Acea chiede venti milioni di danni per la risoluzione del contratto

 

CORRADO TRENTO
Ciociaria Editoriale Oggi

 

 

Venti milioni di euro di risarcimento per danni di immagine. Li chiede Acea Ato 5 per via della risoluzione della convenzione, votata dalla conferenza dei sindaci lo scorso 13 dicembre. Il gestore del servizio idrico ha presentato ricorso al Tar del Lazio, sezione di Latina, per l’annullamento di quella delibera: 63 pagine nelle quali i legali di Acea Ato 5 (gli avvocati Carlo Mirabile, Pasquale Cristiano e Alessandro Mannocchi) ricostruiscono l’intera vicenda culminata con la risoluzione della convenzione.

Atto illegittimo secondo Acea Ato 5, che individua 8 motivi. Il primo dei quali riguarda il fatto che per Acea «i sindaci dei Comuni dell’Ato 5 che hanno votato a favore della risoluzione contrattuale in seno alla conferenza dei sindaci del 13 dicembre 2016 hanno espresso una propria personale volontà, posto che non risultano legittimati da una necessaria e preventiva delibera di consiglio comunale atta ad autorizzarli ad esprimere la volontà dell’ente di appartenenza».

Poi, secondo il gestore, gli atti impugnati sono stati «adottati in difetto del principio di imparzialità e di serenità di giudizio, posto che molti Comuni che hanno votato la risoluzione contrattuale hanno un contenzioso pendente con Acea e, pertanto, avevano l’obbligo giuridico di astenersi dalla votazione».

Fra gli altri motivi per i quali si chiede l’annullamento della delibera ci sono quelli relativi al fatto che i pareri dell’avvocato Farnetani e della Segreteria Tecnico Operativa erano contrari alla risoluzione.

Si legge nel ricorso: «La Sto, quindi, è l’organo tecnico dell’Aato 5 che ha il precipuo compito di vigilare e controllare la gestione del servizio idrico integrato e di proporre le misure -anche evidentemente sanzionatorie – da applicare al gestore in base alle previsioni contrattuali.

Non solo. La Sto è l’organo incaricato di verificare le incidenze delle inadempienze del gestore sulla qualità del servizio, ovvero, è l’organo preposto alla verifica della sussistenza delle condizioni che legittimano la risoluzione contrattuale. Nel contesto che ci occupa, quindi, il parere della Sto, certamente non vincolante per la conferenza dei sindaci, costituisce un documento che esprime la regolarità “tecnica” dell’attività di indirizzo che appartiene alla conferenza dei sindaci. Ne consegue, quindi, che quest’ultima, allorquando intenda discostarsi dal parere della Sto, sia tenuta a motivare le ragioni del disaccordo».

Acea poi ritiene che gli atti adottati «non indicano “le modalità e gli obblighi per il trasferimento del Servizio idrico integrato”, che invero, devono essere, ai sensi dell’articolo 34 della convenzione di gestione, comunicate ad Acea contestualmente alla risoluzione».

Nel ricorso Acea Ato 5 rileva pure: «Orbene, che se al momento della diffida ad adempiere e a fronte del termine concesso ad Acea per presentare le proprie controdeduzioni, taluni sindaci ed alcuni esponenti politici affermavano la pervicace volontà di mandare via Acea, è evidente che qualsivoglia giustificazione e/o argomentazione avesse addotto il gestore nel termine concessogli, si sarebbe appalesata assolutamente inutile e/o superflua».

Il gestore ha presentato diversi allegati su questo punto. L’istanza di risarcimento del danno si basa sulla premessa che «gli atti impugnati producono un immediato e diretto danno all’immagine».

Si fa riferimento al fatto che Acea spa è quotata in mercati regolamentati e che «la lesione dell’immagine di una società del gruppo non può non riflettersi sull’intera holding».

«Pertanto – si legge nel ricorso – Acea ha diritto ad essere risarcita per una somma pari a 20 milioni di euro, con ampia riserva di ulteriore quantificazione e precisazione in corso di causa».

La stagione del contenzioso legale si è riaperta.

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