Segreteria Pd, l’ultima cena prima del grande accordo

Il segretario provinciale del Pd alla componente più numerosa, la presidenza del Partito alla seconda componente: l’ipotesi di accordo per arrivare ad un congresso unitario del Partito Democratico è questa. L’ha illustrata ieri sera il senatore Francesco Scalia agli alleati ed ai colonnelli della componente riuniti al ristorante Primavera di Ferentino.

Il fronte di Francesco De Angelis propone di chiudere così la partita del prossimo Congresso Provinciale, evitando scontri e confronti che rischiano comunque di lasciare il segno. E siccome l’ex eurodeputato di Ripi ritiene di avere i numeri dalla sua parte, rivendica l’onere di indicare il nome del futuro segretario provinciale. Lasciando all’area Scalia il compito di designare la seconda carica del Partito. Niente nomi per il momento: prima l’intesa sul metodo e poi le eventuali pregiudiziali sui nomi.

Il senatore Scalia ha spiegato i pro ed i contro di quella proposta. Ai suoi quadri ha detto che i margini per la discussione ci sono, il percorso politico sul quale lavorare è sottile ma esiste. Però è necessario innanzitutto decidere se quella proposta sta bene alla componente oppure no.

E la risposta non c’è stata. La sala si è divisa tra i si ed i no. Un no detto con estrema chiarezza è stato quello del principale alleato di Scalia in questa scalata con cui portare Alfieri alla Segreteria: il deputato Nazzareno Pilozzi. Anche lui ha tirato fuori i numeri e non coincidono per niente con quelli calati da Francesco De Angelis e men che meno con il 70% che Simone Costanzo sostiene di avere. «I numeri del tesseramento ci dicono una cosa chiara: noi rappresentiamo circa la metà del Partito Democratico nella provincia di Frosinone e siamo noi ad avere il diritto di esprimere il nome del nuovo segretario provinciale. E quel nome è Domenico Alfieri. Chiunque vincerà questo congresso lo farà con un margine di 40 o 50 voti ma non di più. La partita ce la possiamo giocare». E poi ha posto l’accento su un elemento strategico: «Il nostro gruppo è il più numeroso, unito e compatto. Invece, il gruppo che ci propone l’accordo e rivendica il diritto alla candidatura non è il più numeroso: è composto da almeno tre componenti e cioè quella di De Angelis, quella di Costanzo e quella di Sara Battisti. Che poi, nel dibattito politico, voglio vedere se tutti confermano quell’alleanza o la rimettono in discussione».

I numeri calati dal deputato dicono che tutta l’area Scalia/Pilozzi può contare pressappoco su 2.300 delle 4.700 tessere che avranno diritto di voto al Congresso. In termini percentuale calcola che la componente sia tra il 47 ed il 53% ma che al momento del voto, questo si traduca un una forbice di una quarantina di voti al massimo. Chi non condivide quell’analisi, mormora al vicino di sedia «Questi vogliono la loro vendetta politica, sembra la scena del film “l’Ottavo Nano” di Guzzanti quando imita Tremonti, con la calcolatrice in mano mentre spara numeri fantastici, ma alla fine i conti non quadrano».

Il presidente della Provincia Antonio Pompeo a sua volta ha detto no all’ipotesi di accordo. Ha ribadito quello che è apparso questa mattina su Ciociaria Editoriale Oggi nell’articolo firmato da Corrado Trento e cioè: «Meglio andare ad un congresso vero, con due candidati in contrapposizione, ma senza veleni, senza scorrettezze. Meglio una conta che si concluda con una maggioranza ed una minoranza e non un accordo unitario che poi rischia di essere rinnegato e di portare a nuove spaccature» (leggi qui il precedente). In sala c’è chi sostiene che quel no rappresenti per Antonio Pompeo un’area di sicurezza: dicono che non sia molto tranquillo all’idea della ritrovata sintonia tra i due Franceschi e che quel dialogo tra i due pesi massimi nel pd gli dia la sensazione di ritrovarsi messo all’angolo politicamente.

Il dibattito va avanti. E tra gli interventi c’è chi dice «no al modello Costanzo, catastrofico e di spaccatura», proponendo in alternativa di andare allo scontro. E c’è chi dice si alla «ragionevole costruzione di una squadra politicamente corretta e capace, fuori da personalismi e fortini, da bottini da andare a contabilizzare sui tavoli romani».

Si crea così l’asse Nord ‘Alatri – Veroli – Isola del Liri’ che costruisce il ponte con il Sud ‘Cassino – Pico – Pontecorvo’ per dire si «alla realizzazione della politica nuova…».

C’è chi tra un piatto di paccheri e una fritturina, dice «Mai con De Angelis e Buschini».

Sarà che il leggerissimo “alfiere” con il “cavallo” di Acuto, vogliono giocare la partita confidando nelle case controllate dalla Torre. Ma la domanda sorge spontanea: perché “no”? L’uomo di cerniera, espressione di Scalia, che ha votato De Angelis alle Europee e Buschini alle Regionali, l’uomo che mette sopra tutto e tutti il simbolo del Pd; l’uomo che anche ieri sera ha detto: «Io sono a disposizione del Partito solo se posso rappresentare un bene per il Pd, se devo essere un elemento di divisione non scendo per niente in campo». Perché c’è chi dice ‘no’?

 

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