Finisce l’era Bassetta: dimissioni in massa al Comune di Anagni

Dimissioni in massa al Comune di Anagni. Cade l'amministrazione del sindaco Fausto Bassetta. Corsa contro il tempo per ottenere lo scioglimento entro il 24 febbraio. E per votare con Ferentino e Fiuggi.

Il colonnello Fausto Bassetta ammaina la bandiera dal municipio di Anagni. Fallisce il governo guidato dall’ufficiale dei carabinieri prestato alla politica. Preparato, competente, onesto, dall’indubbi moralità: ma non un politico e meno ancora diplomatico.

È stato soprattutto questo a spingere dieci consiglieri comunali nello studio del notaio Luigi Lotito in piazza Fellini a Frosinone. Hanno firmato le dimissioni contestuali e in massa, come prescrive la legge. In pratica hanno staccato la spina della corrente: the end. O meglio: game over.

 

LE DIECI FIRME

Non è stata una sfiducia. Ma è stato un suicidio politico di Fausto Bassetta. Innescato con una mossa più sbagliata dell’altra. L’ultima è stata quella mortale: mettere alla porta l’assessore al Bilancio Aurelio Tagliaboschi, l’anima del Pd ad Anagni. Soprattutto per il modo in cui lo ha sbattuto fuori: senza una telefonata, inviandogli il messo comunale con il plico dell’atto di revoca. (leggi qui The End il Pd decide di staccare la spina al sindaco Bassetta).

Qualcuno aveva assicurato al sindaco che eliminando Tagliaboschi avrebbe recuperato almeno tre Consiglieri che non lo appoggiavano proprio perché non sopportavano quell’assessore. La previsione si è rivelata sbagliata.

Il Pd ha reagito compatto. Ed ha detto basta ad un sindaco che aveva scelto e voluto per mettere fine ad un decennio abbondante di fioritismo in città.

A mettere la firma sono stati innanzitutto i consiglieri Dem, più altri due consiglieri che hanno sostenuto Bassetta nel passato ma ne sono rimasti delusi. Fabio Roiati, ad esempio: l’uomo che aveva scritto tutta la parte del programma legata alla Sanità e che della riattivazione dell’ospedale cittadino aveva fatto il suo cavallo di battaglia. Salvo poi essere lasciato a casa durante gli incontri del sindaco con la Regione.

A firmare sono stati Maurizio Bondatti, Sandra Tagliaboschi, Egidio Proietti, Fabio Roiati, Daniele Natalia, Roberto Versi, Alessio Fenicchia, Cesare Giacomi, Antonio Necci e Giuseppe De Luca.

 

 

LO SPRINT PER MAGGIO

Ora inizia la corsa per ottenere il decreto di scioglimento firmato dal presidente della Repubblica entro il 24 febbraio. Se verrà superata quella data, Anagni non riuscirà ad agganciare la finestra delle elezioni comunali della prossima primavera – estate: quelle in cui voteranno anche Ferentino e Fiuggi.

Per centrare quella finestra occorre che il Comune informi in maniera tempestiva la Prefettura di Frosinone. Poi che dal Palazzo di Governo venga trasmessa subito la comunicazione al Ministero dell’Interno. E da qui a Palazzo Chigi. Dove dovrà essere predisposto l’atto di scioglimento che deve essere firmato dal Capo dello Stato.

Se la firma di Sergio Mattarella arriva dopo il 24 febbraio si andrà a votare dopo un anno di commissariamento.

Per accorciare i tempi, in tre dei firmatari sono andati in Prefettura verso le 12.30 per protocollare a mano la comunicazione delle dimissioni.

 

 

LE REAZIONI

Nelle file del Pd dicono che “si è esaurito il ruolo per il quale avevamo indicato Fausto Bassetta come sindaco di Anagni. Persona onesta e competente, figura indispensabile in quel particolare momento storico della nostra città. Ma ora serve un sindaco che sia amministratore e sia dotato della necessaria capacità di mediazione e sintesi politica”.

Maurizio Bondatti (Pd) invece, con le dimissioni decade anche dalla carica di Consigliere Provinciale di Frosinone. Al suo posto entrerà l’ex capogruppo Dem provinciale Antonio Cinelli di Monte San Giovanni Campano. Per Bondatti, le dimissioni sono state: «l’esito naturale di una situazione oramai diventata irrisolvibile purtroppo non c’erano più margini per rimettere a posto le cose. Abbiamo deciso per le dimissioni per evitare ritardi che potessero portare non alle elezioni ma ad un lungo periodo di commissariamento, che sarebbe stato ancora più deleterio».

Per l’avvocato Giuseppe De Luca, al destino il senso dell’ironia non è mancato nemmeno questa volt: «Abbiamo scelto il giorno di carnevale per mettere fine a una farsa».

 

 

LA REAZIONE DI BASSETTA

Il sindaco Fausto Bassetta ha appreso la notizia da un lancio Flash di AlessioPorcu.it. Ha commentato: «Apprendo con stupore l’iniziativa di alcuni consiglieri comunali che si sono voluti sottrarre al confronto in Consiglio comunale, come da loro stessi richiesto».

Per Fausto Bassetta le dimissioni sono «un atto che colpisce al cuore la democrazia e la correttezza amministrativa, richieste a gran voce da molti, ma trascurate e poco praticate».

 

LA POSIZIONE DEL PD

Nel pomeriggio, intorno alle 16, arriva la posizione ufficiale del Partito Democratico. La linea viene dettata dal segretario politico cittadino Francesco Sordo. Spiega che «La fine dell’amministrazione Bassetta è arrivata per l’assunzione di responsabilità di tanti consiglieri comunali, di schieramenti e provenienze differenti, compresi quelli del PD».

Descrive il sindaco come «arroccato e asserragliato nel palazzo. È stata l’icona brutta, che non avremmo mai voluto vedere, in questi ultimi giorni. L’ex primo cittadino non ha voluto capire che senza il PD, estromesso dalla Giunta con una scelta unilaterale, arrogante e non discussa, non avrebbe avuto più una maggioranza. E le firme di oggi sono lì a dimostrarlo».

La responsabilità della fine viene attribuita a Fausto Bassetta. Ed alla sua decisione di mettere fuori dalla maggioranza Aurelio Tagliaboschi. Commettendo l’errore di ritenere che in questo modo il Partito sarebbe andato in frantumi, isolando il suo uomo con il maggiore tasso politico. Invece è avvenuto l’esatto contrario. Il Pd non ha scaricato Tagliaboschi, anzi si è compattato intorno a lui. Ed ha scaricato invece Fausto Bassetta

Spiega Francesco Sordo: il sindaco non ha capito che «soprattutto senza il PD non ci sarebbe più potuta essere l’identità e la visione che a questa amministrazione abbiamo sempre cercato di garantire negli anni. Non è stata solo questione di persone: se impoverisci la politica, e la metti sempre in secondo piano, è l’intero progetto che finisce per fallire».

L’altra domenica, il segretario politico aveva invitato Fausto Bassetta a prendere atto della decisione dei Dem di revocargli la fiducia. Ed a prenderne atto. «Certo se l’ex sindaco avesse capito tutto questo si sarebbe dimesso, risparmiando alla Città questa agonia e ai consiglieri una scelta drastica e ferma. Tutto ciò però non è accaduto, con il rischio che, se l’amministrazione si fosse trascinata avanti ancora un po’, ci saremmo dovuti sobbarcare più di un anno di commissariamento».

In più di qualcuno c’è il dubbio sui tempi. Perché non farlo cadere in Consiglio, giovedì? «Ci si chiede perché sia stato evitato il consiglio comunale, convocato per giovedì prossimo, con all’ordine del giorno la mozione di sfiducia. Fermo restando che il PD era pronto a battagliare e votare la sfiducia, come deliberato dal direttivo cittadino, occorrerebbe chiedersi un’altra cosa: come mai nelle ultime ore era partita, dalle stanze comunali, la caccia al “cavillo burocratico” per rimandare quel consiglio sulla sfiducia?
Il PD di Anagni invece ha voluto guardare avanti, e da tempo ormai. E ha lavorato, e lavora, per riportare i cittadini alle urne. Gli unici che possono scegliere un nuovo governo per Anagni, una Città che ha un dannato bisogno di essere amministrata bene, con scelte decise e chiare in tanti campi».