Cosilam: Zola vuole una commissione d’indagine. La Bpf: «Diffamatore»

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Il presidente è assediato. Nella sua stanza all’ultimo piano della palazzina Cosilam a Cassino, l’industriale del marmo Pietro Zola conta alleati e nemici: il risultato finale, favorevole o negativo che sia, non gli interessa affatto. Lui andrà avanti per la sua strada. Anche a rischio di dover mollare la guida del Consorzio di Sviluppo Industriale del Lazio Meridionale.

L’ultima a voltargli le spalle è stata la Banca Popolare del Frusinate. Glielo ha comunicato nero su bianco, con una lettera nella quale il preavviso di querela gli viene evitato solo per garbo istituzionale: «…infatti ella, ledendo la reputazione aziendale del nostro Istituto, che tra l’altro è socio del medesimo consorzio Cosilam, impiega un’espressione gergale impropria, che è diffamatoria in se e anche per il contesto istituzionale ove è maturata. Pertanto, chiedo che si dia conto della presente nota agli atti del prossimo Consiglio di Amministrazione, al pari di quanto avvenuto con la sua impropria relazione recante la succitata espressione diffamatoria».

Il presidente Domenico Polselli ed il Consiglio d’Amministrazione della Popolare del Frusinate non hanno mandato giù la relazione di Pietro Zola su quanto gli hanno lasciato in eredità le precedenti gestioni del Cosilam: ha denunciato comportamenti al limite della mala gestione, tirando in ballo il sindaco di Cassino Giuseppe Golini Petrarcone per il periodo in cui era stato anche alla guida del Consorzio, il pro rettore Raffele Trequattrini che ne aveva preso il posto, il direttore generale in carica Nino Gargano che ha diretto l’ente fino dalla nascita. A Gargano e Trequattrini, in quella relazione Pietro Zola non dà dell’incompetente ma indica una serie di episodi che lo dicono nei fatti: sostiene che abbiano sbagliato per intero le loro strategie, scavando un buco da circa un milione di euro nei bilanci. E non perché se lo siano intascati. Peggio: per incapacità. Dalle indiscrezioni emerge che a quel management viene imputato di inserito in bilancio circa un milione in entrata per via dell’aumento dei canoni di depurazione che le aziende devono pagare; poi però la società di revisione che ha dovuto certificare i bilanci ha fatto togliere quel milione dai conti. Perché? Ha ritenuto che non ci fosse nessun accordo sottoscritto tra Cosilam e aziende a giustificare la posta in entrata. E poi: parte del piano di risanamento passa attraverso la rivalutazione dei beni consortili, prevedendo che il consorzio Asi di Frosinone ceda al consorzio Cosilam strade e depuratori dell’area Fiat sui quali rivendica la competenza; ma – mette in evidenza la relazione – è stato fatto ricorso ad un tribunale che non ne aveva la competenza e pertanto non si è concluso nulla.

Pietro Zola chiede la costituzione di una commissione d’inchiesta che accerti cosa è accaduto nel passato e ne riferisca, se ci sono gli estremi, alla magistratura.

La decisione della Banca Popolare del Frusinate di mollare il fronte Zola segue di poco l’analoga decisione di Federlazio, comunicata dal presidente Alessandro Casinelli per la Federazione delle Piccole e Medie Imprese. A cascata li ha seguiti Confimprese con il presidente Guido D’Amico che fino alla fine ha tentato una mediazione. All’appello continua a mancare pure Marcello Pigliacelli e la Camera di Commercio che pure erano stati i principali promotori della presidenza a Pietro Zola: da tempo non partecipano alle riunioni.

Il presidente Zola, può contare solo sull’appoggio della potente organizzazione degli industriali Unindustria (all’interno della quale – nella sezione Credito – c’è a pieno titolo la Banca Popolare del Cassinate). Nonostante questo, non arretra di un solo centimetro (leggi qui il precedente): non intende modificare nemmeno una sola virgola della sua relazione, intende portare all’esame dei soci la questione del direttore generale Nino Gargano, vuole abolire la carica e congedarlo.

L’eliminazione del direttore generale faceva parte del programma di Pietro Zola e degli alleati che ne avevano ottenuto l’elezione, poi con il passare dei mesi le condizioni politiche sono mutate. Le convinzioni di Pietro Zola no.

Per aggirare il rischio di un ricorso di Nino Gargano al Tribunale del Lavoro, un eminente studio legale di Cassino ha suggerito di eliminare la funzione di direttore generale per assegnarne le competenze al presidente. Ma la Ficei – la Federazione che riunisce tutti i consorzi industriali in Italia – ha espresso un parere secondo il quale ciò è inattuabile anche perché nessun consorzio industriale in Italia è privo di direttore generale che è una figura indispensabile per il suo funzionamento. Elemento che ha spaccato ancora di più

Se le diplomazie non scioglieranno l’assedio prima della riunione del Consiglio d’Amministrazione, l’assedio al presidente si trasformerà in un attacco. Con il quale farlo cadere.

error: Attenzione: Contenuto protetto da copyright