La beffa di Acea e le allucinazioni di Pigliacelli (di A.Porcu)

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Un’altra causa persa. E pure in modo pessimo. Altri soldi da mettere nella prossima bolletta dell’acqua per pagare parcelle di avvocati e risarcimenti. Ma tanto i cittadini non leggono le voci scritte sulla fattura e pensano che sia solo colpa di Acea e delle sue tariffe.

 

LA CAUSA PERSA

L’altra causa persa è quella per la fusione tra Acea Ato5 ed Acea Ato2. Sono le due società che gestiscono l’acqua e le fognature in provincia di Frosinone (Ato 5) e di Roma (Ato 2). I sindaci lo scorso febbraio si erano opposti (leggi qui (Fusione Acea Ato2 e Ato5, Pompeo manda le carte per dire no)). I giudici del Tribunale Amministrativo Regionale gli hanno dato torto.
In pratica, il Tar ha detto: puoi anche opporti alla fusione tra due società su aree confinanti e dello stesso settore, la cui unione è favorita dalla legge Sblocca Italia. Ma se vuoi opporti devi pure avere un motivo serio. Non puoi uscirtene dicendo che Acea Ato 5 non rispetta i patti. Così, genericamente. Verdetto: stroncatura dei sindaci. E parcelle che finiscono in bolletta.

 

CHI CI GUADAGNAVA E CHI CI PERDEVA

In una frase la questione fusione. Frosinone e provincia avevano solo da guadagnarci. Perché la tariffa di Roma è molto più bassa: fondendo le due società la tariffa si sarebbe abbassata perché è vietato fare due prezzi diversi per due aree geografiche (allora che ti fondi a fare?).

I costi si sarebbero abbassati: è l’abc dell’Economia: si chiamano economie di scala, con la stessa struttura servo due milioni di persone anziché mezzo milione.

Chi ci rimetteva erano solo i sindaci: perché una cosa è fare parte di un’assemblea con 91 persone ed altro è sedersi ad un tavolo con 250 sindaci. Non puoi più tirare per la giacca il presidente e l’amministratore delegato per farti fare il piacere alla tua ditta.

La questione vera è un’altra.

 

ACEA PIGLIATUTTO

Apriamo un’altra tab del browser e andiamo a posizionarci sui titoli delle notizie di un anno fa. Cosa è cambiato da allora ad oggi, nel rapporto con Acea?

Nulla. È cambiato un bel nulla. Anzi: la situazione è peggiore. In più ad un anno fa abbiamo solo un pezzo di carta nel quale c’è scritto che Acea deve andarsene da Frosinone. Un pezzo di carta e nulla di più. Una carta che ha fatto un favore colossale ad Acea: tra poco un giudice ci condannerà a pagargli tutte le centinaia di milioni di euro che le dobbiamo. E dopo avere incassato, nessuno potrà impedire ad Acea di ripresentarsi alla prossima gara. E vincerla. Perché – al di là delle sigle – i gestori dell’acqua in tutta l’Europa sono quattro. E non si fanno la guerra.

È cambiato tutto in peggio. Acea è rimasta dov’era: a gestire l’acqua. La tariffa: è aumentata. Cassino: ha perso gli acquedotti e la gestione. Atina: ha dovuto consegnare i suoi impianti.

La risoluzione del contratto si è rivelata per ciò che era: un colossale favore ad Acea.

 

L’OCCASIONE PERDUTA

A rendere ancora più amaro il boccone è una situazione precisa. Un anno fa, di questi tempi, il presidente della Camera di Commercio di Frosinone entrava a gamba tesa nella questione. A ‘gamba tesa‘ perché formalmente non era materia sua, il dibattito era tutto tra Acea, i sindaci con la loro assemblea, i tecnici della Segreteria Tecnica Operativa.

Lo fece in preda ad una delle sue visioni del futuro, simile ad un’allucinazione. Rileggendo le cronache di quei giorni però emerge che l’allora amministratore delegato Acea Paolo Saccani aveva messo sul piatto una serie di aperture. Mai ottenute prima da nessuna assemblea dei sindaci, nessuna Sto, nessuna Consulta, nessun presidente di Provincia.

Saccani si impegnava: 1. a restituire in tempi certi e rapidi i soldi fatti pagare in più sulle bollette, per la depurazione non dovuta; 2. a fare lavori di ammodernamento milionari sulla rete; 3. a dare un contributo per la bonifica dell’ecomomostro di via Le Lame a Frosinone; 4 di applicare la legge che impone ai gestori di servizi pubblici essenziali di realizzare opere compensative sul territorio; 5. di avviare una diversa politica di relazioni con i sindaci, basata sul dialogo.

La sintesi di tutto questo fu la famigerata assemblea del Fornaci. Nella quale tutto finì in caciara per una banale disputa tra due personalità troppo spiccate: il presidente Marcello Pigliacelli ed il sindaco di Frosinone Nicola Ottaviani. (leggi qui Dal ‘Trionfo di Marcello’ al ‘Suicidio (politico) perfetto’)

 

E ADESSO ARRANGIATEVI

Quel giorno c’era la possibilità di mettere Acea con le spalle al muro. Inchiodarla alle sue responsabilità. Ottenere ciò che realmente volevamo: un’Acea costretta a funzionare. L’allucinazione non era la visione di un pazzo: era una prospettiva ragionata.

Invece, adesso ci troviamo di fronte ad un’Acea che sta per fondersi con Roma, ci fa marameo, prende i soldi dei danni che le dobbiamo. E alla prossima gara sarà impossibile che non vinca: perché nessuna impresa al mondo potrà competere nelle economie di scala costruire su Roma.

In più, ci troviamo con le sentenze da pagare: non ultima (purtroppo) questa sulla fusione.

Occorrerebbe un atto di coraggio. Ma per compierlo occorre una politica autorevole e limpida, capace di affrontare e governare la pancia della gente (come avveniva una volta). Perché fino a quando sarà la pancia a governarci, continueremo ad incassare cause perse. Ed a fare il gioco di Acea.