Agricoltura, sbloccati 200mila ettari ma è allarme costi e siccità

I rischi per mais, soia e girasole nel Lazio. Colpa del clima ma anche del conflitto in Ucraina. E dei prezzi ormai fuori controllo. I dati Coldiretti.

Il Lazio rischia di avere seri problemi con i raccolti di mais, soia e girasole. Su di loro pesa l’incognita siccità: le semine primaverili sono cominciate in questi giorni al termine di un inverno che ha portato ⅓ di pioggia in meno e le precipitazioni sono praticamente dimezzate.

A lanciare l’allarme è stata Coldiretti Lazio. Lo ha fatto annunciando la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del via libera alla coltivazione di 4 milioni d’ettari aggiuntivi in Europa dei quali 200mila in Italia. Cosa significa? Da quando c’è una politica agricola comune tra i Paesi europei viene stabilito in anticipo quanto può essere seminato e prodotto in ogni Paese e di ogni coltivazione. La guerra tra Russia ed Ucraina rischia di innescare una crisi alimentare mai vissuta prima in epoca moderna. L’Europa allora ha sbloccato quattro milioni di ettari

“Una decisione – spiega il presidente di Coldiretti Lazio, David Granieri – che dovrebbe consentire allItalia di aumentare di 15 milioni di quintali la produzione di cereali. Serviranno per ridurre la dipendenza dallestero”.

Manca la pioggia

Ma c’è già un’emergenza a rendere tutto più difficile. È quella evidenziata una settimana fa dall’Associazione Nazionale delle Bonifiche nel corso del suo centenario: manca l’acqua, il clima sta diventando sempre più tropicale. A rallentare la semina in questo giorni è stata la mancanza di precipitazioni. Sono indispensabili per la lavorazione dei terreni e la germinazione delle coltivazioni nelle aree più vocate. (Leggi qui: Dalla grande sete alla grande fame: Anbi lancia l’allarme).

La situazione nel Lazio è a ridosso del livello critico.  Il Lago di Bracciano ha un livello di 26 centimetri più basso rispetto al 2021. I fiumi Sacco e Liri sono in deficit idrico. E nella Capitale, il Tevere scorre quasi a secco.

“A questo si aggiungono anche i forti aumenti dei costi – aggiunge Granieri – con più di un’azienda agricola su dieci in una situazione così critica da portare alla cessazione dellattività”. Non è tutto: quasi ⅓ del totale nazionale è costretta a lavorare in una condizione di reddito negativo; in pratica ci rimette.

Gli aumenti maggiori sono stati sul prezzo dei concimi (+170%), quello dei mangimi (+90%), quello del gasolio (+129%).

Energia e clima

Foto: Michael Gaida / Pixabay

“Bisogna intervenire per contenere il caro energia ed i costi di produzione. Servono interventi immediati per salvare aziende e stalle. E poi occorre una programmazione strutturale per pianificare il futuro” continua il presidente di Coldiretti Lazio David Granieri.

In pratica? Cosa chiede? Per Granieri occorre “lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali. Bisogna fissare precisi obiettivi di qualità e quantità, con prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione. Occorre investire per aumentare produzione e le rese dei terreni. Servono bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità ma serve anche contrastare seriamente linvasione della fauna selvatica. Va sostenuta la ricerca pubblica con linnovazione tecnologica a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità. Sarebbe un valido strumento in risposta ai cambiamenti climatici”.

I cambiamenti del clima in Italia e la guerra in Ucraina rischiano di aumentare la dipendenza dall’estero per gli approvvigionamenti agroalimentari. È un punto sul quale ha posto l’attenzione nei giorni scorsi anche il premier Mario Draghi. Già oggi l’Italia è obbligata ad importare il 64% del grano per il pane, il 44% di quello necessario per la pasta. Ma importiamo anche di mais e soia, fondamentali per l’alimentazione degli animali. I raccolti nazionali coprono rispettivamente appena il 53% e il 27% del fabbisogno secondo l’analisi del Centro Studi Divulga

Dati in crescita

Foto: Picjumbo / Pixabay

Tra pochi mesi inizierà la raccolta del grano seminato in autunno. L’istituto centrale di statistica Istat stima che siano stati messi in produzione 500.596 ettari a grano tenero per il pane. Rappresentano un incremento dello 0,5%.

Mentre la superficie coltivata a grano duro risulta in leggera flessione dell’1,4% per un totale di 1.211.304 ettari.

Anche su questa prima analisi pesano però i ritardi delle semine per le avverse condizioni climatiche: potrebbero portare a rivedere il dato al rialzo.

Positiva – secondo la Coldiretti Lazio – è anche la notizia della prima spedizione di migliaia di tonnellate di mais dall’Ucraina attraverso il treno diretto ai confini ovest. I porti del Paese rimangono bloccati a causa dell’invasione russa. Una notizia importante per l’Italia che acquista mais sui mercati esteri per oltre 6 milioni di tonnellate. Arrivano in prevalenza da Ungheria 30% (1,85 milioni di tonnellate), Slovenia 13% (780 mila tonnellate) e appunto Ucraina 13% (770 mila tonnellate), secondo lo studio Divulga.