I poveri… dei quali abbiamo fastidio e paura(di P. Alviti)

Foto: © Imagoeconomica, Claudio Carino

I poveri sono una parte di noi. Potremmo essere noi, prima o poi. Invece oggi abbiamo paura della povertà. La rifiutiamo. E non dovremmo. Perché...

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio

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Che facciamo per i poveri? Quelli che vediamo per strada, che notiamo nelle stazioni, con i loro sacchi di plastica pieni di tutte le loro cose… quelli che ci chiedono l’elemosina, che vanno nei centri di ascolto, magari nascondendosi agli occhi degli altri per non essere disprezzati…

Sì, perché nei confronti dei poveri oggi non proviamo più  compassione (bellissima parola che indicava la possibilità di avvicinarsi alla sofferenza, compatirla). Oggi proviamo invece disprezzo, non riusciamo a convivere con la povertà, forse perché la temiamo, come sostengono gli psicanalisti.

La povertà è urticante per la nostra sensibilità, la riteniamo ignobile, non la percepiamo come una condizione umana che potrebbe dipendere da fattori esterni alla persona, la sua famiglia, la storia del suo paese, una guerra, una carestia. Insomma, il povero non è più compatito, accolto, aiutato: ricordo da bambino piccolo, quando mia zia Leopolda, dama di S. Vincenzo, mi portava con sé, a portare i pacchi di pasta, avvolti nella carta da zucchero blu.

Non rammento le facce delle persone, perché erano molto più in alto di me. Ma il ricordo è ancora vivo. Per fortuna, oggi ci sono tante persone che si comportano come zia Polda: danno il loro tempo, le loro capacità, le loro competenze, gratuitamente, ma a volte vengono visti in maniera cattiva, anche insultati e presi in giro.

La povertà spaventa, non è accolta, infastidisce. E qui emerge fortissima la contraddizione di quanti si dicono o vogliono dirsi cristiani: se c’è qualcosa di certo, chiaro, innegabile nel messaggio evangelico è la priorità dei poveri, quelli che Dio ama, e li ama attraverso di noi.

Noi siamo le sue mani, le sue braccia, le sue gambe: i poveri sono la cartina di tornasole del nostro essere cristiani. Se non li accogliamo, se li disprezziamo, se li temiamo, verremo ridotti al nulla: di cosa potremo vantarci di fronte a Dio se non di aver aiutato qualche povero bisognoso?

Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.  Non c’è niente di più contraddittorio per un cristiano che l’ostentazione della ricchezza, l’avidità di guadagno, l’avarizia: per favorire la memorizzazione il catechismo della Chiesa Cattolica le  aveva chiamate opere di misericordia.

Alcune frasi colpiscono come frecce infuocate la nostra coscienza: dar da mangiare agli affamati, visitare i carcerati, vestire gli ignudi, curare gli infermi, ospitare i pellegrini, dar da bere agli assetati.