Acea, ma la votazione è valida o no?

Il giorno dopo il voto dei sindaci per mandare via Acea Ato 5 dalla provincia di Frosinone, la domanda è se sia tecnicamente valida o meno quella votazione.

Sono due le scuole di pensiero. La prima, espressa da alcuni sindaci, dice che il voto è attaccabile: hanno fatto notare che era indispensabile procedere per appello nominale, cioè chiamando i sindaci ad uno ad uno, in modo da dire quanti avessero detto si o no, in rappresentanza di quanti cittadini. Scrive Corrado Trento su Ciociaria Editoriale Oggi:

A sollevare il problema della necessità di un appello nominale sono stati immediatamente, tra gli altri, i sindaci Nicola Ottaviani (Frosinone) e Roberto Caligiore (Ceccano). Il quale ha detto: «Così non va bene». (…) Sulla vicenda pende la spada di Damocle di una possibile questione di legittimità, dal momento che si è votato per acclamazione e non per appello nominale. Procedura quest’ultima utilizzata sistematicamente quando c’è bisogno del doppio quorum: dei presenti e degli abitanti rappresentati. Un pasticciaccio finale al termine di una giornata nervosa.

L’altra scuola di pensiero, invece, sostiene che la votazione sia valida. I sindaci : perché i sindaci s’erano già contati sul voto precedente, espresso appena un minuto prima di valutare anche la delibera finale per la rescissione del contratto. Quindi – dicono – in un minuto non può essere cambiato nulla.

Votazione valida anche per Severo Lutrario, del coordinamento regionale Acqua Pubblica, il quale evidenzia che:

 l’assemblea dei sindaci è regolata solo dalla ‘Convenzione di Cooperazione’ che non dice da nessuna parte si debba votare per chiamata nominale ma richiede solo che le decisioni abbiano la doppia maggioranza (per numero di comuni e per numero di abitanti). Il voto nominale è indispensabile – sostiene – in presenza di una spaccatura nell’assemblea, ma in questo caso la volontà di tutti era chiara.

Anche per gli esperti di Diritto Amministrativo interpellati in mattinata, la situazione è chiara: la votazione è valida in quanto ci si era appena contati e nessuno ha chiesto – per il voto successivo – una verifica del numero dei presenti, quindi non era posta in dubbio la validità; altrimenti – spiegano – non sarebbero mai valide le votazioni per acclamazione.
Che però la questione sia discutibile, lo sospetta anche chi dirigeva l’assemblea, come riporta Cesidio Vano su La Provincia:

Il voto finale dell’atto, dopo alcuni emendamenti votati correttamente per appello nominale, è stato espresso per alzata di mano, quasi per acclamazione veramente, in un aula in cui c’erano non solo i sindaci o loro delegati, deputati ad esprimere o meno il consenso, ma anche molte persone che semplicemente assistevano alla riunione. Il voto per alzata di mano, inoltre, non è idoneo a garantire il rispetto della doppia maggioranza richiesta all’assemblea per deliberare: quella del numero dei Comuni (e fin qui può pure funzionare) e quella del numero degli abitanti che, a colpo d’occhio neanche Pico della Mirandola riesce a computare. I verbalizzanti della segreteria, però, pare ci siano riusciti ed avrebbero certificato: 74 favorevoli, un contrario (Antonio Salvati) 11 assenti. Dati che, in realtà, sembravano ‘ricavati’ dalla precedente votazione per appello nominale, ma che non possono essere utilizzati anche per quella successiva: nel frattempo, ad esempio, alcuni sindaci potrebbero essere usciti.

Ma quello che resta da capire è come sia stato possibile dire che ci fosse anche un contrario, con una votazione in cui si chiedeva: “Alzi la mano chi è favorevole”. L’avrà dichiarato dopo, direte. Appunto: ha votato dopo la votazione. Vabbè.

Quelli detti sono i numeri forniti ai giornalisti nell’immediatezza del voto. Poi bisognerà leggere la delibera, quando sarà pubblicata, per capire come risulterà l’esito. Anche perché nel comunicato stampa ufficiale di ieri sera, ATO5 afferma che il voto è stato favorevole all’unanimità dei presenti. E Salvati se ne farà una ragione.

La situazione è apparsa così pasticciata, tanto che il sindaco di San Donato Valcomino Enrico Pittiglio, anche su iniziativa del primo cittadino di Veroli Simone Cretaro ha formalmente chiesto che la delibera fosse approvata con appello nominale. Richiesta respinta, parrebbe perché nel frattempo molti primi cittadini avevano già guadagnato l’uscita. Insomma, forse a rifare l’appello si sarebbe scoperto che il numero legale era bello che andato.

Il problema, però, non è tanto  se vale o non vale il voto di ieri. «Il vero problema è che stanno facendo credere che Acea è stata cacciata ed invece non arriveremo neanche ad andare in tribunale» avverte l’ex consigliere regionale Adriano Roma.

Perché?
«Se si voleva accelerare per la rescissione, bastava allegare alla delibera le contestazioni ufficiali».
Per quale motivo non sono state inserite?
«Non le hanno messe perché, di quelle 799 contestazioni, non tutte sono tali da poter sostenere il vaglio di un tribunale. Perché c’è anche carta straccia: ad esempio ci sono, come contestazione, semplici articoli di giornali. Possiamo contestare ad Acea un disservizio, una rottura, un’inadempienza, con articoli di giornale?»
Lei dubita anche che si possa sostenere che Acea è inadempiente
«Se la stessa assemblea che si è riunita ieri ha approvato ufficialmente il piano d’ambito solo a luglio 2015, dopo avere approvato le tariffe a marzo 2014 e luglio 2014, mi dite come si può sostenere che sta in ritardo Acea? Tra sei mesi la relazione della STO dirà: ‘Acea ha dato spiegazioni sufficienti. Ha fatto le gare dopo luglio 2015 e vi consigliamo di non andare avanti con la rescissione’.

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