L’affaire Dragonetti: un foglio per cacciarlo. «Ma io ne ho un altro in cassaforte»

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Due carte nel destino politico di Niki Dragonetti. A sbattergli in faccia la porta dello schieramento del sindaco Giuseppe Golini Petrarcone e dire no alla sua candidatura con il centrosinistra è stato un documento firmato la mattina del 25 aprile da Igor Fonte, Stefania Di Russo ed un terzo assessore della giunta uscente. In lista non lo voleva nessuno. Ma i tre lo hanno messo nero su bianco affinché il sindaco non avesse dubbi sulla loro posizione: “Se lui si candida nel nostro schieramento, non ci candidiamo noi“. La riunione nella stanza del sindaco è durata meno di venti minuti: in un attimo c’è stata l’unanimità e quel foglio non è stato più necessario.

Peppino Petrarcone è andato in piazza con il discorso per la festa della Liberazione già scritto la sera prima. Non ha dovuto aggiungere nemmeno una riga: è stato sufficiente porre l’accento su un passaggio: «Tutti gli accordi politici sono possibili, ma i valori sui quali si basa la nostra Costituzione non si barattano». Chiaro il riferimento a Dragonetti, che viene da una storia politica non proprio antifascista (leggi qui il precedente).

Una posizione che ha trasformato Dragonetti in un reietto. Se fosse stato in Giappone sarebbe stato un Rōnin,un samurai decaduto o rimasto senza padrone. Era il Capo di Stato Maggiore delle liste che sostenevano l’elezione a sindaco del consigliere regionale Marino Fardelli, con il suo ritiro per andare ad appoggiare la conferma di Petrarcone si è trovato senza un sindaco da sostenere.

La reazione del reietto è arrivata in giornata. Con una dichiarazione. Che tira in ballo il secondo documento protagonista di questa storia: «Ero certo che Petrarcone non avrebbe rispettato gli accordi presi con Marino Fardelli e con tutta la squadra di cui faccio parte integrante e tra i maggiori attivisti, come è noto a tutti. Ecco perché sono stato in silenzio fino ad ora ed ho aspettato. (…) Ha stretto la mano a Fardelli, a tutti i candidati, ai coordinatori per poi venire meno ai suoi impegni con la squadra. Del resto disattendere gli accordi è un suo cavallo di battaglia. Lo ha fatto con i socialisti prima, con i centristi poi, per le nomine nel Cosilam, con il sottoscritto dopo aver firmato un documento».

A cosa si riferisce? A quale documento? E cosa c’è scritto su quella carta? «Esiste un documento del quale conservo una copia in cassaforte. E’ sottoscritto da me, Petrarcone, Fardelli, più un testimone esterno che ho preteso fosse presente. E’ un documento nel quale il sindaco Petrarcone ha preso degli impegni precisi con me».

Chi ha cercato l’altro? «E’ stato Petrarcone a chiedere di vedermi. Dopo avere raggiunto l’accordo con Fardelli, Marino gli ha fatto presente che però esisteva un problema oggettivo di rapporti tra me ed il sindaco e ben difficilmente sarei passato con lui. Quindi ha chiesto di vedermi e l’incontro è avvenuto nel comitato elettorale di Fardelli».

Cosa c’è scritto nel documento? «Ci siamo chiusi in una stanza in quattro, ho detto al sindaco quali posizioni amministrative rendevano inconciliabile la mia presenza in una sua eventuale amministrazione: gli ho evidenziato le criticità di vari assessorati ed indicato quelle che ritengo siano le soluzioni da adottare per superare queste criticità. Petrarcone ha detto che su alcuni punti ci poteva essere convergenza. Per avviare un confronto ufficiale ho chiesto che il sindaco sottoscrivesse un impegno a revisionare la macchina amministrativa nel senso che avevamo appena detto. Ed in quel caso avrei appoggiato il suo schieramento. Il sindaco ha scritto e firmato, poi c’è la firma mia, quella di Fardelli e del testimone esterno. Quel documento ora è in cassaforte. Prima o poi lo tirerò fuori. Forse già durante la campagna elettorale».

 

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