Acea ai sindaci: non avete il potere per fermare le nostre fusioni

[dfads params=’groups=105&limit=1&orderby=random&return_javascript=1′]

 

Cari sindaci, non avete né il potere né la competenza di mettere il naso nelle operazioni industriali di Acea, per cui non siete legittimati ad esprimere alcun gradimento alle nostre fusioni tra società. Firmato: gli avvocati di Acea, tra cui il chiarissimo professore Eugenio Bruti Liberati docente straordinario di diritto amministrativo presso il Dipartimento di Giurisprudenza e Scienze Politiche Economiche e Sociali dell’Università del Piemonte Orientale.

L’altolà è contenuto nel ricorso sulla delibera con cui il 18 febbraio i sindaci ciociari hanno detto no alla fusione tra Acea Ato 5 (la società che gestisce la distribuzione dell’acqua ed il servizio di depurazione in provincia di Frosinone) ed Acea Ato 2 (provincia di Roma).

Il testo del ricorso è stato riportato da Corrado Trento sul numero odierno di Ciociaria Editoriale Oggi

«L’Autorità (ndr: d’Ambito) non ha potere, né competenza, per esprimere un generale gradimento all’operazione. Il suo benestare ha dei paletti precisi… Al di là della (doverosa) verifica del permanere dei criteri qualitativi, quindi, l’Autorità mai avrebbe potuto (come invece ha fatto) estendere la propria indagine ad elementi ulteriori, non contemplati dalla norma di legge e dalla norma convenzionale e, quindi, del tutto inidonei a fondare la decisione».

Ma allora, secondo gli avvocati di Acea, i sindaci su cosa avrebbero dovuto esprimersi: sulla chioma del presidente Antonio Pompeo?

Nel ricorso al Tar sostengono che la fusione tra Acea Ato 2 ed Acea Ato 5 prevede che la nuova società rispetti in pieno i vecchi contratti stipulati con i sindaci. Insomma: ci sarà una nuova società, una Super Acea che però mantiene tutti gli obblighi e gli impegni presi in precedenza; altrettanto vale per i sindaci ed i contratti firmati dai loro Comuni.

«L’Autorità d’Ambito non avrebbe dovuto far altro che prendere atto della lapalissiana permanenza delle garanzie tecniche, economiche e di natura proprietaria poste a base dell’affidamento. Per quanto riguarda le garanzie di natura tecnica, si può rilevare che esse, date le peculiarità dell’operazione, potevano (e possono) ben considerarsi perduranti in re ipsa. Acea Ato 5 spa, infatti, non cambia di proprietà, non immette nella sua compagine un soggetto estraneo, non cede le sue quote a terzi».

Insomma, per Acea, i sindaci dovevano limitarsi a prendere atto della circostanza che la nuova ‘Super Acea’ aveva tutti i requisiti tecnici ed economici per mantenere gli impegni presi. E non altro.

Il 18 febbraio i sindaci votarono anche un altro documento: quello con cui hanno dato il via alla procedura per rimandare a casa Acea Ato 5 e sciogliere il contratto. In pratica, gli vengono contestate tutta una serie di inadempienze e gli vengono dati sei mesi per effettuare i lavori promessi ma ancora non realizzati. Acea sta valutando se impugnare al Tar anche questa delibera.

Gli avvocati della società ritengono che ci sia qualcosa di discutibile nella votazione effettuata quella sera. Il regolamento prevede il meccanismo del doppio quorum (cioè deve esserci almeno un certo numero di sindaci presenti in aula e devono rappresentare almeno un certo numero di abitanti) e questa condizione deve essere rispettata sia quando si aprono i lavori dell’assemblea, sia in ogni singola votazione.

I verbali e le registrazioni di quella seduta (leggi qui le registrazioni) sollevano qualche perplessità. Acea è intenzionata a chiedere ai giudici del Tar se la votazione per alzata di mano abbia garantito il doppio quorum.

Nel ricorso viene puntato il dito contro il presidente Pompeo:

«Come si legge dal verbale, peraltro, il dibattito ha ad oggetto la (diversa) questione della risoluzione in danno della convenzione, e al problema della fusione sono dedicati solo gli ultimi minuti. Il presidente è addirittura costretto a chiedere ai sindaci di aspettare, perché c’è il punto della fusione all’ordine del giorno. Invito che, però, cade nel vuoto, tanto che il presidente rileva che “qualcuno è andato via” (…) La votazione avvenne per alzata di mano. Non si è proceduto con un nuovo appello, di tal che è impossibile determinare se, al momento della votazione, fossero presenti ancora 75 sindaci… ed è anche impossibile verificare, perché lo strumento dell’alzata di mano non è idoneo allo scopo, se in quel momento vi fosse il doppio quorum necessario alla regolarità della votazione».

Ora il sindaco di San Giovanni Incarico Antonio Salvati potrà dire «Io vi avevo avvertito».