Scoppia la tregua al Cosilam, lettera riservata di Zola alla Bpf

Una lettera per avviare il chiarimento, accorciare le distanze, cominciare il disgelo: al Cosilam di Cassino si prova a costruire la pace.

Il segnale di distensione lo ha mandato il presidente del Consorzio di Sviluppo Industriale del Lazio Meridionale, Pietro Zola. Ha messo a punto una lettera e nel pomeriggio, appena rientrato da Roma l’ha fatta recapitare al presidente della Banca Popolare del Frusinate Domenico Polselli. Una lettera con la quale chiarire le incomprensioni, sbloccare la contrapposizione che si è creata nel Consorzio e che rischia di portare alla paralisi. Ed al commissariamento.

Nei giorni scorsi, al culmine della crisi, Pietro Zola aveva prospettato la costituzione di una commissione d’inchiesta, la BPF aveva replicato con una lettera nella quale lo accusava d’avere usato espressioni diffamatorie nei suoi confronti (leggi qui il precedente). Ed soci del Cosilam avevano iniziato a schierarsi, dividendosi tra pro e contro il presidente: tranne gli industriali di Unindustria, la Banca Popolare del Cassinate e pochi altri, i grandi elettori che avevano portato Pietro Zola al timone del Consorzio avevano iniziato a prenderne le distanze.

Il che, non aveva scalfito neanche un po’ l’industriale del marmo, lasciandolo fermo nella sua immarcescibile convinzione.

Poi, però, c’è stato chi gli ha fatto notare come la guerra santa che era stata scatenata nel giro di poche settimane poteva avere un doppio epilogo: le sue dimissioni di Zola dalla carica (ma la cosa ha continuato a lasciare impassibile l’uomo, forgiato nella convinzione del ‘mi spezzo ma non mi piego) , il commissariamento da parte della Regione Lazio per affidarne le redini, ad esempio, al presidente dell’altro Consorzio: l’Area di Sviluppo Industriale di Frosinone. In questo modo – nei fatti – i due enti tornerebbero uniti sotto la stessa gestione, azzerando circa 15 anni di autonomia del Cosilam dall’Asi. E questo lo ha portato a fare una riflessione politica.

Ed anche a scrivere la lettera al presidente della Popolare del Frusinate. Ha voluto metterla a punto da solo e di suo pugno. E ora Pietro Zola sta riflettendo sull’opportunità di inviarne una anche agli altri soci o fare una lettera aperta.

Ma perché si è arrivati a questo punto di esasperazione dei toni? Per capirlo occorre fare un po’ di storia. Il Cosilam nasce da un’intuizione di Anna Teresa Formisano durante gli anni di Francesco Storace alla guida della Regione Lazio. Era la fine degli anni Novanta e le condizioni economiche e politiche erano completamente diverse da quelle attuali: nel ’95 era centrale il dibattuto per la creazione di Cassino Provincia, i Comuni tra la Valcomino ed il Golfo di Gaeta raccoglievano le firme per chiedere il referendum con cui avere una amministrazione autonoma da Frosinone e da Latina; Fiat inoltre andava bene, produceva nello stabilimento di Piedimonte San Germano i modelli Bravo e Brava che andavano divinamente sul mercato, alimentando fatturati per miliardi di lire in tutto l’indotto; insomma, la crisi del 2007 e era ancora molto lontana da venire.

Cosilam nasce per rimarcare l’autonomia e la potenzialità industriale di un territorio. Nei suoi asset era previsto che entrassero le infrastrutture fino a quel momento gestite da Frosinone, primo tra tutte il depuratore che trattava le acque dell’intero agglomerato Fiat – Indotto. Cosilam sarebbe stato il fulcro industriale della sostenibilità economica della nuova provincia di Cassino. Fu una scelta industriale ma politica. Individuata da una persona come Anna Teresa Formisano, dal carattere morbito come una raspa da falegname, ma che in quanto a capacità di visione politica ha sempre avuto ben poco da imparare.

Anche per questo, Cosilam cresce e si sviluppa attraverso una gestione essenzialmente politica: il pareggio dei costi è un dogma da spostare in avanti perchè a quel tempo la finanza pubblica generale è di un’allegria scanzonata: lo stesso governatore del Lazio Francesco Storace aveva ‘dimenticato’ di inserire nel bilancio regionale quelli delle Asl con tutti i loro debiti; solo con l’arrivo di Piero Marrazzo, poco tempo dopo, si scoprì che in questo modo era stato ‘nascosto’ un cratere di 10 miliardi di euro nei conti. Ma all’epoca si poteva fare: si poteva perchè le leggi venivano correntemente applicate in quel modo e comunque la politica poi trovava sempre il modo di compensare.

Poi il mondo è cambiato. Ed è stato necessario cambiare registro anche con Cosilam. Arrivano gli anni in cui gli industriali pensano di poter fare i politici, diventa presidente del Cosilam l’economista dell’università di Cassino Raffaele Trequattrini che attua un piano di risanamento da manuale: fine dei prezzi politici, piano di rientro, abbattimento della spesa, sacrifici per il personale. Si modificano i rapporti con uno dei due principali istituti di credito locali: un po’ per le norme di Basilea, un po’ per scelta imprenditoriale, uno dei due enti chiude i cordoni della borsa ed esige ancora maggiore rigore; il management interpreta la cosa come un tentativo di condizionare il piano di risanamento e manda un segnale chiaro all’istituto: ‘Qui gestiamo noi’. E chiede appoggio ad un altro istituto di credito, con il quale vengono attuate una serie di operazioni per mettere in sicurezza i conti. L’autorevolezza che gli deriva da anni di attività accademica gli consente di fare una scelta che si rivelerà strategica: in sintonia con il collegio sindacale toglie dalle poste in ingresso nel bilancio tutte quelle voci che secondo lui non sono realistiche, o che potrebbero essere a rischio di riscossione. Insomma, vuole un bilancio messo a nudo per avviare un risanamento reale e senza alcuna soluzione di ingegneria contabile.  L’operazione – a giudicare dalle cifre esibite dal presidente Raffaele Trequattrini durante la sua ultima conferenza stampa – è riuscita: inversione del trend negativo (il debito ha smesso di scavare il buco ed anzi ha iniziato ad essere ripianato).

Che senso ha in una situazione del genere, un presidente come Pietro Zola? E’ stato indicato per la sua moralità specchiata. E fin qui nulla questio. Ma il Cosilam resta un ente nato per scelta industriale da una visione politica: e solo così può essere guidato. Non è un’azienda nella quale un manager possa fare scelte in solitudine, delle quali poi (se sbaglia) pagare eventualmente il prezzo a fine anno quando si tracciano i bilanci; è un ente nel quale il presidente viene eletto attraverso una ‘concertazione’ o se preferite un accordo tra i soci del ‘patto di sindacato’ che tiene in piedi la baracca, e solo attraverso la concertazione delle linee strategiche può andare avanti.