nel sugo per due ore. Giuseppe Golini Petrarcone si alza dal suo tavolo e raggiunge quello di fronte, nel quale siedono il procuratore della Repubblica di Cassino Luciano D’Emmanuele, il presidente del Tribunale Amedeo Ghionni ed il presidente degli Avvocati. Mette la mano sulla spalla di Giuseppe Di Mascio, presidente del Foro ma soprattutto leader di una lista civica che finora è sempre stata all’opposizione del sindaco. A bruciapelo domanda «Peppì, perché non ti candidi con me?»

La forchetta con la carne di suino resta a mezz’aria. Giuseppe Di Mascio volta lo sguardo alla sua destra, poi guarda l’avvocato Sandro Salera che gli siede accanto. Fissa Petrarcone come a dire: «Ma mi stai a piglià pe’ culo?».

Il sindaco incalza: «No, dico sul serio. Tu rappresenti quell’elettorato che comunque mi è vicino, interpreti quella voglia di rigore e legalità che sarebbe un ulteriore valore aggiunto per la mia amministrazione. Completeresti un ragionamento politico. Pensaci».

Giuseppe Di Mascio ha smaltito da poco l’amarezza per la mancata candidatura a sindaco sotto la bandiera di Forza Italia. Guarda i sondaggi che indicano la posizione di Carlo Maria D’Alessandro, che gli è stato preferito da Mario Abbruzzese e che lui considera poco più di un usurpatore. «Contro di te non ho niente – ammette con la forchetta ancora a mezz’aria – è amministrativamente che non sono d’accordo».

Il sindaco non desiste: «E che significa? Vieni a dare quel valore amministrativo che secondo te manca».

La cosa resta così. Poi, dopo il secondo piatto arrivano il caffè ed i dolci. I due Peppino si salutano, escono dal Civico Sociale. Me nessuno dei due ha offerto l’amaro all’altro.