A Latina il consiglio comunale chiede di poter parlare in italiano

All'Ordine del Giorno del Consiglio comunale, al punto 8 c'è una mozione: "utilizzo lingua italiana negli atti ufficiali dell'amministrazione". L'italiano è nato per poesia, si rischia di uccidere questa meravigliosa lingua a colpi di burocrazia

Lidano Grassucci

Direttore Responsabile di Fatto a Latina

Il consiglio comunale di Latina chiede a se stesso di “poter parlare in italiano“. Non è uno scherzo: il punto otto dell’Ordine del Giorno del Consiglio comunale del 23 prossimo recita “utilizzo lingua italiana negli atti ufficiali dell’amministrazione”. Mozione presentata dal consigliere comunale di Forza Italia Peppino Coluzzi.

La domanda sorge spontanea: ma fino ad ora in che lingua parlavano a Latina? In realtà la domanda è retorica perché a Latina non hanno mai detto niente, tanto che Alberto Moravia parlava delle città pontine come città del silenzio

Almeno qualcosa da dire

Alberto Moravia con Alessandro Natta (Foto: Carlo Carino © Imagoeconomica)

Il nodo non è come dici le cose, ma se hai qualche cosa da dire.

Poi esiste a Latina un problema linguistico che sta nell’italiano. Viene, questo si, usato come una lingua straniera: perchè si è dimenticato di difendere le radici della lingua italiana che stanno nelle lingue locali.

Per difendere l’italiano e la sua dolcezza sarebbe stata intelligente una mozione che tutelasse e difendesse il veneto, il friulano, il lepino nelle sue mille versioni, il siciliano parlato a Tunisi ed a Tripoli, il veneto di Istria e Dalmazia, la lingua dei butteri di Cisterna. Tutelando questa ricchezza si rendeva grazia all’italiano che è la lingua patria in grazia di lingue matrie.

A Latina comperavi il giornale in friulano, vestivi in veneto, mangiavi carciofi ma avevi voglia di polenta e innaffiavi tutto di grappa così pura che avresti resistito a petto nudo agli austriaci.

I suoni delle nostre radici

Andrea Camilleri (Foto: Andrea Verderese © Imagoeconomica)

Invece? Chiediamo il permesso di essere italiani. Senza amare i nostri mille suoni, importiamo lo scimmiottamento di inglesismi ridicoli.

Parafraso Andrea Camilleri che parlando della sua gente dice: “Nel siciliano c’è anche il sangue di tredici dominazioni. Credo che oggi, noi siciliani, abbiamo l’intelligenza e la ricchezza dei bastardi, la loro vivacità e arguzia

 Lui se ne fa vanto. Crea una lingua che è tutte le lingue, in un amore che ha chi ama così tanto la sua terra da viverne lontano. Camilleri dice che una lingua è viva quando ha lingue locali che le danno linfa nuova di parole, muore quando prende le parole da altre lingue perché non ne ha più: come noi con l’inglese. Camilleri si vanta delle 13 dominazioni: dai fenici ai romani, dagli spagnoli ai francesi passando per i turchi senza tacere dei greci. A Latina si vergognano sentendosi tutti di Kansas city stando persi a Velletri.

L’italiano non deve essere chiesto

Ma non deve essere richiesto di parlare in italiano: deve essere orgoglio di essere di Latina con tutti i suoi accenti. È questo ci fa italiani.

L’italiano è nato per poesia, l’unica lingua al mondo: lo stanno uccidendo per burocrazia e saccenteria. 

Certo che a Latina chiedere di parlare in italiano fa sorridere. Ma se non hai una matria, non puoi pensarti Patria