Il profumo di legna che rende viva Roberta (di A. Tagliaferri)

Foto: © Can Stock Photo / Cleomiu

Il diario di Ada Tagliaferri. Continua il mese di servizio in Oncologia. Niente amicizie, dopo la brutta esperienza appena arrivata: guai affezionarsi ai pazienti. Ma si può invidiare una donna malata di cancro? Lei, con il suo profumo di legna che ricorda la casa dei nonni...

Ada Tagliaferri

Infermiera mancata con la vocazione per la pulizia, di ospedali e di anime. Un viaggio all'alba e al tramonto tra corsie e barelle

Si può invidiare una donna con il cancro? La vita a volte è imprevedibile e i sentimenti sono come lampi nella notte, affascinano e fanno paura.

Fa freddo. L’odore della legna bruciata nei camini mi è entrata fin dentro le ossa in quest’alba scura e umida di provincia. Speravo di uscire da quel maledetto tunnel di Oncologia invece il destino mi ha riservato un mese difficile.

In quell’ospedale grigio come un lager le giornate sembrano non cominciare mai. Dopo la morte di Antonio (leggi qui Reparto Chemio: la sciarpa della Roma al confine tra inferno e paradiso) ho pensato che la vita è davvero troppo inaspettata per avere dubbi e incertezze.

 

Gabriele, l’infermiere glabro dall’aura luminosa, mi saluta quasi con entusiasmo. «Da quando ci sei tu sembra che sia tornata anche un po’ di umanità e che la pietà e la paura rimangano fuori».

In realtà sono distrutta, per lavorare qui, anche solo per pulire i pavimenti, i bagni e i corrimano ci vorrebbe un supporto psicologico. Ho iniziato ad aver paura di tutto e disinfetto anche le posate di Grazia.

Ma oggi quest’odore di legna mi ha fatto ricordare quelle domeniche uggiose trascorse a casa dei nonni dove anche gli sgabelli avevano una storia da raccontare e la nonna era sempre intenta a preparare qualcosa “Dovesse mai arrivare qualcuno!”.

 

 

Quell’odore di cucinato, il fuoco scoppiettante e il gatto acciambellato sulla pancia di nonno che dormiva dopo essersi scolato il suo vino rosso. Quell’odore è l’odore della sicurezza, lo annuso forte prima di entrare in ospedale.

Arrivo, saluto e inizio a fare il mio lavoro.

Sulla poltrona c’è una donna, una bella signora con un cappello di lana viola. Indossa una spilla luminosa e sfoglia una rivista di gossip, commentando le foto. Mi capita di fermarmi ad osservarla e così alla fine mi dice “Ehi! Che ne pensi di questa cosa di Corona e Asia Argento? Una coppia diabolica o una coppia di matti?”.

Non so – rispondo io – non seguo”.

Mi sono imposta di non instaurare rapporti di amicizia qui dentro, presto il mese di purgatorio finirà.

Io se fossi la madre di Asia Argento mi ucciderei!” insiste.

Così mi arrendo al destino e mi fermo con il carrello alla finestra accanto alla signora.

 

«Io ero sposata, credevo di avere un principe vicino. Una bella famiglia, tre figli, due femmine e un maschio. Non dico che eravamo quelli del Mulino Bianco ma quasi. Poi è arrivato il tumore al seno. Siamo partiti aggressivi per questa guerra, un paio di battaglie le abbiamo vinte. Ma lui ha iniziato a cedere alla mastectomia del seno sinistro, quando abbiamo dovuto togliere il destro le valigie erano già chiuse. Dice che ero diventata un’altra e che ero sempre nervosa!”.

Ridacchia lei, Roberta, «E vorrei vedere te se ti tagliassero le palle!!».

Ride ma ha gli occhi lucidi, le donne costruiscono la loro forza ma in fondo c’è un’anima delicata da curare.

«Comunque se ne è andato cinque anni fa. Ora ha una nuova compagna e un bel bimbetto. E’ sereno lontano dalla malattia e spero che non gli capiti mai niente, né a lui né alle sue nuove tette…Lo so sembro cattiva e un po’ lo sono. Io me ne sono andata per la mia strada. Le nostre figlie lo odiano e non vogliono neanche vederlo, non posso imporglielo d’altronde, una va all’università e l’altra ha appena compiuto 18 anni. Sono maggiorenni. Il maschio invece ci va volentieri, adora il fratellino. Io li lascio liberi, i figli li mettiamo al mondo e poi il mondo se li prende. Tu hai figli?».

 

«Si. Una. Non ne sono mai arrivati altri anche se avremmo voluto. Ma una volta non era il momento, un’altra non c’erano i soldi e ora abbiamo lasciato stare. Comunque non credo tu sia cattiva».

Invece credo sia un po’ cattiva, non capisco perchè la malattia poi renda le persone così, come se non avessero più peli sulla lingua e sull’anima, una coscienza fatta di istinto che non accetta niente che non voglia accettare. Nessun compromesso.

Ma io non so cosa significa essere malata, perdere tutto e vedere un’altra vivere quella che era la mia vita. Forse diventerei peggio che cattiva, una grandissima stronza.

 

«So cosa pensi. Cosa avresti fatto tu al posto mio! Non ci pensare e goditi la vita. Fai i controlli sempre, ma non avere paura di prendere decisioni, fai errori e fai scelte giuste, basta che non rimani ferma. Insegna a tua figlia che la vita non sono un paio di tette o due palle, ma è altro. Rendila indipendente e fai in modo che in lei ci sia sempre desiderio di un abbraccio della sua mamma. I maschietti sono più facili, noi siamo complicate. Ogni giorno mi guardo, dovrei fare l’intervento di ricostruzione, ma non è mai il momento giusto. Forse non lo sarà mai o forse mi farò una quarta» ride Roberta.

 

E’ bella, sicuramente più bella di me, curata nei dettagli, indossa gioielli molto particolari, non è appariscente ma si vede che ha un suo stile. Ora mi trovo a invidiarla!

Con la mia divisa e i miei zoccoli ortopedici a confronto sembro una vecchietta sciatta. Roberta sa di legna, mi trasmette quella sensazione di sicurezza e di forza. Non le ho chiesto l’età, si intuisce che non abbia più di 55 o 60 anni.

La saluto, lei riprende a leggere le sue riviste e a commentare da sola.

Si può invidiare una donna con il cancro? Resto sempre più allibita dalle emozioni che si provano qui. E soprattutto sono curiosa di sapere cosa farei io se fossi la madre di Asia Argento!