Acqua sempre meno pubblica

CESIDIO VANO per LA PROVINCIA QUOTIDIANO
E’ stata una grande presa in giro. La giunta regionale del Lazio ha riscritto la legge sull’acqua pubblica voluta da Comitati e Comuni e non è chiaro quanto ancora quest’ultimi possano esultare per il risultato ottenuto.

Gestione poco pubblica
Le modifiche indicate dall’esecutivo Zingaretti ora prevedono l’obbligo di seguire le regole di concorrenza per affidare il servizio idrico integrato. E’ stata, inoltre, cancellata la norma che stabiliva la gestione dovesse essere “svolta senza finalità lucrative” ed è stata parimenti cancellata la norma che garantiva “il diritto alla disponibilità e all’accesso individuale e collettivo all’acqua potabile, la salvaguardia della risorsa e la sua utilizzazione secondo criteri di solidarietà”. Cancellata pure la parte che prevedeva – pur nell’ambito di una gestione coordinata della risorsa a livello di bacino idrografico – di riservare “in capo ad ogni singolo ente il diritto a provvedere direttamente alla gestione del servizio idrico integrato sul proprio territorio”. Toccherà ora al Consiglio regionale approvare le modifiche proposte, ma non ci sono margini di manovra, perché le correzioni indicate dalla Giunta servono a ricondurre la legge regionale nel solco della normativa nazione ed europea in materia, per una legge che è stata impugnata dal Governo davanti alla Consulta.

Evitato il referendum
E’ stata una grande presa in giro perché – da queste colonne lo avevamo detto in tempi non sospetti – il voto unanime del consiglio regionale nell’approvare ad aprile 2014 la legge sull’acqua pubblica, proposta e voluta da coordinamenti e comitati e sostenuta da una trentina di consigli comunali tra cui quelli di Cassino e Piedimonte San Germano, è servito solo per evitare il referendum popolare che altrimenti – norme statutarie alla mano – si sarebbe dovuto tenere nel Lazio in materia di gestione del servizio idrico integrato. Non che questo avrebbe potuto partorire nulla, ma avrebbe emesso la politica ed i politici in forte difficoltà. Così, è stato approvato – tutti i consiglieri d’accordo – il testo legislativo proposto da Comitati e Comuni pur sapendo che molte delle norme che si andavano a varare non sarebbero mai entrate in vigore perché chiaramente in contrasto con la normativa nazionale ed europea: ma si faceva bella figura con i cittadini e gli utenti del servizio idrico illudendoli che si potesse tornare ad una gestione diretta e pubblica del servizio. Non a caso, la legge in questione – la n. 5 del 2014 – reca nel frontespizio: “Tutela, governo e gestione pubblica delle acque”.

Facili entusiasmi
Come noto, non appena approvata, la legge regionale è stata sventolata ai quattro venti come un successo dei comitati per l’acqua pubblica, dei sindaci sostenitori e degli stessi consiglieri regionali che si sono sperticati la lingua nell’elogiarla ed indicarla come un esempio che sarebbe presto stato copiato anche da altre regioni (sic!). Non appena stampata sul bollettino regionale, però, la legge è stata impugnata dal Governo davanti alla Corte costituzionale dove sono state evidenziate tutte le illegittimità varate all’unanimità dal Consiglio. Il giudizio davanti alla Consulta è stato sospeso perché Regione e Governo hanno deciso di confrontarsi e modificare il testo legislativo rimuovendo tutte le norme in contrasto con la legislazione in materia. E così, la scorsa settimana, la giunta ha riscritto parte di 5 articoli dei 12 che formano la legge sull’acqua pubblica.

Buone intenzioni ma…
Restano tanti bei principi generali, enunciazioni, slogan tradotti in commi, ma di norme attuative c’è poco o niente per una legge che non entrerà in vigore fin quando la Regione non ne farà un’altra per individuare i nuovi ambiti di bacino idrografico (Abi) che sostituiranno gli attuali ambiti territoriali ottimali (Ato), i quali dovevano essere aboliti già da qualche anno. Ed anche qui la fregatura è dietro l’angolo: la Regione punta a varare l’Ato unico per il Lazio che comporterebbe però accentramento delle decisioni ad un livello lontano dai comuni con isolamento delle comunità locali (nonostante tutte le forme di partecipazioni previste e prevedibili). L’Ato unico è anche tra gli obiettivi strategici del Cda di Acea Spa come si legge nel piano industriale 2015-2019. Inoltre il decreto Sblocca Italia voluto dal governo Monti fissa a livello provinciale l’articolazione minima per la gestione del servizio e bisognerà capire come si caleranno in tale quadro i nuovi (plurale?) Abi regionali.