Impianti negati ad Acea, giudici segnalano il sindaco alla Procura

I giudici del Consiglio di Stato hanno segnalato alla Procura della Repubblica di Cassino il sindaco Carlo Maria D’Alessandro. Ipotizzano il reato di ‘inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria‘. Non solo: la sua posizione dovrà passare al vaglio anche della Corte dei Conti per verificare se ha provocato danni alle casse cittadine.

Tutto è collegato alla mancata consegna degli acquedotti comunali ad Acea. In queste ore la Quinta Sezione del Consiglio di Stato (l’organo al quale si presenta appello contro le sentenze pronunciate dal Tribunale Amministrativo Regionale) ha annullato l’ultima delibera con cui il sindaco, di fatto, nei mesi scorsi rifiutava il passaggio degli impianti al gestore. Ha disposto la trasmissione degli atti alla magistratura Penale ed a quella Contabile per verificare se ci siano profili di reato sui quali hanno competenza.

 

ELUSIONI E CONDOTTE SURRETTIZIE

Per i giudici, Carlo Maria D’Alessandro ha messo in atto una serie di furbate. Con le quali, in apparenza rispettava le sentenze che gli imponevano di cedere gli acquedotti. Ma in realtà faceva l’esatto contrario. In termini giuridici, il sindaco si sarebbe reso protagonista di «una elusione del giudicato, che si realizza allorquando la Pubblica Amministrazione, pur provvedendo formalmente a dare esecuzione alle statuizioni del giudice, persegue l’obiettivo sviato di aggirarle dal punto di vista sostanziale».

I magistrati arrivano addirittura ad ipotizzare un “comportamento surrettizio con cui  fare in modo che restasse in piedi l’illegittima condotta del Comune”. E cioè, non trasferire gli impianti e soprattutto la gestione del servizio idrico.

Ad incastrare il sindaco, per il Consiglio di Stato c’è una serie di sentenze. Sono la numero 51 della Sezione V emessa il 12 gennaio 2017; la numero 984 sempre della Sezione V del 14 marzo 2016; c’è poi la numero 2070 della Sezione IV pronunciata il 1° aprile 2011; e la numero 1415 del 4 marzo 2011 e la 9296 del 31 dicembre 2009. Tutte dicono la stessa cosa: il Comune, quando viene condannato, deve applicare la sentenza senza inventarsi altre delibere o sotterfugi burocratici.

 

LE FURBATE ANTI ACEA

Cosa è accaduto a Cassino. Tutto nasce quando Acea vince la gara d’appalto per gestire la distribuzione dell’acqua e la rete di depurazione nel Comuni dell’Ato5 (cioè quasi tutta la provincia di Frosinone e qualcuno dei centri al confine). In base alla Legge Galli che ha riordinato la gestione dell’acqua, gli impianti devono passare al gestore che ha appena preso il posto dei vari Consorzi. Ma il Comune di Cassino rifiuta di farlo.

Nasce un contenzioso. Il Tribunale Amministrativo Regionale pronuncia una sentenza che condanna il Comune. Il verdetto non viene impugnato al Consiglio di Stato e dopo qualche tempo diventa definitivo. Il tema finisce al centro della campagna elettorale delle scorse Comunali e le rende incandescenti: alle urne vince Carlo Maria D’Alessandro e la sua strategia è quella di spingere Acea a chiedere un ‘giudizio di ottemperanza‘.  E’ lo strumento che permette a chi ha vinto il processo (in questo caso Acea) di dare esecuzione alla sentenza quando il Comune non lo faccia spontaneamente.

In quella sede, il neo sindaco esibisce tutta una serie di elementi con i quali punta a rimettere tutto in discussione. La risposta dei giudici, in soldoni è: “Caro sindaco, ormai è tardi, tutto questo lo dovevate dire al Consiglio di Stato, ora siamo qui per l’ottemperanza. E vi ordiniamo di ottemperare“.

Il prefetto viene incaricato di far rispettare l’ottemperanza. Il vice prefetto Ernesto Raio stronca qualsiasi resistenza e impone l’elaborazione dell’elenco degli impianti da consegnare ad Acea. Fissa la data per la consegna delle chiavi.

Nel frattempo c’è un’ulteriore udienza con cui Cassino tenta di mettere in discussione la legittimità del dottor Raio. Ma anche quel ricorso viene rigettato.

Allora ci si attacca ad un altro cavillo. verso la fine dello scorso agosto, l’avvocato nominato dal sindaco Carlo Maria D’Alessandro impugna il verbale di trasferimento firmato dal vice prefetto contestandolo in una decina di punti. Uno di questi apre una breccia. E ‘«La non coincidenza tra il momento previsto della consegna (dal Comune al gestore) delle chiavi per l’accesso agli impianti (1 settembre 2016) e la data di efficacia del trasferimento (5 settembre 2016), con connesso rischio di disfunzioni del servizio idrico».

Tradotto dal linguaggio giuridico significa che nella clausola 23 del verbale di consegna degli acquedotti, si stabilisce che il primo settembre 2016 il Comune di Cassino deve consegnare ad Acea le chiavi di accesso a tutti gli impianti idrici comunali. Poi, però, andando avanti, si legge che il trasferimento sarà efficace da lunedì 5 settembre. E se si guastasse un impianto durante la giornata di venerdì 2 settembre? Ci si ritroverebbe con il paradosso che la proprietà è ancora comunale ma i tecnici non potrebbero entrare per fare la riparazione in quanto le chiavi sono state consegnate ad Acea.

Per via di questa discordanza delle date si ottiene una proroga di qualche giorno. Ma alla fine, ancora una volta, i giudici dicono che bisogna procedere con la consegna.

 

LE CHIAVI SI MA L’ACQUA NO

Il vero ‘colpo di genio’ con cui eludere l’ottemperanza arriva proprio nel giorno degli impianti. Carlo Maria D’Alessandro consegna le chiavi ad Acea ma un secondo più tardi firma l’ordinanza con cui ordina al personale di continuare a gestire tutto come se nulla fosse accaduto.

Come può fare una cosa del genere? Ha sostenuto il sindaco, nella sostanza, “Anche se diamo gli impianti ad Acea, il gestore non ha l’acqua da metterci dentro. Ha provato a chiederla all’Acquedotto Campano. Al quale però la diamo noi e con il divieto di girarla ad altri. Quindi, fino a quando Acea non avrà l’acqua da pompare negli impianti, è del tutto inutile darglieli. Perché questo  determinerebbe un grosso pericolo per la salute pubblica dei cittadini“.

E’ proprio quell’ordinanza ad essere finita sul tavolo del Consiglio di Stato. Il quale ora ha detto che il Comune sta mettendo in atto un’elusione del giudicato. Ha annullato l’ordinanza. E trasmesso gli atti alla Procura della Repubblica ed a quella contabile.

 

INADEMPIENZA VOLONTARIA

Per i giudici è chiara la volontà del Comune di non rispettare la sentenza. Lo scrivono nel loro provvedimento. «Peraltro, la stessa delibera di Giunta Comunale n. 164 del 4.5.2016 ribadisce la propria volontà di non provvedere alla consegna del servizio, confessando in tale modo l’inadempimento al giudicato di questa Sezione». E c’è l’aggravante, perché il Comune «si dichiara consapevole delle sanzioni anche penali ad esso conseguenti».

 

ELEZIONI A RISCHIO

Ora le conseguenze possono essere molto gravi. In teoria, il risultato delle elezioni comunali di Cassino è a rischio. Perché se un giudice penale ritenesse che  Carlo Maria D’Alessandro ha davvero compiuto il reato di ‘inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria‘ e lo condannasse, scatterebbe la Legge Severino. Prevede la sospensione del sindaco dalla sua carica per tutto il periodo della condanna. Anche se è solo una sentenza di I grado.

 

IL SINDACO: «FATTO IL POSSIBILE CONTRO ACEA»

Anche per questo è molto amareggiato, il sindaco D’Alessandro. «Ho dovuto assumere l’ordinanza del 10 settembre 2016 per tutelare i nostri diritti e nella speranza di far comprendere ad Acea che senza una sua utenza, la consegna degli impianti non serviva a nulla. Nel mio provvedimento evidenziavo questa circostanza e sollecitavo la stessa Acea a munirsi di fonti di approvvigionamento».

Su questa ordinanza però la sentenza di oggi del Consiglio di Stato è severa. Carlo Maria D’Alessandro è perplesso. «La sentenza ha condiviso che senza l’approvvigionamento idrico la mera consegna degli impianti rappresenterebbe una formalità inidonea alla gestione del servizio. Però la pronuncia, in modo paradossale individua nel Comune di Cassino il soggetto obbligato ad approvvigionare Acea».

Ricorrerete in Cassazione? «Faremo tutto il possibile. E anche l’impossibile, per difendere l’acqua di Cassino».

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Foto: copyright A.S.Photo Andrea Sellari, tutti i diritti riservati all’autore

 

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