Agricoltura, roba da export

Il report di Federlazio sull'andamento dell'export in Agricoltura nel Lazio Meridionale. Buona l'andamento della Ciociaria, c'è una contrazione per le produzioni Pontine. I limiti: aziende piccole, poca innovazione, soprattutto scarsa conoscenza dei mercati

Bene la provincia di Frosinone, male la provincia di Latina. L’agricoltura è ancora un settore importante nell’economia del Lazio Meridionale: ma paga l’eccessiva frammentazione in Ciociaria, risente della mancanza di strategie per il mantenimento del mercato quella Pontina. Lo rivela lo studio “Ricostruire la filiera agroalimentare interprovinciale. Nuove strategie di internazionalizzazione per il sistema integrato Frosinone Latina”, elaborato da Federlazio con il contributo della Camera di Commercio di Frosinone

Lo studio si basa su una serie di dati statistici raccolti da diverse fonti istituzionali. Da quei numeri è nato un questionario. Federlazio lo ha somministrato ad un campione rappresentativo di aziende dell’area sud della regione Lazio. Lo scopo è quello di verificare se e in quale misura sia possibile individuare nuove strategie di internazionalizzazione per rafforzare la competitività delle imprese del territorio sui mercati esteri.

Bene l’agricoltura ciociara

Il peperone cornetto di Pontecorvo

Negli ultimi anni la provincia di Frosinone ha mostrato un trend positivo nell’export agroalimentare. Un risultato raggiunto grazie alla valorizzazione dei prodotti tipici locali che hanno conquistato i consumatori in Europa e oltre. Nel 2022 l’export ha raggiunto quota 160,6 milioni di euro, con una crescita del 16,9% rispetto al 2021.

Tra i prodotti di punta del territorio spiccano il Pecorino di Picinisco Dop, il Conciato di San Vittore, la Marzolina, i prodotti della filiera bufalina della Valle dell’Amaseno: mozzarelle, ricotte affumicate e la carne bufalina, il caciocavallo e la scamorza appassita di Supino, il Gran Cacio di Morolo

I principali mercati di destinazione delle esportazioni agroalimentari di Frosinone sono Ue, Usa, il Canada e l’Asia. In particolare, Germania, Regno Unito, Francia e Paesi Bassi rappresentano i principali importatori europei dei prodotti del frusinate.

La provincia di Latina ha visto, invece, una diminuzione dell’export, sceso a 274,7 milioni di euro, con un -10,23% rispetto al 2021, dopo una crescita costante negli ultimi cinque anni. I principali mercati di destinazione delle esportazioni di Latina sono l’Unione Europea, gli Stati Uniti, il Canada e l’Asia, con un forte interesse per prodotti come l’olio d’oliva, i formaggi e i vini.

L’agricoltura e la trasformazione agroalimentare rappresentano settori di grande importanza per l’economia locale pontina. I prodotti della provincia di Latina più apprezzati sui mercati esteri sono l’ortofrutta, i prodotti ittici e quelli lattiero-caseari, come la mozzarella di bufala e la ricotta di pecora. 

Il quadro nel Lazio

Lo studio ha analizzato l’industria agroalimentare del Lazio. È caratterizzata da un costante processo di innovazione e modernizzazione. Nulla a che vedere con l’agricoltura di un tempo: c’è ricerca, c’è tecnologia, c’è informatica.

Le imprese agricole del Lazio hanno adottato tecnologie avanzate per migliorare la qualità dei prodotti e la sostenibilità ambientale. È composta da diverse attività lungo l’intera filiera produttiva ed ha alcune caratteristiche distintive come la presenza di Piccole e Medie Imprese. L’importanza delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche protette rappresenta una marcia in più: perché si tratta di prodotti non riproducibili, caratteristici. (Leggi qui: Dop ciociare: «Lo capiranno che è oro, non bigiotteria»).

I dati relativi all’export agroalimentare del Lazio registrano una crescita costante negli ultimi anni ed un aumento di importanza del settore per l’economia regionale. Infatti, nel 2022 sono stati esportati “alimenti e bevande” per 1,08 miliardi di euro con, una crescita del 7,55% riguardo al 2021. Il Lazio è la quarta regione del Paese per volumi di export agricolo, con un incremento medio annuo del 4% negli ultimi cinque anni. 

La provincia di Roma rappresenta il motore dell’export agroalimentare del Lazio, con il 65% delle esportazioni, seguita dalla provincia di Latina

I principali prodotti esportati sono quelli a base di cereali, ortofrutta, olio d’oliva, vino e prodotti lattiero-caseari. L’Unione Europea rappresenta il principale mercato di sbocco per i prodotti agroalimentari del Lazio, seguita dagli Stati Uniti e dall’Asia. La promozione dei prodotti tipici e di qualità del Lazio offre nuove prospettive per la crescita e la diversificazione delle imprese del settore.

Piccolo non cresce

Il limite sta nelle dimensioni. In provincia di Frosinone c’è la frammentazione della proprietà agricola. Talmente frammentata che sarebbe più corretto parlare di polverizzazione: più è piccola l’azienda e più sono alti i costi perché si spalmano su una quantità ridotta di prodotto. Storicamente in Ciociaria c’è poca propensione a collaborare ed a fare squadra: anche questo è un elemento che frena la crescita. Inoltre le aziende più piccole, spesso a conduzione familiare, non dedicano abbastanza risorse alla pianificazione strategica, a causa di una limitata conoscenza dell’internazionalizzazione. E delle differenze tra strategie per il mercato interno ed estero.

Il posizionamento sui mercati internazionali richiede un adattamento della strategia di marketing e vendita e una profonda comprensione delle norme locali e della concorrenza globale. Tuttavia, la maggior parte delle aziende intervistate (circa il 90%) ha dichiarato di non avere concorrenti diretti sui mercati esteri o di non essere a conoscenza di essi. Il che evidenzia una criticità nell’analisi della concorrenza.

Le aziende più piccole e a conduzione familiare tendono a dedicare meno risorse all’innovazione, mentre le imprese più grandi e strutturate investono di più in ricerca e sviluppo.

Agricoltura di innovazione

L’indagine ha rilevato tre categorie di innovazione: alta (16%), media (52%) e bassa (31%). Nonostante il contesto economico difficile, le aziende più innovative hanno registrato una crescita superiore rispetto alle altre. Registrano un aumento del fatturato del 29% nell’ultimo triennio. Si riduce al 15% per le imprese a media innovazione e al 5% per quelle a bassa innovazione.

Secondo i dati raccolti, le aziende più innovative tendono anche a collaborare con altre imprese attraverso reti, dimostrando che l’innovazione non riguarda solo la tecnologia, ma l’intera organizzazione aziendale (aspetto questo estremamente importante per l’espansione sui mercati esteri).

Il 15,3% delle imprese ad alto contenuto innovativo fanno parte di reti, mentre solo il 7,4% e il 6,2% lo fanno per quelle a media e bassa innovazione.

Dall’analisi delle competenze professionali relative al commercio con l’estero, emerge che le imprese intervistate hanno in media da 3 a 5 risorse addette all’export/internazionalizzazione. Le competenze del personale sono buone, ma con margini di miglioramento nella gestione delle trattative interculturali e nel lavoro con società di servizio estere. Circa il 70% delle aziende non dispone di un sistema sofisticato per raccogliere informazioni sui mercati esteri.

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