Non è poi così difficile moltiplicare i pani ed i pesci… (di P. Alviti)

C'è una folla immensa da sfamare. E nulla da offrirgli. Ma la situazione viene sconvolta da un gesto semplice: arriva un ragazzino che mette quello che ha, cinque pani d’orzo e due pesci. Fa quello che può… Ecco: se lo facessimo tutti noi...

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci

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Ma io che posso fare? Sono gli altri che decidono. E’ colpa di quello, di quell’altro…

Ci capita spesso di trovarci disarmati di fronte ai problemi che affrontiamo nella nostra esistenza: il lavoro, la disoccupazione, la fame, la guerra, le malattie… Sperimentiamo molto frequentemente questa sensazione di incapacità, di impotenza, di inane sforzo per cambiare situazioni che non ci piacciono.

 

Il rischio è quello della rassegnazione, di attendere che qualcun altro faccia qualcosa, perché noi non possiamo far niente…

 

È una situazione simile a quella narrata nel vangelo: una gran folla si è riunita per ascoltare Gesù ma si è fatto tardi.

I discepoli cercano di provocare il maestro, vogliono costringerlo a ragionare: lascia che ciascuno si arrangi, andranno a comprare quello che possono.

Ma la situazione viene sconvolta da un gesto semplice quanto pieno di significato: arriva un ragazzino che mette quello che ha, cinque pani d’orzo e due pesci, una quantità piccolissima rispetto alla necessità, ma il ragazzino fa quello che può…

 

Ecco, pensate se noi, tutti, facessimo quello che possiamo, al meglio possibile, dessimo quello che abbiamo, facendo bene il nostro mestiere, educando bene i nostri figli, collaborando per il bene della società, difendendo l’ambiente, seguendo le regole, parcheggiando dove è possibile, rispettando le norme, differenziando bene i rifiuti, senza cadere nella trappola del pensare che tanto gli altri non lo fanno, o peggio ancora, al negativo, tanto fanno tutti così.

 

I nostri poveri pani e i nostri piccoli pesci allora verranno moltiplicati dalla nostra stessa generosità perché metteranno in moto un circuito virtuoso in cui a vincere saranno la disponibilità, la solidarietà, l’educazione, e a perdere invece la rassegnazione e la sensazione del fallimento.